Comunismo

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  • «Marx non ha scritto una dottrinetta, non è un messia che abbia lasciato una filza di parabole gravide di imperativi categorici, di norme indiscutibili, assolute, fuori delle categorie di tempo e di spazio. Unico imperativo categorico, unica norma: “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Il dovere dell'organizzazione, la propaganda del dovere di organizzarsi e associarsi, dovrebbe dunque essere discriminante tra marxisti e non marxisti. Troppo poco e troppo: chi non sarebbe marxista? Eppure così è: tutti sono marxisti, un po', inconsapevolmente. Marx è stato grande, la sua azione è stata feconda, non perché abbia inventato dal nulla, non perché abbia estratto dalla sua fantasia una visione originale della storia, ma, perché il frammentario, l'incompiuto l'immaturo è in lui diventato maturità, sistema, consapevolezza. [...] Marx significa ingresso dell'intelligenza nella storia dell'umanità, regno della consapevolezza. [...] Marx si pianta nella storia con la solida quadratura di un gigante: non è un mistico né un metafisico positivista; è uno storico, è un interprete dei documenti del passato, di tutti i documenti, non solo di una parte di essi. Era questo il difetto intrinseco delle storie, delle ricerche sugli avvenimenti umani: esaminare e tener conto solo di una parte dei documenti. E questa parte veniva scelta non dalla volontà storica, ma dal pregiudizio partigiano, tale anche se inconsapevole e in buona fede. [...] Con Marx la storia continua ad essere dominio delle idee, dello spirito, dell'attività cosciente degli individui singoli od associati. Ma le idee, lo spirito, si sustanziano, perdono la loro arbitrarietà, non sono più fittizie astrazioni religiose o sociologiche. La sostanza loro è nell'economia, nell'attività pratica, nei sistemi e nei rapporti di produzione e di scambio. [...] Carlo Marx è per noi maestro di vita spirituale e morale, non pastore armato di vincastro. È lo stimolatore delle pigrizie mentali, è il risvegliatore delle energie buone che dormicchiano e devono destarsi per la buona battaglia. È un esempio di lavoro intenso e tenace per raggiungere la chiara onestà delle idee, la solida cultura necessaria per non parlare a vuoto, di astrattezze. È blocco monolitico di umanità sapiente e pensante, che non si guarda la lingua per parlare, non si mette la mano sul cuore per sentire, ma costruisce sillogismi ferrati che avvolgono la realtà nella sua essenza, e la dominano, che penetrano nei cervelli, fanno crollare le sedimentazioni di pregiudizio e di idea fissa, irrobustiscono il carattere morale. Carlo Marx non è per noi il fantolino che vagisce in culla o l'uomo barbuto che spaventa i sacrestani. Non è nessuno degli episodi aneddotici della sua biografia, nessun gesto brillante o grossolano della sua esteriore animalità umana. È un vasto e sereno cervello pensante, è un momento individuale della ricerca affannosa secolare che l'umanità compie per acquistare coscienza del suo essere e del suo divenire, per cogliere il ritmo misterioso della storia e far dileguare il mistero, per essere più forte nel pensare e operare. [...] Glorificando Carlo Marx […], il proletariato internazionale glorifica se stesso, la sua forza cosciente, il dinamismo della sua aggressività conquistatrice che va scalzando il dominio del privilegio, e si prepara alla lotta finale che coronerà tutti gli sforzi e tutti i sacrifizi»

    (Antonio Gramsci, Scritti Politici, Volume I, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 78-80)
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