Comunismo

Posts written by Armadillo

  1. .
    Piattaforma Trotskysta
  2. .
    Benvenuto, anche io disegno.
  3. .

    L’evoluzione del nichilismo storico nell’URSS


    Fonte: https://www.katechon.org/levoluzione-del-n...orico-nellurss/

    di Su Yang, tradotto da Leonardo Sinigaglia. Dalla Scuola di Marxismo, Università di Zhengzhou, apparso su “Manoscritti della Bandiera Rossa” – Qiushi, 2021/22.

    Sono passati 30 anni dal crollo dell’Unione Sovietica. Esistono opinioni diverse sulle ragioni della disintegrazione dell’Unione Sovietica, ma l’erosione del nichilismo storico sull’Unione Sovietica e il crollo del suo campo ideologico non possono essere ignorati. Il segretario generale Xi Jinping una volta ha sottolineato: “Perché l’Unione Sovietica si è disintegrata? Perché è crollato il Partito Comunista dell’Unione Sovietica? Una ragione importante è che la lotta in campo ideologico è stata molto feroce, negando completamente la storia dell’Unione Sovietica e il Partito Comunista dell’Unione Sovietica, si è negato Lenin, si è negato Stalin, ci si impegnò nel nichilismo storico e ideologico. Dopo il caos, le organizzazioni del partito a tutti i livelli non avevano quasi alcun ruolo e l’esercito non era più sotto la guida del partito. Alla fine il Partito Comunista dell’Unione Sovietica, un grande partito, è crollato e l’Unione Sovietica, un enorme paese socialista, è andata in pezzi!”.

    È di importanza pratica studiare a fondo la lezione dell’Unione Sovietica.

    La diffusione del nichilismo storico in Unione Sovietica

    Kruscev pose le basi del disastro ideologico. L’emergere del nichilismo storico nell’Unione Sovietica può essere fatto risalire al periodo di Krusciov. Dopo la morte di Stalin nel 1953, Krusciov lanciò un movimento per negare completamente Stalin. Sotto il suo appello e il suo sostegno, un gruppo di opere letterarie e artistiche rappresentate dal romanzo “Il disgelo” iniziò a “scoprire le contraddizioni e i conflitti della vita” e a smascherare il “lato oscuro” della società. Anche i paesi occidentali iniziarono a pubblicare il libro “Il disgelo”, salutandolo come un “evento epocale”. Quando il 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica stava per concludersi nel 1956, Krusciov convocò una riunione segreta a mezzanotte e tenne un rapporto segreto di quattro ore “Sul culto della personalità e le sue conseguenze” per criticare Stalin. Il “Grande Processo” diede il via al nichilismo storico sovietico. Successivamente nella società sovietica iniziarono ad apparire alcuni fenomeni anticomunisti e antisocialisti, e gli slogan “Abbasso il Partito Comunista” e “Abbasso i Soviet” furono addirittura gridati apertamente. Anche alcuni giornali e periodici di partito presero posizioni su cui appoggiarsi per attaccare la causa del partito, e la società sovietica cominciò a dividersi e frammentarsi.

    Dopo che Breznev salì al potere, nella società in cui si era affermato il nichilismo storico continuarono a diffondersi affermazioni volte a negare e distorcere la storia del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Negli ultimi anni dell’amministrazione Breznev, il sistema economico e l’ideologia divennero sempre più rigidi, le organizzazioni del partito divennero sempre più burocratiche e sconnesse dalle masse, e i quadri del partito e del governo diventarono sempre più corrotti: tutti questi problemi fornirono un terreno fertile per il nichilismo storico. Il nichilismo storico cominciò a “straripare dalle sponde del letto del fiume sovietico”.

    Gorbaciov aprì il “vaso di Pandora” del nichilismo storico. Una volta salito al potere, Gorbaciov fece molte dichiarazioni pubbliche sulla “rivalutazione” del Partito Comunista Sovietico e della storia sovietica: “Non dovrebbero esserci aree proibite nella società sovietica che non siano soggette a critica” e “nessuna delle due dovrebbe essere dimenticata”, e nella storia e nella letteratura dell’Unione Sovietica non ci sarebbero dovuti essere “nomi e spazi vuoti”, portando avanti il coraggio di sfondare le “zone proibite” della storia sovietica, non nascondere gli errori e le difficoltà della storia, arrivando ad affermare che “l’intera esperienza dell’Unione Sovietica dal 1929 è tutta sbagliata” e che “più di tre quarti dell’esperienza sovietica dovrebbero essere negati o corretti”. Sotto il suo appello, il campo ideologico dell’Unione Sovietica divenne sempre più caotico. Il nichilismo storico prese allora di mira il marxismo, individuando un gran numero di “errori” di Marx e sostenendo la necessità di scacciare il marxismo dalla Russia.

    Di fronte alla pressione incalzante del nichilismo storico, il Partito Comunista Sovietico non reagì con la forza, ma abbandonò le sue posizioni ideologiche. Uscirono nelle sale cinematografiche diversi film volti a diffamare la Storia sovietica. Commenti e scritti di ogni genere sul Partito Comunista Sovietico e sulla storia dell’Unione Sovietica si diffusero ovunque. Le persone andarono in confusione. Alcuni cosiddetti “archivi storici” approfittarono dell’occasione per introdurre documenti privati. Nel giugno 1988, il dipartimento dell’istruzione sovietico decise che tutti i libri di testo di storia sovietica in tutte le scuole del paese sarebbero stati distrutti nel 1989, e gli esami di storia scolastica sarebbero stati cancellati fino a quando non fossero stati compilati nuovi e più veritieri libri di testo di storia sovietica per le scuole. Nel 1989 le università sovietiche cancellarono addirittura molti corsi tradizionali di scienze sociali, come “Storia del Partito Comunista dell’Unione Sovietica”, sostituito con “Storia sociale e politica del XX secolo”; “Socialismo scientifico”, sostituito con “Problemi del socialismo moderno”; “Filosofia marxista-leninista”, sostituito da “Filosofia”; “Principi etici ed estetici marxisti”, sostituito da “Principi etici ed estetici”. Le università sovietiche divennero una piattaforma per diffondere la scienza politica occidentale, e alcuni insegnanti liberali che sapevano parlare secondo la retorica occidentale furono elogiati come “maestri” accademici. Il 12 giugno 1990 il Soviet Supremo votò per approvare la Legge sulla stampa e gli altri mass media nell’URSS, dando il via libera alla “libertà di gestione dei giornali” in tutta l’Unione Sovietica. Dopo l’entrata in vigore di questa legge, più di 700 giornali e periodici vennero istituiti in soli quattro mesi, dirigendo l’opinione pubblica contro il Partito Comunista Sovietico. Allo stesso tempo, anche molte agenzie sovietiche o giornali e periodici di proprietà statale colsero l’occasione per dichiarare “l’indipendenza”. Secondo le statistiche, i giornali e i periodici nazionali registrati presso il Comitato statale della stampa dell’Unione Sovietica erano 1.800, di cui solo 27, pari all’1,5%, controllati dal Partito Comunista Sovietico, aventi spesso una posizione non chiara. Per un certo periodo, un gran numero di articoli diffamatori verso il Partito Comunista dell’Unione Sovietica e la sua dirigenza, e articoli che attaccavano il marxismo inondarono i media sovietici come cavalli selvaggi. Alcuni media usarono anche pettegolezzi, calunnie e mezzi assurdi per attirare l’attenzione dei lettori portando il popolo sovietico ad avere un atteggiamento generalmente negativo nei confronti del partito e del governo. Insoddisfatto, il popolo sovietico perse gradualmente la fiducia nel partito e nel paese, nonché i propri ideali comunisti e le convinzioni socialiste. Con l’adozione della dichiarazione programmatica “Verso un socialismo umano e democratico” da parte del 28° Congresso Nazionale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, il “socialismo umano e democratico” sostituì la posizione dominante del marxismo nel campo ideologico dell’Unione Sovietica, e la storia dell’Unione Sovietica fu completamente abbandonata. L’Unione Sovietica fu condotta sulla via del non ritorno verso la disintegrazione.

    I danni principali del nichilismo storico nell’evoluzione dell’Unione Sovietica

    Diffusione di una visione sbagliata della storia. Per quanto riguarda la prospettiva storica, Krusciov iniziò male: non solo causò grande confusione nell’ideologia politica del movimento comunista internazionale, ma gettò anche i cittadini dell’Unione Sovietica e i membri del Partito Comunista in molti paesi nello smarrimento e nella confusione. Ciò che è ancora più grave è che l’errata visione della storia ha dato vita ai becchini del Partito Comunista Sovietico e del sistema socialista sovietico.

    Distorcere i valori sociali. Una visione errata della storia porta inevitabilmente alla confusione nel campo dei valori e all’inversione di giusto e sbagliato, bene e male, bellezza, bruttezza, onore e disgrazia. Il metodo principale con cui opera il nichilismo storico è partire dal suo fascino politico, giocare con i dati storici, fabbricare la storia, confondere gli affluenti e le correnti principali della storia, fenomeno ed essenza, generalizzare e confondere giusto e sbagliato. Sotto il clamore del nichilismo storico, le conquiste della rivoluzione e della costruzione socialista sovietica divennero sostanzialmente come false, e anche l’immagine del Partito Comunista Sovietico venne gravemente sminuita e distorta. Al tempo di Breznev, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica non era più il nucleo centrale che le generazioni più giovani ammiravano e seguivano. Il nichilismo storico ha mostrato un grande potere nel distorcere i valori sociali. I valori socialisti sovietici furono gradualmente abbandonati. l’Unione Sovietica si trovò ad affrontare forze centrifughe sociali sempre più forti e un ordine sociale difficile da gestire.

    Distruggere le convinzioni politiche. La completa negazione del Partito Comunista Sovietico e del socialismo sovietico durante il periodo di Gorbaciov portò al crollo la fede politica. Incoraggiata dalle politiche di Gorbaciov di “glasnost, democratizzazione e pluralismo ideologico socialista”, la “democratizzazione” ignorò la natura storica e di classe della democrazia e aprì le porte alla dilagante diffusione di tutti i tipi di anticomunismo e antimarxismo; la “glasnost” divenne una copertura attraverso la quale le forze anticomuniste poterono diffamare e attaccare senza scrupoli il Partito Comunista dell’Unione Sovietica e i problemi lasciati in sospeso dalla storia dell’Unione Sovietica; e il “pluralismo” si tradusse direttamente alla perdita della posizione guida del marxismo in in campo ideologico, con l’apertura al riconoscimento di discorsi di altre classi, mentre si lasciavano crescere discorsi e pensieri che negavano la direzione del PCUS e il ruolo guida del marxismo, tanto che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 divennero di moda nella società sovietica il negare completamente la storia del PCUS e il socialismo. Negli ultimi anni dell’Unione Sovietica l’inevitabilità storica e la razionalità del governo del Partito Comunista Sovietico, nonché la nascita e lo sviluppo del socialismo sovietico furono fondamentalmente negati, la fede del popolo sovietico nel marxismo e nel socialismo fu seriamente scossa, mentre il sistema democratico occidentale fu raffigurato come la destinazione finale della storia mondiale, un gran numero di membri del PCUS abbandonarono il partito a causa della loro delusione per l’ideale comunista e della loro sfiducia nel PCUS come forza politica. Secondo le statistiche, il numero di persone che hanno lasciato il Partito nel 1989 è stato di 140.000, e nella prima metà del 1990 il numero ha raggiunto le 371.000 unità. Nei mesi di luglio e agosto, dopo il 28° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, altre 311.000 persone lasciarono il Partito. Nel luglio 1991, Gorbaciov dichiarò nel suo rapporto alla sessione plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico che un totale di 4,2 milioni di membri del partito avevano lasciato il partito nell’ultimo anno. Catalizzata dal nichilismo storico, la fede della gente nel marxismo e nel socialismo crollò completamente.

    Lezioni del nichilismo storico sovietico per la Cina contemporanea

    Aderire al materialismo storico e ad una visione corretta della storia del partito. La “Risoluzione del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese sulle principali conquiste e sull’esperienza storica della lotta centenaria del Partito”, esaminata e approvata dalla Sesta Sessione Plenaria del 19° Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, ha sottolineato che l’intero partito deve aderire al materialismo storico e ad una visione corretta della storia del partito, e avere le idee chiare sulla lotta centenaria del partito, comprendere perché abbiamo avuto successo in passato e come possiamo continuare ad avere successo in futuro, in modo da poter realizzare con più fermezza e consapevolezza la nostra missione originaria e sostenere e sviluppare meglio il socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era. La radice teorica del nichilismo storico è la visione idealistica della storia, che parte dalla teoria astratta della natura umana, separa la connessione tra fenomeni storici ed essenza, contingenza storica ed inevitabilità, tratta la storia della società umana come una “bambina che può essere travestita da altro”, e nega attraverso il relativismo storico l’oggettività e la natura progressiva della storia, utilizzando metodi isolati, unilaterali e distorti per analizzare e osservare la storia e tentando di manipolarla e manometterla. A questo proposito, Lenin fece notare: “È facile prendere un esempio qualsiasi, ma questo non significa nulla, o ha un significato puramente negativo, perché il problema sta tutto nel fatto che ogni singolo caso ha le sue circostanze storiche specifiche. Se guardiamo i fatti per coglierli nel loro insieme e nelle loro connessioni, allora i fatti non sono solo ‘cose tenaci’, ma anche prove assolutamente conclusive. Se i fatti non vengono colti nel loro insieme e in connessione, se i fatti vengono frammentati e selezionati a piacimento, allora possono essere solo una specie di gioco da bambini, o addirittura peggio di un gioco da bambini. “Per aderire al materialismo storico e stabilire una visione corretta della storia del partito, dobbiamo rafforzare lo studio e l’educazione della teoria fondamentale del marxismo, rafforzare lo studio e l’educazione della storia del partito, della storia della Nuova Cina, della storia delle riforme e dell’apertura, la storia dello sviluppo socialista, promuovere la divulgazione della conoscenza storica e dell’educazione al materialismo storico, migliorare l’alfabetizzazione storica delle vaste masse popolari e migliorare la capacità di scoprire il nichilismo storico; è necessario approfondire la ricerca teorica sulla storia del partito ed esplorare le leggi di sviluppo della storia del partito e della storia della Nuova Cina, rivelare profondamente le leggi del Partito Comunista Cinese, le leggi della costruzione socialista e le leggi dello sviluppo della società umana affermando fermamente il diritto di parola nella ricerca e nell’interpretazione della storia del partito e rafforzano efficacemente le basi teoriche e metodologiche per resistere al nichilismo storico.

    Rafforzare la fiducia culturale. Il nichilismo storico porta inevitabilmente al nichilismo culturale. La storia è portatrice della cultura e la cultura è il sangue della storia: le due hanno sempre un rapporto intrinsecamente unitario. La chiave per resistere al nichilismo storico è rafforzare la fiducia culturale. Come ha affermato il segretario generale Xi Jinping: “Il rafforzamento della fiducia in se stessi a livello culturale è una questione importante legata al destino di un paese, alla sua ascesa o alla sua caduta, alla sicurezza culturale e all’indipendenza spirituale nazionale”. Dal 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, il Comitato Centrale del Partito, con al centro il compagno Xi Jinping, ha colto accuratamente le tendenze degli scambi ideologici e culturali del mondo e i profondi cambiamenti nelle formulazioni ideologiche della nostra società. Sottolineando che il lavoro ideologico è un lavoro che fonda il cuore del paese e l’anima della nazione, la fiducia in se stessi culturale è una fiducia in se stessi più basilare, più ampia e più profonda. lo sviluppo di un paese e di una nazione. Senza un alto grado di fiducia in se stessi e di prosperità culturale, non ci sarà un grande ringiovanimento della nazione cinese.

    Per resistere al nichilismo storico, dobbiamo rafforzare la fiducia in noi stessi a livello culturale, afferrare fermamente la dirigenza del lavoro ideologico, costruire un’ideologia socialista con forte coesione e capacità di guida, costruire un potere culturale socialista, stimolare l’innovazione culturale e la creatività dell’intera nazione e migliorare lo spirito cinese, i valori cinesi e la forza cinese, consolidare il fondamento ideologico comune per la lotta dell’intero partito e del popolo di tutti i gruppi etnici e fornire una forte garanzia ideologica e un forte potere spirituale per creare un nuovo ambiente per il partito e la causa del Paese nella nuova era.

    Rafforzare la fiducia in se stessi a livello culturale significa comprendere appieno che l’eccellente cultura tradizionale cinese rappresenta l’eccezionale vantaggio della nazione cinese e la base per restare saldi nel mare della cultura mondiale e per ereditare e portare avanti le idee uniche formatesi nel la storia della nazione alla luce delle condizioni della nuova era. Concetti, virtù tradizionali e spirito umanistico sono diventati la base valoriale per lo sviluppo della società moderna attraverso la trasformazione creativa e lo sviluppo innovativo; ereditare la cultura rivoluzionaria coltivata dal popolo cinese nella grande lotta sotto la guida del Partito Comunista Cinese, portare avanti lo spirito rivoluzionario una personalità rivoluzionaria formatesi in un periodo specifico, superare varie difficoltà e sfide e lottare costantemente per nuovi e più grandi obiettivi per il grande viaggio della nuova era. Ottenere costantemente nuove e più grandi vittorie fornisce una potente forza spirituale; Portare avanti la cultura avanzata formatasi nella costruzione e nella riforma socialista, comprendere profondamente la natura scientifica, la natura contemporanea e la natura popolare della cultura avanzata nel sostenere la modernizzazione socialista e costruire meglio lo spirito cinese, i valori cinesi e la forza cinese.

    Rafforzare lo sviluppo della rete. Il nichilismo storico non scomparirà. Al giorno d’oggi, il nichilismo storico spesso sfrutta le caratteristiche frammentarie della comunicazione nell’era dei social media, cambiando costantemente forme espressive e metodi narrativi e diffondendo idee sbagliate in modo più celato. A tal fine è necessario adottare misure risolute per frenare la diffusione del nichilismo storico su Internet. Il Segretario Generale Xi Jinping ha enfatizzato come internet debba essere sottoposto a regole a lunga scadenza. Dobbiamo attribuire grande importanza a Internet, il principale campo di battaglia e terreno di scontro d’avanguardia della lotta ideologica, insistere sulla gestione e il governo di Internet in conformità con la legge e creare un cyberspazio sicuro. Dobbiamo aumentare continuamente l’influenza del discorso ideologico nel mainstream, promuovere la profonda integrazione dei media tradizionali e dei media emergenti e consentire alle teorie innovative del partito di “volare nelle case della gente comune”.
  4. .

    The 1948 Proletarian Revolution in Czechoslovakia’s Industrial Bourgeois-Democracy:

    An example from which Communists of Bourgeois-Democracies shall learn



    FKH7gt3XsAMe7lE



    Fonte: https://sovinform.net/Czechoslovakia-Prole...-Revolution.htm

    Summary: In a popular front alliance with the Czech social democrats, Czechoslovakia’s Communist Party (KSC) used the democratic elections to obtain key positions in the Czechoslovak state, installing KSC leader Klement Gottwald as the Prime Minister and several KSC members at the helm of the Czechoslovak security and intelligence agencies. Such high-level KSC infiltration in Czechoslovak security apparatus permitted the proletarian agents to neutralize bourgeois state opposition and bourgeois media opposition to the armed mass protests of the proletarians, resulting in and allowing for the proletarian revolutionary overthrow of the bourgeois state. Czechoslovakia’s communist revolution was the first-ever to happen under circumstances envisioned by Marx and Engels. In a largely industrial economy with a significant pro-Western state orientation, the class-conscious proletariat overthrew a bourgeois-democratic state, replacing it with the dictatorship of the proletariat.



    The History of the USSR & the Peoples’ Democracies

    Chapter 15, Section 8 (C15S8)



    Saed Teymuri

    As confirmed by the CIA, the Czechoslovak Communist Party (KSC) emerged from the Czechoslovak People’s Liberation War with tremendous popular support:

    The Czechoslovak Communist Party emerged from World War II with power and popular support…. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 2) (IMG)

    Communism had tremendous popularity among the Czechoslovak people, a population largely made up of proletarians. The CIA confirmed:

    many Czechoslovaks favor friendly relations with the USSR, and are sympathetic with theoretical communism…. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 3) (IMG)

    Even the CIA acknowledged:

    Czechoslovakia has considerable independence in the conduct of its internal affairs; (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 1) (IMG)

    Moscow could not and did not ‘order’ the Czechoslovaks to cancel Marshall Plan ties, for Czechoslovakia was independent in the conduct of internal affairs. Yet, the Marshall Plan ‘aid’ was rejected, for the class-conscious Czechoslovak proletarians already were well aware of the sanguivorously anti-proletarian character of Anglo-American finance capital and, using the mighty KSC, lobbied their government to not accept such imperialist ‘free lunch’. Moreover, the CIA admitted:

    The average Czechoslovak Communist is loyal first to his country and secondly to Moscow…. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 4) (IMG)

    Despite the conceptual distinction, no practical difference exists between commitment to the cause of the Soviet proletariat and to the cause of the Czechoslovak proletariat, for the cause of each country’s proletariat is that of a world proletariat permeating across boundaries. That the Czechoslovak communists were loyal to the Czechoslovak proletariat ‘first’ means also that they were loyal to the Soviet dictatorship of the proletariat and to the proletariat of the United States, Britain, Germany, etc. Nonetheless, an appreciable aspect of the above quote from the CIA is that it admits to the absence of a ‘chain of command’ according to which the KSC leaders would have been the ‘satraps’ of General-Secretary Stalin. Confessing to the independent thought of the Czechoslovak communists, the CIA thus implicitly debunks the myth that Czechoslovakia’s communists were ‘commanded’ by the Soviet state. The Soviets would have increased pressure on Czechoslovakia to not accept Marshall Plan ‘aid’ had the Czechoslovak leadership aggressively pursued the acceptance of such ‘aid’, but thanks to the strong influence and class-consciousness of the Czech proletariat, a mighty homegrown movement against the Marshall Plan ‘aid’ had already developed anyways.

    Furthermore, as admitted by the CIA, in Czechoslovakia,:

    a freely operating parliamentary government rules the country. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 1) (IMG)

    Until 1948, Czechoslovakia was a Soviet-friendly bourgeois democracy, Soviet-friendly because the KSC, with such overwhelming popular support, won the largest votes and was able to install communist agents into key positions. The ascendancy of the KSC increased the power of the proletariat over the Czechoslovak state, for, the KSC, compositionally proletarianized in membership and ranks, was a socialist Party of the proletariat. Peter Hruby of the CIA media ‘Radio Free Europe’ confirmed:

    The main [Czechoslovak Communist] Party organ then claimed…: "If in 1947 workers formed 50 per cent of the Party membership, then in 1967 the number of active manual workers represented only 26.4 per cent." (Fools and Heroes: The Changing Role of Communist Intellectuals in Czechoslovakia, Peter Hruby, 1980, p. 142) (IMG)

    The popularity of the Czechoslovak Communist Party was reflected in the electoral victories of the Party during the May 1946 elections, which even the CIA rightly described as ‘free national elections’. The Czechoslovak Communist Party won the largest number and percentage of votes and seats, and by establishing an alliance with the Czechoslovak Social Democrats, gained a majority in the parliament:

    The present National Front Government in Czechoslovakia was first established in March 1945, and in May 1946 free national elections were held. Five parties of major importance emerged: Communist (114 seats in Parliament), Social Democrats (37), National Socialists [not to be confused with Nazis] (55), Peoples (46), Slovak Democrats (43). The Communists became the strongest single party, and together with the Social Democrats gave the Leftists a slim parliamentary majority over the moderate parties. All parties agreed upon the broad principles of the government’s domestic program, including extensive nationalization of industry, but lively controversy developed over the application of these principles. The Communists have adhered until recently to parliamentary rules in their disagreements with the moderates and during the first year and a half under the present government, neither side gained any significant advantage over the other. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, pp. 1-2) (IMG)

    Thanks in part to this overwhelming popular support, the Czechoslovak Communist Party gained a large influence in all the major ministries of the Czechoslovak government:

    In addition to Premiership, the key ministries of Interior, Information and Finance, and the Under Secretaryship for Foreign Affairs are held by Communists, who also control the Security Police and many local governing bodies in Bohemia and Moravia. Communist infiltration and effective control of the Army have been achieved through close collaboration with the USSR, a promotion policy favoring officers trained in the USSR and the appointment of top officials sympathetic to the Soviet Union. Moreover, the Communist Party wields effective control over labor through its domination of ROH, the national trade union organization. (…). On the propaganda front, too, the Communists have had a powerful weapon in their ability to point to the Soviet Union as Czechoslovakia’s chief protection against a resurgent Germany. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, pp. 2-3) (IMG)

    Notably, Vaclav Nosek, a prominent KSC member, headed the Ministry of the Interior. According to the Federal Research Division of the US Library of Congress,:

    At the end of World War II, when President Benes established the first postwar government at Kosice, control of the Ministry of Interior was sought and obtained by the KSC. Party member Vaclav Nosek was appointed minister…. (CZECHOSLOVAKIA – A COUNTRY STUDY, US Library of Congress, Federal Research Division, 1987) (IMG)

    In government, the KSC embarked on a large-scale media counter-offensive to expose and discredit the Slovak Democratic Party, which as the CIA confirmed, had ‘many’ members who “had questionable connections with Tiso’s pro-German regime during the war”:

    The Slovak Democratic Party, organized only in Slovakia, is the focal point of Communist activity against the opposition. The Party is a logical choice as the Communists’ first target because of its vulnerability…. Outspokenly conservative, and supported by the Catholic Church, the Slovak Democrats have not given whole-hearted support to the Government’s program…. The Communists are exploiting the Slovak Democratic Party’s lack of homogeneity which results from the strong antagonism between its Protestant and Catholic adherents. The Party has also become a refuge for rightist elements in Slovakia, many of whom had questionable connections with Tiso’s pro-German regime during the war. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, pp. 6-7) (IMG)

    A drought struck Czechoslovakia. Fulfilling the prerequisites for collectivization, the KSC proposed a millionaire’s tax to fund the farmers suffering from the drought. The comprador ministers, including the millionaire Masaryk vociferously rejected the KSC proposal. The KSC, having overwhelming representation in the trade unions, struck back by denouncing all those officials opposed to the millionaire tax and threatened with a proletarians general strike:

    The first crisis developed out of a Communist proposal for a millionaire’s tax to provide funds for farmers who had suffered losses from last summer’s drought. In the face of solid opposition by all non-Communist parties, the Communists launched a smear campaign against all Ministers who had voted against the proposal. So vicious was the attack that Foreign minister Jan Masaryk, who normally remains aloof from domestic issues, published a special statement identifying himself as a millionaire and recording his vote with the eleven other Cabinet Ministers who had voted against the Communists. The Communists threatened to call a general strike of all industrial workers to force acceptance of their proposal. Lausman, then Social Democratic Minister of Industry, submitted his resignation in protest against Communist party interference in nationalized enterprises and irresponsible provocation of strikes. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, pp. 8-9) (IMG)

    The USSR furnished support for the Czechoslovak communist-influenced bourgeois-democracy in the face of drought and shortage of raw materials for industry. A week after the first cabinet ‘crisis’, another ‘crisis’ occurred:

    About a week after the millionaire tax proposal, the National Front was again threatened when three leaders of the Social Democratic Party, … signed a pact with the Communists reaffirming the “socialist bloc” within the National Front. The pact came as a complete surprise to most of the Social Democratic party leaders. The party executive approved the pact on the ground that having been signed it could not be disavowed, but emphasized that the pact did not constitute a merger between the Communists and the Social Democrats. Moderate Social Democrats, however, were strongly opposed and the National Socialists refused to join the bloc. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 9) (IMG)

    Not to be confused with the Nazis, the Czech National Socialist Party was a right-wing bourgeois pro-Zionist party of which President Edvard Benes was a prominent member. The strengthening of the alliance between the KSC and the Social Democrats served as a propaganda blow against the Czech ‘National Socialists’:

    The Communists hoped by this maneuver to … embarrass the [Czech] National Socialists by forcing them to choose a more leftist policy or to face the accusation of deserting the cause of the working man as represented by the united Communist and Social Democratic parties. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 9) (IMG)

    To assist the people suffering from the drought, there was:

    the recent Soviet offer of grain. (Situation in Czechoslovakia, ORE/EG, CIA, December 12, 1947, p. 11) (IMG)

    Indeed the Soviet Union rendered:

    an emergency shipment of 600,000 tons of grain, in addition to sizable quantities of iron ore, manganese, and cotton. (‘Soviet Economic Assistance to the Sino-Soviet Bloc: Loans, Credits, and Grants’, Intelligence Memorandum, CIA, August 20, 1956, p. 14) (IMG)

    A credit of $23 million was provided to Czechoslovakia, which probably included the grain sent by the USSR:

    In 1947 a credit of $23 million was extended to Czechoslovakia for the purpose of financing imports from the USSR. (‘Soviet Economic Assistance to the Sino-Soviet Bloc: Loans, Credits, and Grants’, Intelligence Memorandum, CIA, August 20, 1956, p. 14) (IMG)

    Finally on February 1947, KSC member Vaclav Nosek, who headed the Ministry of the Interior, stepped up the purge of the anti-communist personnel of the police:

    Vaclav Nosek … began the process of converting the security forces into arms of the party. Anticommunist police officers and officials were fired, noncommunist personnel were encouraged to join the party or its youth organization, and all were subjected to heavy doses of communist propaganda. (CZECHOSLOVAKIA – A COUNTRY STUDY, US Library of Congress, Federal Research Division, 1987) (IMG)

    In Romania, the Minister of Interior Teohari Georgescu was a traitor the proletariat. However, as he was accountable to the Party of the proletariat, the installation of Georgescu at the helm of the Ministry of Interior increased the influence of the Party of the proletariat in the Radescu regime, thus paving the way for the revolutionary ouster of the comprador agents in the Romanian regime. In Czechoslovakia, Nosek himself was no communist loyalist, but, as an infiltrator into the KSC, was nonetheless accountable to and coopted by his Party, the Party of the proletariat. Note again that the KSC membership was compositionally proletarianized and democratic centralist, thus compelling even traitors to the Party to be accountable to the interests of the class-conscious proletarian mass that made up the Party’s largest percentage membership. As such, the increased influence of Nosek implied the increased influence of the proletariat in the security and intelligence bodies, even if Nosek himself was not as loyal to the cause of the proletariat.

    The increased influence of the communist agents of the proletariat in the security bodies marked the increase in the influence of the proletariat’s agents over the means of violence. This in turn translated into the proletarian agents’ increased capability to re-engineer the make-up of the cabinet, to find compromising materials on the comprador cabinet ministers so to force their resignations. The comprador ministers resigned ‘in protest’ and the KSC gleefully accepted their resignations:

    It was Nosek's packing of the police hierarchy with communists that caused the protest resignation of anticommunist government ministers in February 1948…. (CZECHOSLOVAKIA – A COUNTRY STUDY, US Library of Congress, Federal Research Division, 1987) (IMG)

    The resignation of a government official can at times be canalized to raise the vigilance of that percentage of the electorate which has supported the resigning official, so to agitate that part of the electorate into mass protests. As such, ordinarily, the resignation of such ministers could have sparked a street backlash by a significant minority of the Czechoslovak population. Yet, to bring about such protests, one must have incitement, agitation, and propaganda capabilities concentrated in the media. In all countries, the security and intelligence bodies have, and utilize, the bribe-and-blackmail capability to get the mainstream media outlets in line. As a law of history, the class struggle for dominance over the means of violence determines the outcome of the class struggle for dominance over the means of communication. To get the media in line, the fascist agents use bribes and terror threats. To get the media in line, the revolutionary forces provide promises of ‘promotion’ and higher pay, as a legal form of a bribe, and use not terror threats but rather kompromat-finding, threats of demotion, and the placement of ‘advisors’ and ‘assistants’ (read: spies) into the person’s office, for achieving the objective of getting the major media outlets in line. In Czechoslovakia in the late 1940s, having lost dominance over a critical security and intelligence body as the police, the agitation and propaganda capabilities of the anti-communist faction sharply declined, disabling them from inciting riots. Secondly, the opposition to the millionaire’s tax further reduced the popularity of the comprador forces. With pro-communist opposition growing and the anti-communist forces disabled in the security and media spheres, the KSC, overwhelmingly represented in the trade unions, had the ability to mobilize proletarian demonstrations while facing minimal anti-communist counter-demonstrations.

    Klement Gottwald, the leader of the KSC and Prime Minister of Czechoslovakia, demanded the Czechoslovak President Edvard Benes to accept the resignation of these anti-communist government ministers. When Benes refused, massive communist-led protests swept the country, forcing Benes too to resign:

    Twelve of the non-Communist ministers resigned in protest. The Communists arranged street demonstrations and called out of the pro-Communist workers’ militia; Gottwald threatened President Benes with a civil war unless he accepted the resignation of the 12 ministers. (The Communist Party of Czechoslovakia, Foreign Intelligence, CIA, October 1960, pp. 19-20) (IMG)

    Massive armed demonstrations led by the communist Party overtook the streets of Czechoslovakia. The result was the February Revolution of 1948. For the first time in history, a largely industrialized bourgeois-democracy had been overthrown by a popular revolution of the proletariat for the establishment of a socialist People’s Democracy. Czechoslovakia’s communist revolution was therefore under the condition envisioned by Karl Marx and Frederick Engels. The CIA’s Senior Research Staff on International Communism remarked:

    Among the European Satellites of the USSR, Czechoslovakia is in a class by itself, since it is the only one … which was a highly developed industrial country, practically unscathed by the war. Czechoslovakia is, therefore, the best example of Communism in action under the conditions envisaged by Marx, although it misses being a perfect example because of the country's geographical proximity to the USSR. (COMMUNISM IN EASTERN EUROPE POST-STALIN DEVELOPMENTS IN THE SATELLITES: Part II/D: Czechoslovakia, CIA, Senior Research Staff on International Communism, December 31, 1958, p. 1) (IMG)

    Czechoslovakia was the first industrial bourgeois-democracy to transition to a workers’ state, a dictatorship of the proletariat, through the launching of a proletarian revolution in 1948. Unlike the other Peoples’ Democracies, Czechoslovakia could drastically shorten the period of the NEP-style capitalist mode of production and bourgeois influence in statecraft, and transition almost directly to socialism. Hence, People’s Democratic Czechoslovakia, unlike the other Peoples’ Democracies, swiftly emerged as a socialist state instead of being for long a first-stage People’s Democracy, a communist-led progressive bourgeois-democracy. In spite of unmistakeable facts of the revolutionary nature of the overthrow, CIA-MI6 propagandists were quick to call it ‘The Czech Coup’.
  5. .

    COME LE IA CI PORTERANNO AL COMUNISMO


    20240224_140256



    Fonte: https://twitter.com/InfraHaz/status/175941...obNBQKuXhg&s=19

    Traduzione del post di Haz Al-Din sul ruolo delle IA nell'arte



    E' strano notare come molti auto proclamati “marxisti” sui social media siano ostili alle emergenti tecnologie IA.

    Questo accade perché uno dei dettagli più importanti che separarono Marx dai suoi contemporanei socialisti era la sua INSISTENZA sull'irreversibilità degli avanzamenti nelle forze produttive, e la prospettiva per cui, senza eccezioni, avrebbero accelerato la transizione al socialismo.

    Tutti i marxisti dovrebbero avere familiarità con questo passaggio:

    “A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse.”
    (Prefazione a Per la Critica dell'Economia Politica)

    Non è esattamente ciò che sta accadendo con le IA? Le IA stanno disturbando i rapporti basati sulla “proprietà intellettuale”, che sono la principale fonte di reddito per gli “artisti professionisti”. I fatti sono inconfutabili: i parassiti che stanno attaccando le IA sono reazionari nel senso più tradizionale e letterale del termine.

    Qualcuno sostiene che le IA “rubino il lavoro” degli artisti. Tralasciando il fatto che questo sia un utilizzo risibile del termine “lavoro”, è il tentativo di sfruttare una terminologia pseudomarxista in una maniera completamente antitetica a tutto ciò che è il marxismo.

    Il marxismo considera fondamentale affrontare la questione della proprietà. Per citare il Manifesto Comunista:

    “In tutti questi movimenti i comunisti mettono in rilievo la questione della proprietà - qualsiasi forma, più o meno sviluppata, essa abbia preso - come questione centrale del movimento.”
    (Manifesto del Partito Comunista, Capitolo IV)

    La nozione che il linguaggio marxista possa essere impiegato per difendere la “proprietà intellettuale” è assurda su questa base. Ma ancora peggio, Marx si opponeva apertamente alla proprietà intellettuale.

    In Grundisse, Marx considera la conoscenza diffusa, le idee, e per logica conseguenza i prodotti artistici come parte di quello che definisce il General Intellect (Grundisse, manoscritto 7), che è interamente sociale.

    La concezione per cui un individuo possa trasformare parte del General Intellect in proprietà privata solo perché si è sforzato di comunicarla o di scoprirla, è completamente all'opposto della visione di Marx.

    Perché? Perché per Marx tutta la società partecipa a questo processo, così come ogni individuo da per scontato il bagaglio di conoscenza, abbondanza, e precedenti creati da altri prima che si possa creare qualcosa di unico.

    L'idea che qualcuno possa avere diritti su un arrangiamento di pixel sullo schermo di un computer, è simile all'idea che si possa trasformare il linguaggio stesso in una forma di proprietà, e che utilizzando parole che ovviamente non abbiamo inventato noi, stiamo “rubando” il “lavoro” di altri.

    Sfruttare il linguaggio del marxismo per difendere quella che è la più ridicola istituzione di proprietà creata dal capitalismo, comparando la libera proliferazione di idee, software, e visual media allo “sfruttamento del lavoro” dei “lavoratori intellettuali” è una totale presa in giro della prospettiva marxista.

    Violare la “proprietà intellettuale” di qualcuno non è più simile a “sfruttare il suo lavoro”, quanto ad espropriare la proprietà della stessa classe capitalista.

    Infatti, la proprietà intellettuale è ancora più illegittima di quella capitalista. E' una forma di proprietà parassitaria e fondata sulla rendita che, a contrario dell'industria capitalista, non produce alcuna ricchezza materiale.

    Di fatto, la prima difesa dell'istituzione della proprietà privata era fondata sulla prospettiva che, prima ancora dell'economia politica classica, la proprietà privata fosse il prodotto oggettivo del lavoro umano, e metterla in discussione in quanto istituzione fosse simile alla pretesa di rubare il lavoro altrui.

    Qualcuno potrebbe protestare, e lamentare la “perdita di posti di lavoro” di “migliaia” di “artisti” a causa delle IA.

    Ma Marx non era affatto ignaro di come la meccanizzazione portata dalla rivoluzione industriale avesse devastato lo stile di vita di molte classi diverse nella società, una forza che ha portato molti strati della società a far parte della classe proletaria. Chiunque conosca il Manifesto Comunista ha familiarità con questo passaggio:

    “Vengono quindi travolti tutti i rapporti consolidati, arrugginiti, con il loro
    codazzo di rappresentazioni e opinioni da tempo in onore. E tutti i nuovi rapporti invecchiano prima di potersi strutturare. Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci.”
    (Manifesto del Partito Comunista, Capitolo 1)

    Questo processo si è affermato in una scala molto maggiore, e con molta più ferocia, di tutto ciò che potremmo dover affrontare con l'ascesa delle IA.

    Ciò non ha impedito a Marx di riconoscere tutto questo come uno sviluppo storico oggettivo e necessario. Le opinioni e i sentimenti personali non centrano nulla. Per Marx, la modernità industriale era irreversibile ed inevitabile.

    E nonostante questo, notiamo un enorme clamore su come aspiranti “digital artists”, scrittori di Hollywood, ed altri professionisti “creativi” potrebbero perdere il lavoro a causa delle nuove tecnologie.

    Tenete a mente come questi sinistrati abbiano a malapena alzato la voce in merito ai decenni di automazione che hanno distrutto posti di lavoro e stili di vita per decine di migliaia di lavoratori industriali.

    Tenete a mente come i sinsitrati abbiano accolto gioiosamente il crollo delle piccole attività e delle piccole fattorie, lodando le conquiste del capitale monopolistico come “progressive” ed utilizzando verbosità marxista per giustificare questa prospettiva.

    In qualche modo sono degli spietati accelerazionisti quando si parla dei piccoli contadini schiacciati dai debiti, ma diventano reazionari sentimentali e romantici quando si parla dei “digital artists”.

    Perché pensano che i “creativi” abbiano più valore morale della gente comune? Semplice: perché molti di loro hanno questo background.

    E' molto strano come questa svergognata ed egoistica “indignazione morale” venga giustificata con un linguaggio “marxista”, visto che la prospettiva marxista è quella di una scienza della lotta di classe totalmente impersonale, che non lascia alcuno spazio alla deformazione della realtà per conformarla ai propri sentimenti.

    Alcuni sostengono che le IA non siano intrinsecamente un “male”, ma che il loro attuale utilizzo accentuerebbe i peggiori aspetti del capitalismo e che, quindi, dovremmo opporvici.

    Questa posizione è completamente incompatibile col marxismo.

    Marx ed Engels erano chiari su come, sì, sotto il capitalismo, lo sviluppo delle forze produttive fosse ciò che avrebbe gettato le fondamenta per inaugurare la transizione ad un'era qualitativamente nuova della storia, che loro identificavano col comunismo.

    Questo perché lo sviluppo delle forze produttive centralizza, concentra e socializza le forze produttive totali della società, in un modo che consideravano come il risultato involontario della stessa accumulazione capitalista. Per citare lo stesso Engels:

    “Dato che il vapore, i macchinari, e la produzione di macchine da altri macchinari hanno trasformato la vecchia manifattura nell'industria moderna, le forze produttive evolutesi sotto la guida della borghesia si sono sviluppate con una rapidità mai vista prima. Ma così come la vecchia manifattura, a suo tempo, e l'artigianato, divenuto più sviluppato sotto la sua influenza, è entrata in collisione col tramaglio feudale delle gilde, così l'industria moderna, nel suo più completo sviluppo, entra in collisione coi limiti nei quali il modo di produzione capitalistico la confina. Le nuove forze produttive hanno già sorpassato il modo di produzione capitalistico che le utilizza.”
    (Anti-Duhring)

    Potreste affermare che Marx ed Engels si sbagliassero. Ma se si sono sbagliati, l'intera visione del capitalismo e del socialismo è errata.

    Questa prospettiva non era basata sui sentimenti, o su qualche limitata critica morale. Era basata su quella che consideravano come una prospettiva impersonale e scientifica.

    La concezione per cui dovremmo opporci alle IA perché danneggerebbero lo stile di vita dei “lavoratori” neppure ha senso. Anche se dovessimo accettare la ridicola posizione secondo la quale questi parassiti “creativi” siano “lavoratori” in qualsiasi maniera significativa (il cui reddito è IP e fondato sulla rendita, senza produrre alcun surplus materiale dal quale il capitale può valorizzarsi dal nulla), la prospettiva in sé è indiscutibilmente reazionaria.

    Cercano di preservare, contro il flusso dello sviluppo storico, rapporti di produzione antiquati, imponendo catene allo sviluppo delle forze produttive al fine di “proteggere” alcune professioni. Come sono caritatevoli! Peccato si tratti di spazzatura reazionaria, che Marx chiamava “socialismo borghese”.

    E' anche ironico come questi social-liberali, che chiedono rispetto per la diversità nei gusti individuali, nelle mode, negli orientamenti sessuali, nelle identità di genere ecc. ci reputino allo stesso tempo degli stronzi senza morale perché produciamo e consumiamo prodotti creati dalle IA.

    Nessuno vuole costringere questi social-liberali ad usare l'arte IA o a fare uso delle IA nella loro arte.

    Sostengono che l'arte generata da IA sia un “male” e che la produzione in massa di “spazzatura” venga normalizzata nei media.

    Beh questa è solo la vostra opinione, giusto Reddit?

    Penso che la maggior parte delle persone comuni, eccetto gente mentalmente malata sui social, condivida il fatto che ci sia stato un drastico declino della qualità dei film, delle serie tv, e dell'arte popolare in generale.

    Ma gli “artisti professionisti”, inclusi i mediocri coglioni che ricoprono posizioni di potere nei media monopolistici solamente grazie alla dittatura corporativa delle Risorse Umane, credono che dovremmo essere costretti a consumare la loro immondizia per sempre, e che tutta la tecnologia che minacci il loro monopolio debba essere bandita.

    Ecco cosa c'è in gioco nell'insieme in questo conflitto: ciò che noi tutti abbiamo dato per assodato, per molti decenni, l'onnipotente monopolio dei mass-media controllati dalla classe dominante.

    Mentre ai sinistrati piace sostenere che le IA verranno utilizzate per “aumentare i profitti” delle corporations tagliando “il costo del lavoro” (LOL), non riescono a capire che gli “artisti professionisti” ingaggiati dalle corporations non vengono neppure assunti sulla base dei profitti, delle qualifiche, o della popolarità in qualsiasi maniera.

    Questo succede perché le corporations dei mass-media hanno il monopolio. Non hanno bisogno di preoccuparsi dei “profitti” quando bisogna decidere chi assumere: questo è il motivo per cui i dipartimenti delle risorse umane sono diventati così potenti.

    La “sospensione” dei writers di Hollywood è avvenuta solo dopo ANNI di declino dei profitti dei mass-media, che ha raggiunto un punto così estremo da diventare intollerabile, anche dalla prospettiva di PRESERVARE queste istituzioni. Non certo di “espanderle”.

    La verità è che, per la gran parte, le corporations si sono concentrate solo sull'essere “etiche” ed “inclusive” anche se questo è impopolare nella audience. Quanti di noi possiedono le tecnologie necessarie per produrre un blockbuster di Hollywood? Chi può minacciare il loro monopolio?

    Beh, siamo sempre più vicini ad avere una tecnologia del genere: grazie al potere delle IA, che mette direttamente nelle mani della gente comune gli strumenti più avanzati per la creazione dei visual media.

    I giorni in cui saranno richiesti budget multimilionari per produrre grossi blockbusters che possano rivaleggiare con le ultime tendenze di Hollywood in termini di valore prodotto saranno finiti.

    Le implicazioni politiche sono anche più importanti: ora i movimenti politici dissidenti potranno creare agitprop, media, spot elettorali ecc. più all'avanguardia. Questo ovviamente creerà un enorme panico tra gli apparati di sicurezza.

    Chi trae beneficio dal divieto di una tecnologia IA facilmente accessibile? Tralasciando la feccia parassita dei “lavoratori creativi”, l'egemonia imperialista dominante e le corporations dei mass-media.

    I social media sono stati il primo colpo ai media dell'establishment. Le IA porteranno tutto questo su un piano al momento neppure immaginabile.

    Uno dei modi in cui il potere si è espresso nell'era dei mass-media è il monopolio della tecnologia dei visual media. Effetti speciali avanzati, valore di produzione, e qualità dei film sono stati a lungo il segno del consensus delle elites: a lungo ha rappresentato esclusivamente la coscienza di coloro che stanno al potere.

    Ora non più.

    Alcuni sostengono che le IA abbiano implicazioni terrificanti finché viene coinvolta l'estensione dei poteri degli apparati di sicurezza. La verità è che gli algoritmi di machine learning sono stati a lungo utilizzati dagli apparati di sicurezza contro di noi.

    La differenza che stiamo vedendo è che queste tecnologie stanno cominciando a circolare liberamente, così che attori non statali possano farne uso.

    Pare ci sia anche confusione sulla natura stessa della tecnologia IA: la gente crede erroneamente che estrometta l'elemento umano dalla produzione di arte e cultura.

    Questo è il risultato di pura ignoranza.

    L'intelligenza artificiale non è una “coscienza artificiale”. E' completamente senza senso al di fuori di un contesto socialmente aggregato di patterns, tendenze, mode, e fenomeni prodotti dagli esseri umani.

    L'IA non ha storia, cultura, discorso o società. E' solo un modo inedito in cui gli individui possono interfacciarsi al complesso della realtà sociale prodotto dagli esseri umani.

    Le tecnologie dell'AI art tipicamente collegano prompts a fenomeni visuali già associati a questi prompts nell'aggregato sociale.

    Appare come una “mente robotica” perché al posto di un individuo che “crea” il risultato desiderato, l'individuo cura, ed esercita autorità discrezionale sui risultati aggregati da ciò che è già stato prodotto socialmente.

    Chi odia le IA, odia l'umanità stessa. Odiano la possibilità che tutto il patrimonio che l'umanità ha prodotto possa essere aggregato in modo tale da renderlo compatibile con l'umanità degli individui.

    Odiare le IA è fondamentalmente misantropo.

    Le IA provano l'involontaria relazione tra parole, pensieri ed immagini. Nessuno ha il controllo diretto sui risultati, ma hanno il potere discrezionale di curarli per adattarli ai propri gusti.

    Ciò che molti ignorano è che questo vale anche per l'arte non prodotta da IA. Il motivo per cui sono necessari anni per imparare a disegnare, dipingere, o anche a fare “arte digitale” è perché non vi è alcuna relazione diretta tra i nostri pensieri ed il modo in cui vengono espressi.

    Gli artisti non “realizzano” semplicemente la loro immaginazione in maniera diretta. Gli artisti devono padroneggiare una tecnica che, come le IA, produce solo inavvertitamente i risultati desiderati. Creando una relazione produttiva tra queste tecniche ed il potere discrezionale o il gusto, si può eventualmente padroneggiare l'abilità di creare i risultati sperati.

    Non vi è nulla di questo che sia più “umano” di come funzionino le IA. La differenza è che invece del bisogno di spendere anni nel padroneggiare le tecniche, il computer fa tutto questo per noi. Quale sarebbe il problema?

    Vuoi essere un romantico sentimentale su come “non sia la stessa cosa” perché non lo stiamo facendo alla vecchia maniera? Allora per favore, torna a dipingere le caverne. Tutta la storia dell'umanità è corrisposta con la semplificazione delle tecniche e dei metodi artistici. Piangi pure.

    La produzione in massa di arte nell'era industriale ed il panico che ha provocato nella società dell'“arte elevata” è roba vecchia. Walter Benjamin scrisse in merito nel 1935. I dadaisti hanno frignato un decennio prima.

    Quel che è più divertente al giorno d'oggi è come gli artisti digitali furry pretendano di identificare loro stessi con qualche “arte elevata” andando nel panico a causa della “volgarizzazione” della “produzione in massa di arte commerciale”.

    Perché, ovviamente, il p*rno furry è chiaramente il risultato di un'arte aristocratica e di alto livello, e completamente intoccata dai mass-media e dal consumismo. Questo non è altro che malattia mentale ed una farsesca beffa della storia dell'arte stessa.

    No, non c'è il pericolo della “volgarizzazione” e della “commercializzazione di massa” dell'arte. E' una nave salpata molto tempo fa. Magari se spendeste più tempo ad imparare la storia invece di pretendere d'essere degli artisti elitari, realizzereste quanto mediocre e senza valore sia la vostra “arte”.

    L'unica utilità che la vostra banale “arte” possa mai avere è contribuire alla varietà dei dati con cui gli algoritmi di machine learning possano addestrarsi, in modo che gente con gusti migliori dei vostri possa produrre qualcosa di migliore.

    Ecco perché l'argomento per cui l'IA sia un “furto” è stupida. Se è furto, perché abbiamo bisogno che le IA si addestrino sulla tua spazzatura affinché sia possibile trasformarla in qualcos'altro? Perché la tua arte non soddisfa l'intero spettro delle possibilità estetiche. E indovina un po', non c'è niente di male in questo.

    Gli artisti “anti IA” non producono arte, ma la fenomenizzazione della malattia mentale su grande scale. E in più non è neppure originale.

    Non esiste nulla di simile ad un'immaginazione interamente unica. Prende forma ed ispirazione dal patrimonio già creato. “Copiare” i pensieri, le idee ed i lavori altrui è in una certa misura inevitabile.

    I “digital artists” prendono dal passato esattamente quanto le IA. Tutti gli argomenti sulla proprietà intellettuale sono corrotti: perché è “furto” dare in pasto agli algoritmi di ML il lavoro di qualcuno, ma non darlo in pasto alla tua immaginazione?

    Perché devi replicare le stesse identiche tecniche di un altro artista da cui sei ispirato? Per soffrire senza motivo?

    Gli artisti dovrebbero usare queste tecniche perché gli piacciono, o perché credono siano necessarie. Perché impedire ad altri di utilizzarne di più semplici?

    Esiste un singolo argomento razionale per questo?

    Ma, sostengono alcuni, le IA distruggeranno le tecniche artistiche individuali. La società riciclerà contenuti all'infinito finché nulla di nuovo sarà prodotto.

    Prima di tutto il riciclaggio è già avvenuto prima delle IA.

    In secondo luogo, è sbagliato, perché le IA consentono permutazioni infinite.

    In terzo luogo, è ancora più sbagliato. L'avvento dell'arte digitale non ha sostituito il disegno o la pittura. Le macchine non hanno sostituito la scultura. L'arte continua a fare uso di questi mezzi, e lo farà anche in futuro.

    L'IA non distrugge l'arte. Filtra solamente gli “artisti” senza valore e senza talento.

    Nessun “artista” ha diritto ai soldi altrui. I bambini in Africa devono estrarre minerali preziosi dal sottosuolo in modo che questi “digital artists” possano avere dei computer prima di tutto. Perché dovremmo provare pena per gli “artisti”?

    Cosa dà il diritto a questi “artisti” di avere un lavoro così confortevole, invece di pulire i cessi? Perché sentono di meritare qualcosa, anche se la società non vuole ciò che stanno “facendo”?

    Tutti i digital artists che non vogliono che i loro lavori vengano dati in pasto agli algoritmi di ML dovrebbero semplicemente rinunciare, allora. Gli artisti di valore, a cui non importa di contribuire al General Intellect dell'umanità, manterranno il loro posto.

    L'unica preoccupazione giustificabile riguardo alle IA è la possibilità che queste vengano usate per frodi, falsificazioni e diffamazioni.

    Ma la civiltà ha già grandi precedenti nel rendere la diffamazione e l'impersonazione reati perseguibili che la parte lesa può presentare in ricorso alla giustizia.

    Quel che accadrà sarà la probabile fine dell'anonimato a l'adozione obbligatoria di una firma a prova di falsificazioni basata sulla blockchain in modo da verificare l'identità di qualcuno.

    In questo modo, chiunque sparga diffamazione (inclusa pornografia creata con le IA) sarà, avendo marchiato il falso con la sua assolutamente unica firma digitale, completamente responsabile dinanzi alla giustizia, scoraggiandola.

    I sistemi di common law già prendono in considerazione le sfumature di queste situazioni, quindi il timore di uno “slippery slope” tra la libertà di espressione e la diffamazione non saranno cosa nuova. I tribunali già oggi prendono in considerazione le sfumature di tale distinzione, prima delle IA.

    Ma il più grande pericolo delle IA può essere anche anche il loro più grande beneficio all'umanità: hanno il potere di insegnare alla società a rispettare meno le immagini, e dare più valore al pensiero critico.

    La verità è che le immagini vengono già utilizzate per mentire sulla realtà su vasta scala, e lo sono state per molto tempo.

    Anche senza le IA, la quantità di malafede e di incomprensioni a cui la gente è sottoposta online ha già raggiunto il suo peggior limite. La tecnologia non dovrebbe venire incolpata di ciò, dovrebbe esserlo la natura marcia e cannibalistica della “civiltà capitalista”.

    Si è già mentito in scala di massa su persone, eventi e sulla realtà.

    La differenza è che la capacità di padroneggiare il pensiero critico non ha tenuto il passo. Quando le immagini diventeranno inaffidabili su scala di massa, la società probabilmente “regredirà” rivolgendosi alla lettura come fonte più affidabile di informazione.

    Questo è un beneficio per la società nel complesso.

    L'inaffidabilità delle immagini costringerà la gente ed impiegare tempo a leggere e sintetizzare criticamente le informazioni se si vuole avere una visione a tutto tondo della realtà.

    Infine, le IA accelerano la transizione al comunismo. “Valorizzando” i patterns dal caos del mercato globale, le forze produttive vengono socializzate ad un livello mai pensato prima.

    Le informazioni, al posto dei profitti, diventano la forza trainante della produzione. L'inaspettata natura sociale dei rapporti di produzione, mischiata ai segnali caotici del mercato, diventa impossibile da non riconoscere.

    La possibilità di una reale pianificazione economica su scala mai pensata prima; e sulla base degli interessi di tutta la società cessa di essere un sogno, ma diventa una realtà.

    Perché gli “interessi di tutta la società” smettono di essere basati sull' “opinione degli esperti” o su qualche autorità centrale. Possono essere dedotti oggettivamente, tramite il potere dell'Intelligenza Artificiale.

    Non vi è alcuna dicotomia tra IA ed umanità. Questa è un'illusione ideologica malata, risultato delle morenti vestigi del capitalismo.

    Se definiamo “artificio” ciò che è “creato dall'uomo”, il comunismo stesso è l'ultima riconciliazione tra l'intelligenza naturale ed artificiale, combinando la volontà cosciente dell'autorità umana con una realtà sociale inaspettata ed inconscia intelligibile solo su scala collettiva ed aggregata.

    L'IA, come la macchina a vapore, giocherà indubbiamente un ruolo nel partecipare alla follia selvaggia della “civiltà” capitalista.

    Ma la soluzione non è incolpare la tecnologia. La soluzione è adottare una visione introspettiva sulla natura della nostra stessa civiltà.

    La soluzione è rilasciare le forze produttive e distruggere le vestigi del passato, come i cartelli finanziari capitalisti e le istituzioni bancarie che stanno frenando il progresso.

    I cartelli-monopoli parassitari devono essere completamente distrutti. Solo il movimento anti-monopolistico della CLASSE OPERAIA può, in sincronia con l'accelerazione della tecnologia IA, introdurci ad una nuova era di sviluppo e prosperità.

    Le possibilità aperte dalle IA sono quasi illimitate. Dovrebbero essere usate per accelerare la distruzione del nostro vetusto sistema.

    Nessun pretesto dovrebbe arrestare il potere delle IA; ogni tentativo di inibire l'accesso alle IA da parte dei lavoratori dovrebbe essere contrastato, con la forza se necessario.
  6. .

    State Ownership and the People’s Republic



    Fonte: https://rtsg.substack.com/p/state-ownershi...eoples-republic

    Written by Chen Kojira.


    The dawn of the twentieth century saw the rise of modern, planned national economies around the world. In many of these cases, planned economies often were coupled with state ownership of production. China, especially due to becoming a Marxist-Leninist state in 1949, is no exception to this trend. It is commonly misconceived by both leftists and rightists that the People’s Republic of China has ceased to plan its economy; that the government has relinquished its obligations of maintaining state control, the private sector and “adopted capitalism”.

    When it comes to analyzing how state ownership operates within the People’s Republic of China, the information that is available on the Western internet tends to be sparse and vague. Many sources do not give specific evidence of how State-Owned Enterprises (SOEs) function, nor do they elaborate just how widely proliferated SOEs are, formally or otherwise. This article is designed to clarify the way SOEs and their subsidiaries function and interact with China’s domestic economy today.


    Formal State Ownership

    “State-owned enterprises are an important material and political foundation for socialism with Chinese characteristics, and an important pillar and reliance for the party to govern and rejuvenate the country.”
    — Xi Jinping, General Secretary of the Communist Party of China

    It is a well-established fact within Chinese political discourse that state-owned enterprises are an ever-present fact of the Chinese economy that won’t simply just “vanish” overnight or “erode” over time. In fact, since Reform and Opening Up, while the overall quantity of state-owned enterprises has gone down, the overall quality has increased.

    Rather than going on the path of root-and-branch privatization, the government has instead sought to make the numerous state-owned enterprises that still remain as efficient and competitive as possible. As a result, the top 150 SOEs, far from being inefficient, have instead become enormously profitable, the aggregate total of their profits reaching $150 billion in 2007. Unlike in the West or Western-aligned states, where privately owned firms overwhelmingly predominate, most of China’s best-performing companies are to be found in the state sector. [1]

    Contrary to popular belief regarding “Communism”, profit and to make a return on one’s investment is not contradictory to the way state-controlled firms should be run. In fact, it would be damaging if these firms were run in a way where they were actively making a loss or were wasting resources.


    Contribution to GDP and Scale of Assets

    In 2011, it was found that roughly 50% of non-agricultural GDP was generated by SOEs. Similarly, in regard to economic industries/sectors in which SOEs play a dominant or majority role, those include defense, electric power, petroleum and petrochemicals, telecommunications, coal, civil aviation, and shipping; as well as equipment manufacturing, automobiles, information technology, construction, iron and steel, nonferrous metals and chemicals. [2]

    In 2017, that number shot up to 63.6% [3] and in 2021, SOEs accounted for around 66% of China’s GDP [4]. So, even formally speaking, in terms of overall contribution to GDP, SOEs have played a significant amount, rising over the past 10 years from 50% to 66%, rising approximately 1.6% to their contribution to GDP per year.

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fe74a98e4-2f7b-4c6f-84f7-b41244f8e91e_1600x715

    From 2002-2011, the value of SOE assets as a percentage of GDP started at roughly 550% before declining to a rate of roughly to 430% by 2008, its lowest point, before reaching a plateau of around 450% since 2009.

    Note, when Western analysts measure state-owned enterprises, they tend to only factor in what is directly translated as 国有企业, which is formally classified as a non-financial state-owned enterprise. Typically, when comparisons are made from Western studies or articles, they only focus on “SOEs” but neglect the two other formal “SOE categories” which are financial SOEs (国有金融/中央金融企业) and administrative SOE assets (行政事业性国有资产).

    This is why estimations for “SOE value” may be lost in translations and only partially accurate results can be extrapolated. For the following two sources, one produced by the IMF and the other produced by WSJ, the operative Chinese “SOEs” will be referred to as non-financial SOEs for clarification. Non-Chinese SOEs elsewhere in the world don’t follow these three distinctions.

    In 2018, a study from the IMF found that Non-financial SOEs assets for China as a % of GDP amounted to 180% of GDP. While in 2015, Italy, India, South Korea, Saudi Arabia and Norway’s SOEs did not rise above 50% [6]. According to WSJ, the value of French SOE assets in 2008 as a % of GDP amounted to 686 billion USD, which is 28% of GDP. In the same year, Chinese Non-financial SOEs were 6 trillion USD, or 133% of GDP [7].

    In 2010, 94% of all assets held by the top 150 companies were controlled by the state, which represented 41.2% of all corporate assets in China, out of the total of roughly 5 million registered companies [8]. In 2012, the total assets held by the State sector in China amounted to 55.78% or 53% depending on the estimate used [9]. However, in comparison with European nations during the same year (elaborated by the figure below), the total assets of Eastern European nations (largely former Eastern Bloc) held by the state sector were around 13%. For the Netherlands, Italy, Spain, France, Belgium and Portugal, it was around 4.60%. For Ireland and the UK, even less than that number. For Austria and Germany, around 10.79%. For Scandinavia, it was 6.02%. [10]

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fb2ac533e-0080-447b-bca0-62bd5909d301_527x535
    Legal origin and SOE shares at country level. [10] Note: “German” - AT, DE; “French” - BE, ES, FR, IT, NL, PT; “Scandinavian” - DK, FI, NO, SE; and “Socialist” - BG, CZ, EE, HR, HU, LT, LV, PL, RO, RU, SI, SK, UA.

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fd3ad1300-1636-436b-9e42-a8358b153c01_953x454
    Chart showing the assets of China’s 150 largest firms in 2010 [8]. CSOEs (discussed below) and “State” fall under jurisdiction of the State.



    In 2022, the total value of SOE assets as a percentage of GDP amounted to 608%, of which ¥109.4 trillion or 90.4% of GDP was held by all 97 Central State Owned Enterprises (CSOEs), controlled directly by the SASAC (more on that later). And non-financial SOEs held 339.5 trillion, which accounts for 280.5% of GDP [11]. In comparison to the largest 500 private enterprises in the same year, their amassed assets held ¥41.64 trillion RMB, of which represents only 34.4% of GDP, which is dwarfed by the amount held by the 97 CSOEs [12]. In regard to share of total assets, SOEs own 60% of China's total assets as of 2021 [13]. Note, RMB (Renminbi) is more commonly known as Chinese Yuan (¥). Second note, a CSOE is an SOE directly controlled by the Central Government.

    In 2019 there were 3,777 listed companies on the public stock exchanges in Shanghai and Shenzhen, of which you need an operating income of ¥100 million RMB per year to even be available for listing, cumulative over the course of 3 years. Out of total assets, SOEs held 98% in the Telecommunications sector, 95% in the airline sector, 94% in the infrastructure sector and more than 93% in the utilities and energy sector. In the industry sector 74%, in the materials sector, more than 63% and in automobiles, more than 62%. [14]

    In 2023, out of a total of 4,763 listed companies, of which 1,300 are formally classified as SOEs. They make up 27% of the total enterprises, but capture 69% of the market revenue and 77% of the total profits. Most leading listed companies across key industries, including but not limited to banks, insurance, brokerage, oil & gas, chemicals, coal, power, telecom, construction, Chinese medicine and liquor, are all SOEs. [15]

    Furthermore, the amount of private involvement is exaggerated. As of the end of 2017, there are only 17 private-owned banks among 4,532 financial institutions classified as the banking industry. The number of people employed by these 17 private-owned banks only accounts for 0.1% of all banking staff. For example, in 1997, POEs (Privately Owned Enterprises) in the industrial sector accounted for only 6.5% by number, and this figure has increased to 57.7% in 2017. However in 2000, POEs in the industrial sector accounted for only 3.1% by the size of assets, and this figure peaked at around 22% in 2013, stagnating to a slight decline by 2017 of 21.6%. [16]


    Examples of Dominant SOEs

    Now that the persistence of SOEs in the modern Chinese economy has been established via statistical evidence, I want to provide some empirical evidence, some examples that could be used or shared in future for reference. Circling back to the point about “key sectors” of which SOEs must dominate, below are a few examples of the following SOEs that dominate their respective key sectors.

    The power-generating industry in China is dominated by five SOE power-generating company groups: China Huaneng Power Group, China Datang Corporation, China Huadian Corporation, China Guodian Corporation, and China Power Investment Corporation. And the public utilities sector is dominated by the State Grid Corporation of China (SGCC) and China Southern Power Grid Corporation [17]. The telecommunications industry in China is dominated by three SOE telecommunications carriers: China Telecom, China Unicom, and China Mobile [18].

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fd4196155-5747-4b4e-b248-4e6a37f7dec7_1198x752
    China’s Three Gorges Dam - one of the largest dams in the world - is run by the “Three Gorges Dam Corporation”, a state-owned enterprise (SOE). Its subsidiaries include utilities companies such as China Yangtze Power, further illustrating state management of the economy. [Image Courtesy: China Daily]



    The petrochemicals industry is dominated by five SOE company groups: China National Petroleum Corporation, Sinopec, Sinochem, China National Offshore Oil Corporation and Shandong Energy [19]. And the natural gas industry is dominated by five SOEs as well, Sinopec, CNPC, CNOOC, Beijing Enterprises Group and Shenenergy Group [20].

    China Baowu Steel Group Corporation, produces 80% of the auto-sheet metal for use in automobiles, major appliances, airplane fuselages and wings, architecture, and others and 60% of the silicon steel which are used in generators, motors, and transformers. Baowu steel remains to be a global leader in both categories as of 2022 [21].

    The world’s largest producer of rolling stock and locomotives is under one company, the China Railway Rolling Stock Corporation — which is a CSOE — has 90% of the market share for train production [22]. The largest ship producer domestically and worldwide and sole ship producer in China, the Chinese State Shipbuilding Corporation produces 48% of all ships in the world [23].

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fc2de6516-0ad5-4553-b0a4-0e69b6d6f1cd_770x577
    Fifteen destroyers and one aircraft carrier under construction in China’s Jiangnan Shipyard. Jiangnan Shipyard is owned by the aforementioned Chinese State Shipbuilding Corporation, an SOE. [Image Courtesy: Naval News]



    You have China Minmetals, which has 90% of the domestic metallurgical market share [24]. They also hold 90% of the contract value for domestic metallurgical engineering and construction, which is the construction of industrial metal production engineering machines and items [25].

    These are just a few of the prominent examples of the large and dominant SOEs that permeate through China’s domestic market. The more upstream an economic sector is, the more state ownership it will have. This is the general rule of thumb for the state involvement within the domestic economy.


    The Shareholder System

    The State-owned Assets Supervision and Administration Commission of the State Council (SASAC) is an institution directly under the management of the ​State Council. It is an ad-hoc ministerial-level organization directly subordinated to the State Council. The Party Committee of SASAC performs the responsibilities mandated by the Central Committee of the Chinese Communist Party. [26]

    The way ownership is substantiated or demonstrated is through stock ownership. The SASAC owns 100% of the stock of a total of 98 CSOEs. There is a common misconception that companies must be 50% or more, or somehow totally state owned to be in function “state owned” or operate according to party directives. On paper, SOE employment rates and output rates are formally lower than the non-state sector, yet they continue to persist and play a dominant role in the economy.

    How is this possible? Through the shareholder system. One way the CPC maintains functional control over multiple enterprises is through a diverse shareholder system, where one CSOE directly or indirectly controls 100s or 200 enterprises via their own subsidiary system. Lenin notes in his book, Imperialism, the Highest Stage of Capitalism of precisely this phenomenon, although inverted as it is now the state who is the “shareholder”, while he was analyzing the bourgeoisie who were shareholders.

    The head of the concern controls the principal company (literally: the “mother company”); the latter reigns over the subsidiary companies (“daughter companies”) which in their turn control still other subsidiaries (“grandchild companies”), etc. In this way, it is possible with a comparatively small capital to dominate immense spheres of production. Indeed, if holding 50 per cent of the capital is always sufficient to control a company, the head of the concern needs only one million to control eight million in the second subsidiaries. And if this ‘interlocking’ is extended, it is possible with one million to control sixteen million, thirty-two million, etc… As a matter of fact, experience shows that it is sufficient to own 40 percent of the shares of a company in order to direct its affairs, since in practice a certain number of small, scattered shareholders find it impossible to attend general meetings, etc. The “democratization” of the ownership of shares, from which the bourgeois sophists and opportunist so-called “Social-Democrats” expect (or say that they expect) the “democratization of capital,” the strengthening of the role and significance of small scale production, etc., is, in fact, one of the ways of increasing the power of the financial oligarchy.” [27]

    Lenin understood that it was entirely possible for the shareholding system to “increase the power” of the financial oligarchy. But what if, instead of a financial oligarchy sitting at the top of the pillar, it is the Communist Party? Or more specifically, the SASAC.

    Lenin notes in the above quote that owning merely 40% of the shares of a single company is sufficient to direct its affairs. And how “Mother companies” reign supreme over “Daughter companies” and indirectly control “grandchildren” companies. Therefore, it is entirely possible for “1 million to rule over 32 million”. And this is precisely how the SOEs obfuscate their formal state ownership within the Chinese economy while still maintaining de facto control and influence.

    This phenomenon is noted by Derrick Scissors, who is a former Senior Research Fellow at The Heritage Foundation. In 2007, he found that while 100% of state ownership may be “diluted” by division of ownership into different shareholders, of which are non-state, the majority of ownership/controlling shareholder largely trended towards state ownership. This is despite the fact that they might formally be considered non-state owned or sometimes foreign media may even label them private. He says that however, this phenomenon does nothing to change state control. Despite them being listed on foreign stock exchanges, the ultimate control rights remain in the hands of the state. [28]

    No matter their shareholding structure, all national corporations in the sectors that make up the core of the Chinese economy are required by law to be owned or controlled by the state. These sectors include power generation and distribution; oil, coal, petrochemicals, and natural gas; telecommunications; armaments; Aviation and shipping; machinery and automobile production; information technologies; construction; and the production of iron, steel, and nonferrous metals. The railroads, grain distribution, and insurance are also dominated by the state, even if no official edict says so. [28]

    The same is noted by Margaret Pearson who argues that despite the issuing of stocks, these stock issuances are not used for the purpose of wholesale “denationalization” or “privatization” of enterprises, but the intended goal is to rather upgrade and enhance the value of corporate state-owned assets. Even though some firms may have been listed on the stock market, their parent firms or “Mother firms” control rights firmly remain in the hands of the state. [29]

    Stephen Green, a member of the Royal Institute of International Affairs continues to corroborate the claim, making the statement that the way stocks are issued is not for the sake of denationalization of industries, but to support and subsidize SOE restructuring and to prevent private companies from raising capital. [30]

    A research study in 2009 concluded that the “privatization” campaign of China drastically differs from the ones conducted in Eastern Europe, that the sale of shares do not fundamentally alter state control. And that in fact, there has been no meaningful transfer of state control over to private hands. The majority of companies in China have around 66% of their shares being held in state hands. Even if shares can be traded/floated on the market, for the most part, shares will still indefinitely be maintained by state actors. [31]

    In 2014, another study found that China’s domestic market is entirely state dominated. The central government plays every role from issuer, to underwriter, to regulator, to controlling investor and manager of the exchanges. Efforts to simplify domestic arrangements have served only to conceal the fact that the state in its many guises still owns nearly two-thirds of domestically listed company shares. The combination of state monopolies with “Wall Street expertise” and international capital has led to the creation of national companies that represent little more than the incorporation of China's old Soviet-style industrial ministries. [32]

    A 2017 research paper finds that the state appointed nomenklatura working within these large “mother” companies are responsive primarily to the directives of the state instead of minority shareholders within their “daughter” or “granddaughter” firms. The core holding company is the one that coordinates business activity of the “daughter” and “granddaughters”, and these core holding companies are always dominated by state ownership. These business activities are committed in the interest, above all, of state industrial policy, and certainly with a preference for such national policy over what might be in the interest of shareholder wealth maximization for the nongroup, minority shareholders invested in the individual legal person subsidiaries often through the public capital markets. [33]

    From 1990 to 2003, it was found that only around 7% of all listed firms could truly be considered “private”. These companies are allowed to have access to private revenue, but their control rights are strongly within the hands of the state and should therefore be considered state firms. Even though many of these firms are not formally listed as SOEs, they are rather considered to be either joint-venture or shareholding firms instead. [34]


    LLCs/Shareholding Firms

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F50dccdc4-5c92-48e0-826b-1d857b5111bb_1175x1168
    Chart illustrating China’s System of Control over the Commanding Heights of the Economy [35].



    Widespread “privatizations” of small SOEs reduced the total number of SOEs from 250,000 in 1995, to 127,000 in 2005. It is naïve to view the state as simply having divested itself from ownership of the state sector. Virtually all of the figures that scholars and the popular press have picked as evidence of the declining role of the state, relates to the decline in state shares but ignores the rise of institutional shares. [35]

    The transformation of SOEs into share-holding firms took several forms: shareholding cooperatives, jointly owned enterprises, limited liability corporations and limited shareholding corporations. These firms held over 50% of capital assets and generated 35% of national sales. They replaced SOEs as the dominant public sector employers in the interior of the country. These hybrid forms were supposed to operate under hard budget constraints. [35]

    The introduction of stock markets in China appeared to be a capitulation towards “capitalism”. However, in July 2015, a crisis in the stock market revealed the inner contradictions between market pressures and state control as it exposed peculiar features of China's markets. Formally, all the institutions, organizations, administrative and legislative forms that are required to replicate Western stock markets exist. However, all aspects of the capital markets remain owned by some agency of the state. As a consequence, when share prices began to collapse in July 2015, state banks were told to lend US $209bn to the wholly state-owned China's 89 Securities Finance Corp in order to buy stocks. Market volatility was thereby contained by massive state intervention. This means that the fate of listed companies are ultimately determined by budget constraints which are set by the Central Government. [35]

    The widespread underestimation of the influence of state ownership in the economy is not simply a question of misidentifying concealed public ownership relations, but also of understanding the ‘dynamics of control’ exercised by organs of the party and state. [36]

    There is a consistent problem when attempting to identify firms as “state owned”. Many times, functionally state owned firms are listed as “foreign-held” simply because 30% of its shares are owned by a foreign entity, despite the control rights being operated by the state. [37]

    For example, the joint ventures of the Shanghai local government with GM and Volkswagen (Shanghai-GM and Shanghai-VW) are registered as foreign companies, despite the fact that the Shanghai local government holds 50% of each company (Of which is the largest share in the case of Shanghai-VW). [37]

    This can also happen when the company is owned by a holding company registered outside of mainland China. For example, Lenovo and CNOOC (a state-owned oil company) are owned by holding companies registered in Hong Kong and, thus, legally registered as foreign owned in China. Despite the control rights firmly being managed by state hands. [37]

    Second, many state-owned companies, particularly after 1998, are registered as limited-liability or publicly traded companies, despite the controlling stake held by a state-controlled holding company. The Baoshan steel company and Shanghais SAIC Group’s stand-alone car company (SAIC) discussed earlier are examples of publicly listed companies and, thus, registered as share-holding companies but with a controlling stake held by a holding company owned by the Chinese state. [37]

    66% of all firms are directly or indirectly owned by the SASAC. In 2012, the number of “underreported” state firms ran at 50%, of which were being registered as private firms. Meaning that the formal state share of the economy is actually 50% larger. State ownership being defined as 50% or more state ownership. [37]


    Examples of the Shareholder/LLC system at work

    An example of how this works in function will be demonstrated using the example of the company known as Sinopec: a petrochemicals company owned directly by the SASAC and is one of the largest if not the largest petrochemicals company in the world. Sinopec has a monopoly on all downstream hydrocarbons businesses in China. [33]
    A sinopec core company which is 100% wholly owned by the SASAC is the center of the Sinopec group. A majority-controlled subsidiary, department, or affiliated entity would function as a dedicated "finance holding company" necessary for the allocation of funds and finance to and among operations and entities included in the Sinopec Group. Sinopec Group Holding Company - explicitly permitted in its business license to invest in other entities - in turn owns a vast number of only Sinopec business-related subsidiaries, each with a business scope allowing it to operate in a defined sector within the group's larger monopoly or defined geographical areas.

    A majority-controlled subsidiary, department, or affiliated entity would function as a dedicated "finance holding company" necessary for the allocation of funds and finance to and among operations and entities included in the Sinopec Group. Sinopec Group Holding Company, explicitly permitted in its business license to invest in other entities, in turn owns a vast number of only Sinopec business-related subsidiaries, each with a business scope allowing it to operate in a defined sector within the group's larger monopoly or defined geographical areas.

    Those subsidiaries will always show majority equity ownership in the hands of the Sinopec Group Holding Company or one of its controlled subsidiaries, but they can be financed directly by bank loans, minority non-public investment, or the public shareholder markets, domestic or foreign. This Sinopec Group can seek to reorganize a traditional SOE grouping of productive and social assets conducting a petrochemicals business, like in the Shanghai suburbs of Jinshan District into a Sinopec Group Holding Company-controlled company called "Sinopec Shanghai Petrochemical Company Limited," which could complete an initial public offering on the PRC domestic or foreign shareholder markets.

    After the IPO, issuer Sinopec Shanghai Petrochemical Company Limited would still be dominated absolutely by the core holding company (which is the Party-State Ran State-Owned Enterprise of Sinopec) via an 80 percent equity stake and its power to appoint all directors and officers of the listed subsidiary.

    This is how Sinopec controls over hundreds of its own subsidiaries even though a lot of them aren’t formally “owned” or listed as SOEs according to official Chinese statistics.

    An example of how a “foreign listed” company is actually state owned would be the SMIC, otherwise known as the Semiconductor Manufacturing International Corporation. The only reason it is considered “foreign listed/foreign owned” is because 58% of its shares are listed on the Hong Kong stock exchange.

    14.11% of its shares are held by Datang HK which is a wholly-owned subsidiary of Datang Holdings, which in turn is wholly-owned by CICT which is a central state owned enterprises. [38] CICT itself directly holds an additional 0.92% of the total shares, bringing the total amount to 15.03%. 7.80% of shares are held by Xinxin HK, a wholly-owned subsidiary of Xunxin (Shanghai) Investment Co., Ltd., which in turn is wholly-owned by China IC Fund which is a state owned investment fund. An additional 1.61% is held directly by the IC fund. 0.46% is held by Guoxin investment which is a state owned fund. 0.50% is held by a subsidiary of the China construction bank which is a state owned bank. Finally, another 0.43% is held by a subsidiary of the Chinese merchant bank which is a state owned bank as well.

    The total amount of state ownership amounts to 25.83% [39]. The HKSCC share refers to just shares/stock listed on the Hong Kong stock exchange, which does not accurately reflect controlling shares. These shares can be bought by anyone who has access to the Hong Kong stock market. The majority shareholder and the largest shareholders are all state owned enterprises, which are either directly or indirectly connected to the central government with varying layers of connection. Even though the SMIC is not “formally state owned” it is functionally state owned.

    Another even simpler example would be the Mcdonald's China franchise, even though on paper it is a foreign enterprise, bearing the company name/franchise name of “Mcdonald”. The controlling shareholder is a SOE known as CITIC, which holds 52% of the total shares. Making Mcdonalds in China functionally state owned despite being formally a foreign owned company. [40]

    Finally, the last example demonstrates how an LLC can still functionally be a state-owned company even though the formal designation is of a “limited liability company”. Sichuan Changhong Electric is China’s largest television producer and the sole producer of batteries for the Chengdu J-10 “Vigorous Dragon”, a multirole combat aircraft. Even their official shareholders report states the following:

    Sichuan Changhong Electronic Co., Limited (“Sichuan Changhong”), a company incorporated in the PRC with its shares listed on the Shanghai Stock Exchange, has obtained the control over the board of directors of the Company since 2012. Sichuan Changhong Electronics Holding Group Co., Ltd., (“Sichuan Changhong Holding”, a company established in the PRC and wholly-owned by the State-owned Assets Supervision and Administration Commission of the Mianyang city government and one of the Controlling Shareholders) is the single largest shareholder of Sichuan Changhong, which held approximately 23.22% of the entire issued share capital of Sichuan Changhong and has de facto control over the composition of the majority of the board of Sichuan Changhong. [41]

    Below is a chart that goes over the overall ownership structure that makes it easier to visualize.

    https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F50364687-4b41-4292-9aca-2f65c84b2d47_1255x841
    Ownership structure for Sichuan Changhong Electric. Note SASAC at the top. [41]




    Conclusion

    In conclusion, “formal” SOE ownership is deliberately obfuscated and downplayed by Western media despite the large impactful role it continues to play within the Chinese domestic economy. Similarly, “informal” SOE ownership via LLCs, shareholding companies and joint-ventures with foreign enterprises have caused them to be counted as “non-SOEs” despite functionally acting upon state directives. SOEs continue to persist within China’s economy and continue to actively grow in size, scale and scope of economic activities.



    References

    Formal State Ownership
    [1] Jacques, Martin. 2012. When China Rules the World. p. 184.

    Contribution to GDP and Scale of Assets
    [2] Szamosszegi, Andrew, and Cole Kyle. 2011. An Analysis of State-Owned Enterprises and State Capitalism in China. p. 1. www.uscc.gov/sites/default/files/R...adeSOEStudy.pdf.

    [3] Latest Lessons in Bankruptcy of State-Owned Enterprises (SOEs) in China: An interactive structural approach model (ISM) approach. www.hindawi.com/journals/ddns/2022/1109442/.

    [4] State-Owned Enterprises’ Responses to China’s Carbon Neutrality Goals and Implications for Foreign Investors.
    https://gjia.georgetown.edu/2023/02/15/sta...eign-investors/.

    [5] Rise of the ‘shareholding state’: financialization of economic management in China | Socio-Economic Review | Oxford Academic.
    https://academic.oup.com/ser/article-abstr...3/3/603/1670234.

    [6] People’s Republic of China: Selected Issues, Volume 2021, Issue 012, IMF.
    www.elibrary.imf.org/view/journals...cle-A002-en.xml.

    [7] China's 'State Capitalism' Sparks a Global Backlash, WSJ. www.wsj.com/articles/SB10001424052...602731006315198.

    [8] Khoo, Heiko. 2018. Is China still socialist? A Marxist critique of János Kornai’s analysis of China. p. 85-89.
    https://kclpure.kcl.ac.uk/ws/portalfiles/p...757_ethesis.pdf.

    [9] Pei, Changhong, Chunxue Yang, and Xinming Yang. 2019. The Basic Economic System of China. p. 24-25.

    [10] State-Owned Enterprises Across Europe: Stylized Facts from a Large Firm-Level Dataset. p. 17.
    https://kclpure.kcl.ac.uk/ws/portalfiles/p...757_ethesis.pdf.

    [11] Comprehensive report of the State Council on the management of state-owned assets in 2022.
    https://mp.weixin.qq.com/s/nvBGqtx7MuPB8RTC9XT6jA.

    [12] The top 500 Chinese private enterprises in 2022 released a total operating income of 38.32 trillion yuan.
    www.xinhuanet.com/energy/20220907/...2a8fc3b6/c.html.

    [13] SOE reforms key to smooth recovery, ChinaDaily.
    https://archive.ph/44ZmP#selection-403.68-403.79.

    [14] García-Herrero, Alicia, and Gary Ng. 2021. China’s State-Owned Enterprises and Competitive Neutrality. p. 10. www.bruegel.org/sites/default/file.../PC-05-2021.pdf.

    [15] China SOEs – the journey to extract values from their re-rating and revaluation trajectory from Premia Partners.
    https://archive.ph/mMjIq#selection-233.0-236.0.

    [16] Liu, Kerry. 2021. The Rise and Fall of China’s Private Sector: Determinants and Policy Implications. p. 8.
    https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3921568.

    Examples of Dominant SOEs
    [17] Lewis, Joanna I. 2023. Cooperating for the Climate: Learning from International Partnerships in China's Clean Energy Sector. MIT Press. p. 44.

    [18] Telecommunications industry in China, Statista.
    www.statista.com/topics/6577/telec.../#topicOverview.

    [19] The 5 Biggest Chinese Oil Companies, Investopedia.
    https://archive.ph/3POHm#selection-2275.1-2275.36.

    [20] Top 5 Chinese Natural Gas Companies, Investopedia.
    www.investopedia.com/articles/mark...s-companies.asp.

    [21] China Baowu Steel Group Corporation Limited, FitchRatings.
    www.fitchratings.com/research/corp...ited-09-03-2022.

    [22] Chinese rolling stock manufacturers merge to form CRRC Corp, Railway Gazette International.
    www.railwaygazette.com/business/ch...p/40956.article.

    [23] China becoming world’s go-to for shipbuilding after ‘boom of overseas orders’, but global de-risking threatens to rock the boat, South China Morning Post.
    www.scmp.com/economy/global-econom...-threatens-rock.

    [24] Minmetals Holding Corporation, Publication of Offering Circular. p. 14.
    https://www1.hkexnews.hk/listedco/listcone...21042100263.pdf.

    [25] China Minmetals Corporation, FitchRatings.
    www.fitchratings.com/research/corp...tion-16-08-2021.

    The Shareholder System
    [26] About Us, SASAC.
    http://en.sasac.gov.cn/aboutus.html

    [27] Lenin, Vladimir. 1917. “III. Finance Capital and the Financial Oligarchy.” In Imperialism, the Highest Stage of Capitalism. Marxists.org. www.marxists.org/archive/lenin/works/1916/imp-hsc/ch03.htm.

    [28] Liberalization in Reverse, Heritage Foundation.
    www.heritage.org/global-politics/c...ization-reverse.

    [29] Pearson, Margaret. 2005. “The Business of Governing Business in China: Institutions and Norms of the Emerging Regulatory State.” p. 304. www.jstor.org/stable/25054295.

    [30] Non-performing, The Economist.
    https://archive.ph/B5kSb#selection-863.68-863.133.

    [31] Yeung, Horace. 2009. “Non-Tradable Share Reform in China: Marching towards the Berle and Means Corporation?” https://digitalcommons.osgoode.yorku.ca/cg...56&context=clpe.

    [32] Walter, Carl. 2014. “Was Deng Xiaoping Right? An Overview of China's Equity Markets.” p. 18.
    https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/jacf.12075.

    [33] Hawson, Nicholas. 2017. “China’s ‘Corporatization without Privatization’ and the Late 19th Century Roots of a Stubborn Path Dependency”. p. 11.
    https://repository.law.umich.edu/cgi/viewc...ontext=articles.

    [34] Brandt, Loren, and Thomas G Rawski. 2011. China’s Great Economic Transformation. Cambridge University Press. p. 355.

    LLCs/Shareholding Firms
    [35] Khoo, Heiko. 2018. Is China still socialist? A Marxist critique of János Kornai’s analysis of China. p. 89-90.
    https://kclpure.kcl.ac.uk/ws/portalfiles/p...757_ethesis.pdf.

    [36] Szamosszegi, Andrew, and Cole Kyle. 2011. An Analysis of State-Owned Enterprises and State Capitalism in China. p. 25. www.uscc.gov/sites/default/files/R...adeSOEStudy.pdf.

    [37] Hsieh, Chang-Tai, and Zheng Song. 2015. “Grasp the Large, Let Go of the Small: The Transformation of the State Sector in China.” p. 7-8.
    www.brookings.edu/wp-content/uploads/2016/07/2015a_hsieh.pdf.

    Examples of the Shareholder/LLC system at work
    [38] “CICT”, China Govt Services.
    https://govt.chinadaily.com.cn/s/201812/05...ation-cict.html.

    [39] SMIC, “Announcement of 2022 annual results”. p. 96.
    https://www1.hkexnews.hk/listedco/listcone...23032801249.pdf.

    [40] CNN, McDonald’s is investing more in China to tap ‘tremendous opportunity’.
    www.cnn.com/2023/11/21/business/mc...2052%25%20stake.

    [41] Changhong Jiahua Holdings Limited, Annual Report 2020. p. 69
    https://ir.changhongit.com/pub/resource/ap...21042001499.pdf.
  7. .
    Benvenuto! Purtroppo parlo conosco solo l'italiano, l'inglese e il dialetto veneto X)
  8. .

    IL MITO DEL "BOLSCEVISMO GIUDAICO" DISTRUTTO





    Fonte: https://twitter.com/RTSGtm/status/1739426154065391748



    Molti di voi probabilmente hanno familiarità con la diffusa affermazione che circola su Twitter, secondo la quale la rivoluzione bolscevica sarebbe stata ebraica.

    Questa menzogna crolla ad un esame minimo dei fatti.

    Questo thread metterà fine a questa favola una volta per tutte.

    D'ora in poi mostratelo a chiunque ripeta queste affermazioni. Se continuano ad affermarlo, stai certo che ti stanno mentendo di proposito.

    In un recente tweet virale, il "canonista ortodosso" pagano neonazista e noto bugiardo ha insinuato che la maggior parte dei commissari "bolscevichi" erano ebrei.

    Ma in realtà è impossibile. Nel governo rivoluzionario, Trotsky, che fu poi epurato, era l'UNICO ebreo su 17 commissari totali.

    Questo ritardato ha pubblicato la foto di una scuola ebraica a Kharkov con caratteri yiddish, come se anche ogni altra minoranza non avesse i propri caratteri. Puoi mostrare la scrittura araba in qualche scuola dell'Asia centrale: i bolscevichi sono ora islamici?




    SOLO IL 4% DEI COMIMSSARS DELLA CHEKA ERANO EBREI

    Oppure si riferisce ai commissari della Ceka? Tra questi, appena un 4,3% erano ebrei, mentre il 54,3% erano lettoni, che rappresentavano l'1% della popolazione.



    SOPRAPPRESENTAZIONE EBRAICA - INTERAMENTE SPIEGATA DALL'ISTRUZIONE

    Dopo il 1923, la Cheka fu trasformata nell'OGPU, che aveva un disperato bisogno di persone istruite poiché divenne un'organizzazione di intelligence a pieno titolo.

    Nonostante il fatto che quasi il 70% della popolazione ebraica fosse alfabetizzata, rispetto a solo il 40% dei russi, a quel tempo gli ebrei costituivano ancora appena un 15% della leadership dell’OGPU.

    Raggiunsero brevemente oltre il 30% a metà degli anni '30 a causa della carenza di persone istruite (i popoli baltici non si trovavano nel territorio sovietico a causa di Brest-Litvosk, quindi non potevano essere reclutati).

    Ma dopo le Grandi Purghe, con una generazione russa più giovane che prese il sopravvento mentre i livelli di alfabetizzazione e istruzione aumentavano tra la popolazione generale, essi crollarono al 4% della leadership.



    GLI EBREI DOVEVANO RISPETTARE STANDARD PIU' ELEVATI, ERA PIÙ DIFFICILE OTTENERE LA LEADERSHIP PER LORO

    Quando si guardano ancora più da vicino i dati, la nozione di “bolscevismo ebraico” crolla ulteriormente.

    Pur essendo sovrarappresentati rispetto alla loro popolazione, gli ebrei erano soggetti agli standard PIÙ ALTI per essere accettati nella leadership: il 93% di loro aveva un’istruzione secondaria o superiore, rispetto al magro 52% tra russi e lettoni.

    Ciò significa che era MOLTO PIÙ DIFFICILE per gli ebrei raggiungere posizioni di leadership. Dovevano essere ECCEZIONALMENTE meglio istruiti rispetto agli altri.



    SOLO IL 6% DELL’ELITE AL GOVERNO ERA EBREA

    I neonazisti sono estremamente vaghi quando menzionano i "commissari bolscevichi", poiché di solito intendono il governo e il partito. Ecco i fatti:

    Tra i membri a pieno titolo o candidati del Comitato Centrale dal 1917 al 1923, la massima autorità del partito bolscevico, il 17% erano ebrei. Della TOTALE élite dirigente dell’Unione Sovietica, solo il 6% erano ebrei.

    Nel Comitato Esecutivo Centrale del 1929 gli ebrei non costituivano né la maggioranza né la pluralità.







    'BOLSCEVISMO EBRAICO' = RIDICOLO

    Nel governo sovietico in generale, l'idea del “bolscevismo ebraico” o “comunismo ebraico” è semplicemente ridicola.



    GLI EBREI IN MAGGIORANZA – RARA ECCEZIONE, NON LA REGOLA

    Ci sono stati momenti eccezionali in cui gli ebrei hanno avuto per breve tempo la maggioranza nel Politburo – per 3 anni diversi. Ma tenete presente che il Politburo era legato al Comitato Centrale. Dopo il 1926, gli ebrei non costituirono mai più del 10% della leadership del paese.

    *Nell'elenco CC, i numeri con (?) indicano la mancanza di informazioni di base.




    SOLO IL 5% DEI BOLSCEVICHI ERANO EBREI

    Diamo uno sguardo alla composizione complessiva del partito bolscevico stesso. Nel 1922, solo il 5% dei membri del partito erano ebrei.

    “Non meno di altri sei gruppi etnici erano più sovrarappresentati” in base alla dimensione della loro popolazione. Compresi tedeschi e osseti. Confrontali qui con i popoli baltici!



    EBREI: ALTAMENTE URBANIZZATI, ANCORA SOTTORAPPRESENTATI RISPETTO AI LETTONI

    A dire il vero, gli ebrei non erano una presenza del tutto trascurabile nel partito. Tuttavia, come abbiamo dimostrato, nel partito c’era ancora MOLTA più sovrarappresentanza lettone e di altri paesi baltici.

    Inoltre, se si tiene conto del coinvolgimento ebraico nella vita urbana, intellettuale e politica NEL COMPLESSO, notiamo livelli UNIVERSALI di elevata sovrarappresentanza ebraica. E si scopre che i bolscevichi erano tra i partiti meno popolari tra questi ebrei.

    Ovviamente le persone urbanizzate e istruite erano maggiormente rappresentate in posizioni di leadership in quel momento. Non tutti potevano unirsi ai bolscevichi. Erano richiesti livelli avanzati di conoscenza e istruzione sui fondamenti della teoria marxista.

    Nella parte occidentale dell’Impero russo, gli ebrei costituivano fino al 40% della popolazione urbana TOTALE!
    Eppure, troviamo ancora una grande sovrarappresentanza lettone nel partito bolscevico, per ragioni simili:




    NEL POSDR GLI EBREI ERANO PRINCIPALMENTE MENSCEVICHI, NON BOLSCEVICHI

    Se si tiene conto del partito dal quale i bolscevichi si separarono (RSDLP), la favola nazista diventa ancora più ridicola. Al congresso del POSDR del 1907, ad esempio, il 30% dei delegati menscevichi erano ebrei, contro il 10% di quelli bolscevichi.

    Lo stesso Stalin osservò che la “stragrande maggioranza” dei bolscevichi erano grandi russi, rispetto ai menscevichi.





    LENIN ERA EBREO? - NO

    Molti sostengono che Lenin stesso, il fondatore del bolscevismo in primo luogo, fosse presumibilmente per un quarto ebreo. Anche se ciò fosse vero, la stessa "fonte" utilizzata come prova ammette di non essere a conoscenza del fatto.

    Ma in realtà questa affermazione, sebbene diffusa anche tra l’establishment liberale, è dubbia e quasi certamente falsa. Questa tesi deriva da un documento deliberatamente distorto del suo pedigree che, ironicamente, i sionisti hanno raccolto dopo gli anni '90. Perché?

    Perché l’idea che Lenin avesse origini ebraiche era infondata in tutta l’Unione Sovietica. Così i sionisti, cercando di diffamare i sovietici definendoli “antisemiti”, trovarono conveniente allearsi con i neonazisti per diffondere la menzogna secondo cui le autorità sovietiche avrebbero “nascosto” la loro “vera orgine”. I sionisti vedevano questo come una prova del loro essere "antisemiti" e i neonazisti del fatto che fossero loro stessi "ebrei" (lol).

    Leggi di più qui: https://t.co/iKS3VitKWx



    RIVOLUZIONE BOLSCEVICA – RIVOLUZIONE POPULISTA E CONTADINA

    I bolscevichi si distinguevano da tutte le altre fazioni rivoluzionarie perché erano veri difensori dei contadini russi. Pur avendo inizialmente il loro principale nucleo di appoggio nel proletariato di fabbrica, i contadini sarebbero diventati la base più solida ed affidabile del potere sovietico dopo la rivoluzione.

    Lenin si distinse da Trotskij, dai menscevichi e da tutte le altre fazioni nella sua concezione della “dittatura democratica degli operai e dei contadini”. Ciò che lo distingueva era la convinzione che la rivoluzione operaia dovesse essere populista e maggioritaria per natura.

    La rivoluzione bolscevica contribuì ancora di più a cementare la natura populista dei bolscevichi, quando la maggioranza dei socialisti rivoluzionari agrari – la fazione SR di sinistra – fu assorbita nel governo bolscevico.

    Anche il corrotto clero ortodosso si accodò al partito liberale dei Cadetti, temendo l’ira dei contadini guidati dai bolscevichi.

    Senza una solida base di appoggio tra gli strati rurali maggioritari, l’Armata Rossa non avrebbe potuto vincere la guerra civile.

    Pertanto la rivoluzione non avrebbe potuto essere principalmente “ebraica”, poiché gli ebrei erano quasi inesistenti tra i contadini.





    GLI EBREI HANNO SOSTENUTO LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA?

    Risposta breve: no.

    Lo hanno rifiutato a stragrande maggioranza. La “rivoluzione” sostenuta dagli ebrei fu quella di febbraio, e la maggior parte di loro sostenne fermamente il partito liberale dei cadetti, e poi i sionisti. Entrambi i partiti che i bolscevichi bandirono e repressero duramente.

    Nelle prime elezioni “democratiche” in Russia, oltre il 60% degli ebrei votò per i sionisti, mentre il resto votò principalmente per bundisti, cadetti (liberali), menscevichi e SR di destra. Tenete presente che i bolscevichi sciolsero violentemente la stessa Assemblea Costituente, portando TUTTI questi partiti a protestare o addirittura ad unirsi agli eserciti bianchi!




    WALL STREET HA SUPPORTATO I BOLSCEVICHI? OVVIAMENTE NO!

    Pur non essendo direttamente correlati agli ebrei, molti ritardati di destra amano affermare che Wall Street abbia finanziato i bolscevichi. Una confutazione completa di questa menzogna verrà riservata ad un altro thread. Tuttavia, l’affermazione più famosa è che i bolscevichi fossero sostenuti da un banchiere chiamato “Jacob Schiff”. Ogni evidenza contraddice questa bugia: non solo Schiff NON sostenne i bolscevichi, ma sostenne anche i bianchi!

    C'è anche un polverone su "Olaf Aschburg". Aschburg era un piccolo banchiere la cui ideologia era una questione puramente privata e personale, non aveva nulla a che fare con il mondo bancario in generale. Nella migliore delle ipotesi, ha truffato alcuni clienti di Wall Street per denaro e ha dato una piccola somma ai bolscevichi, ma anche in quel caso non ci sono prove a riguardo.

    Aschburg ottenne il permesso di gestire la banca per il commercio estero dell'URSS grazie alla sua esperienza, ma fu licenziato immediatamente uno o due anni dopo per cattiva gestione.

    Oltre a ciò, tutte le affermazioni secondo cui “Wall Street sostiene i bolscevichi” sono scomparse. Inoltre non abbiamo nemmeno bisogno di queste prove. Perché cazzo Wall Street dovrebbe sostenere quelli che hanno annullato tutti i debiti esteri? Solo i ritardati che non capiscono come funzioni la cabala bancaria potrebbero pensare che vogliano cancellare i loro debiti e perdere tutti i loro beni.

    ZERO BUON SENSO!





    EBREI BOLSCEVICHI - ASSIMILATI E PRIVI DI IDENTITÀ EBRAICA

    La totalità dei "rivoluzionari ebrei" proveniva da una generazione che ha rifiutato completamente l'identità ebraica, si è ribellata ai propri genitori e cercava di assimilarsi alla cultura russa. Potrebbero anche essere descritti come “ebrei che odiano se stessi”.

    Trotsky e altri leader “ebrei” erano indifferenti ai pogrom condotti dall’Armata Rossa, anche in privato. Non solo questi “ebrei” erano irreligiosi, ma erano ebrei solo di sangue. Non avevano alcun senso di lealtà tribale ebraica, come evidenziato dal fatto sopra indicato che non erano nemmeno popolari tra gli stessi ebrei.

    Questi "ebrei" erano personalità in gran parte eccentriche, e senza dubbio la loro educazione culturale intensiva e il loro spirito avventuroso erano un fattore enorme sia nel loro fascino che nella capacità di avere alcuni ruoli di rilievo nel partito.

    Ma non rappresentavano il “potere ebraico” in alcun senso significativo, evidenziato dal fatto che rifiutavano totalmente il proprio lignaggio.




    I SIONISTI COMBATTERONO PER L'ESERCITO BIANCO CONTRORIVOLUZIONARIO, E SONO STATI FUCILIATI DALLA CHEKA

    Uno dei leader sionisti più importanti in Russia, Danlil Pasmanik, non solo sostenne l’esercito bianco, ma sostenne l’ideologia fascista prima ancora che qualcuno sapesse chi fosse Hitler! La “Destra BASATA” che vuole proteggere l’Occidente dal bolscevismo, giusto cari anticomunisti?!!!111

    Ancora meglio, l’ufficiale bianco “BASATO”, Anton Denikin, ha elogiato l’“attività eroica” degli “ufficiali ebrei che hanno combattuto altruisticamente contro i profanatori della Russia” nelle sue stesse memorie.

    Nel frattempo, i “commissari ebrei” (lol) della Cheka radunarono e fucilarono i sionisti per attività controrivoluzionaria.

    La propaganda bolscevica era AGGRESSIVAMENTE ANTISIONISTA, accusando il capitale “anglo-ebraico” di schiavizzare gli arabi in Palestina.






    LO ZAR RUSSO DIPENDEVA DAL CAPITALE EBRAICO, COME I BIANCHI
    Il quadro diventa ancora più sorprendente se si considera che sotto il “BASATISSIMO ZAR RUSSO” Nicola II, l'economia industriale della Russia dipendeva fortemente dal “capitale ebraico”, secondo lo stesso ministro delle finanze. La situazione era così grave che i ministri del governo provvisorio ammisero che senza di essa non vi sarebbero né il commercio né l’industria.

    Scopriamo che alcuni dei PRIMI FINANZIAMENTI per l'Armata Bianca provenivano dalla BORGHESIA EBRAICA. A Tomsk, i capitalisti ebrei hanno speso DIVERSI MILIONI di rubli per sostenere i bianchi!

    Che cavolo, giusto Orthobros?

    I capitalisti ebrei, COME TUTTI i capitalisti, volevano proteggere la loro posizione contro i bolscevichi, che industrializzarono il paese in un modo che mise al potere la MAGGIORANZA contadina russa.

    Pertanto, molti capitalisti ebrei hanno sostenuto l’Armata Bianca “BASATA”!





    SE GLI EBREI ERANO DIETRO LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA, PERCHÉ I “BANCHIERI EBREI” INVIARONO TRUPPE PER SOFFOCARLA?

    I ragionamenti dei ritardati neonazisti lasciano perplessi. Da un lato, lasciano intendere che dietro la rivoluzione bolscevica vi fossero gli ebrei. Dall’altra, sostengono che gli ebrei controllassero l’Intesa e iniziarono la Prima Guerra Mondiale. Cosa vuol dire?

    Lo stesso governo britannico che diede a Rothschild la dichiarazione Balfour, fu la prima potenza a lottare contro il bolscevismo durante la guerra civile, e la più grande sostenitrice della controrivoluzione Bianca.

    Tutti i governi alleati, compresi gli Stati Uniti, invasero la Russia. Puoi affermare che gli ebrei gestiscano le banche o che controllino i bolscevichi, ma non puoi sostenere le due cose contemporaneamente quando gli stessi banchieri ordinarono ai loro governi di attaccare i bolscevichi e fornire armi ai loro nemici.

    È anche dannatamente stupido se si considera il fatto fondamentale che i bolscevichi azzerarono tutti i debiti esteri e i debiti in generale, liquidando tutte le banche private. COME sarebbe stato vantaggioso per i presunti 'banchieri ebrei?' Il mondo potrebbe non saperlo mai.



    IL 'GIUDEO-BOLSCEVISMO:' PROPAGANDA PERFETTA

    Date tutte queste prove scioccanti, e il fatto che MAI nella storia del bolscevismo gli ebrei sono stati la maggioranza della leadership totale, da dove viene questa accusa?

    È semplice. I bolscevichi erano un partito populista, maggioritario e vicino ai contadini. Le popolazioni a cui si rivolgevano avevano delle tendenze antisemite, poiché associavano gli ebrei alla piccola usura (agli ebrei era vietato possedere terre, questa era una delle professioni).

    Uno dei motivi per cui la presenza ebrea tra i bolscevichi sia stata così gonfiata è perché un'enorme percentuale dei sostenitori dei bolscevichi nutriva sentimenti antisemiti. Serviva come propaganda per sfruttare le tensioni tra i loro ranghi.

    I bolscevichi erano un'unità coesa. Avevano bisogno di ogni uomo che potevano avere. Avevano bisogno di specialisti, ingegneri, medici, ufficiali, di tutto. Favorire la divisione fu molto dannoso per le operazioni dell’Armata Rossa.

    Alcuni pogrom furono condotti addirittura dagli stessi soldati dell'Armata Rossa. Sebbene questi non siano stati incoraggiati dalla leadership, che ha mantenuto una posizione di principio sulla questione e si è opposta a tutti i pogrom. Ma ahimè, semplicemente non avevano il controllo.





    SOTTO I BOLSCEVICHI LE POSIZIONI'ANTISEMITE' ERANO PUNIBILI CON LA MORTE?

    Il bugiardo pagano neonazista @ocanonist ha pubblicato un altro tweet virale in cui afferma che “ai sensi dell’articolo 58 del codice penale sovietico” l’antisemitismo era punibile con la morte.

    Puoi leggere l'intero articolo 58 del codice penale della RSFSR del 1934 qui. NESSUNA MENZIONE dell'antisemitismo!

    L'affermazione trae origine da una risposta inviata da Stalin alla Jewish News Agency, che sollevava preoccupazioni sull'antisemitismo sovietico. Stalin affermò che gli antisemiti attivi erano passibili della pena di morte. Ma cosa intendeva per attivo?

    Intendeva POGROMISTI, cioè persone che commettono atti di violenza di massa contro gli ebrei, cosa molto comune durante la guerra civile.

    Non solo gli ebrei, ma tutto il popolo sovietico era protetto da ogni violenza. Pertanto gli ebrei non erano menzionati nel codice penale e non erano considerati speciali.

    In URSS, “antisemitismo” non significava avere pregiudizi. In privato, Stalin coltivava anche pregiudizi sugli ebrei. Significava partecipare ai pogrom.

    Articolo 58 qui: www.cyberussr.com/rus/uk58-e.html


    GLI STESSI BOLSCEVICHI FURONO ACCUSATI DI ANTISEMITISMO

    Alla vigilia della stessa Rivoluzione d’Ottobre, TUTTI GLI ALTRI partiti di sinistra accusarono i bolscevichi di demagogia antisemita. SUONA FAMILIARE? Questo è ciò di cui questi stronzi ci accusano anche oggi.

    Erano visti come antisemiti a causa del loro orientamento populista, che favoriva gli strati rurali rispetto alla popolazione più istruita e urbanizzata in generale.

    La leadership bolscevica aveva una posizione di principio contro l’antisemitismo. Ma a differenza della “sinistra” di oggi, perdonavano i sentimenti antisemiti tra i suoi sostenitori, vedendoli come il risultato di una mancanza di istruzione.

    Essere "cancellati" e essere definiti "antisemiti" non ha scoraggiato il loro orientamento populista, ma sono andati avanti, difendendo la causa delle masse contro TUTTA la borghesia, compresa quella ebraica.

    Ma curiosamente, i neonazisti oggi individuano solo i capitalisti ebrei? 🤔 Mi chiedo chi ne tragga vantaggio...




    IL MITO DEL “GIUDEO-BOLSCEVISMO” RISPLENDE

    Come è possibile che questo meme si sia amplificato così facilmente di recente? Con l'ascesa di un comunismo autentico e populista, simile a quello degli stessi bolscevichi, che guadagna terreno tra persone provenienti da tutto lo spettro politico, l'amplificazione di questo "meme" è sospetta se si tiene conto del fatto che sia sostenuto da neanche mezzo grammo di verità.

    Guarda quanto sono ridicoli e ritardati questi "meme". Quando ci si rende conto di quanto sia deliberatamente falsificato, non si può fare a meno di avere l'impressione che si tratti di una specie di fottuto scherzo.

    Ma ciò è pienamente coerente con il fatto che i federali preferiscano che sia il neonazismo a guadagnare popolarità, rispetto al comunismo populista in stile bolscevico.

    Il che ha senso, se si considera che l’intero fottuto governo federale degli Stati Uniti è stato utilizzato come arma contro il comunismo interno per quasi un secolo.



    CONCLUSIONE: IL “GIUDEO-BOLSCEVISMO” È UNA CAZZATA TOTALE

    L'affermazione secondo la quale dietro i bolscevichi vi fossero gli "ebrei" ignora completamente circostanze e fatti attraverso i quali i bolscevichi arrivarono al potere.

    Sebbene gli ebrei avessero una presenza relativamente sproporzionata tra i bolscevichi rispetto alla loro popolazione, ciò non era dovuto al fatto che fossero ebrei, ma perché essi, come i lettoni che erano ancora più sovrarappresentati, avevano tassi di alfabetizzazione e di istruzione pro capite più elevati, essendo per lo più urbanizzati, professionisti e appartenenti alla classe media.

    E anche allora, il bolscevismo si è distinto dagli altri partiti marxisti per il fatto di avere molta meno rappresentanza ebraica. Il fatto che i bolscevichi abbiano guidato la rivoluzione dimostra che la rivoluzione non è stata “ebraica”. E' stata una rivoluzione popolare sostenuta dalla stragrande maggioranza.

    Vediamo inoltre che la rappresentanza ebraica nel governo sovietico è crollata completamente dopo le Grandi Purghe di Stalin, il che avrebbe dovuto seppellire per sempre questo stupido meme.

    Ma ciò non impedì ai bugiardi nazisti di continuare a MENTIRE CONSAPEVOLMENTE e di affermare ancora che gli ebrei controllassero il governo sovietico. Questa era pura propaganda di guerra senza alcun fondamento, intesa a giustificare il loro progetto coloniale di stupro, saccheggio e massacro contro il popolo sovietico.

    La propaganda nazista è il principale motivo per cui oggi le persone pensano che "il comunismo mondiale sia ebraico". Non ha alcun fondamento nella realtà, soprattutto dopo il 1939.

    I neonazisti sono la ragione per cui questa menzogna ha cominciato a riemergere e, dopo un esame accurato, crolla. Vigila su tutto ciò che dicono questi BUGIARDI.



    THIS THREAD WAS BROUGHT TO YOU BY INFRARED AND RTSG Thank you to

    @volkvulture1

    @Infrahaz

    @REVMAXXING

    @Iran_Analyst

    @Mammothologist

    @AngelicReforms

    Edited by Armadillo - 18/2/2024, 15:36
  9. .

    PRIMO DISCORSO ALLA CONFERENZA DEI SEGRETARI
    DEI COMITATI DI PARTITO DELLE PROVINCE, DELLE
    MUNICIPALITÀ E DELLE REGIONI AUTONOME
    (18 gennaio 1957)




    In questa conferenza verranno discussi essenzialmente tre problemi: il problema delle tendenze ideologiche, quello dell’agricoltura e quello economico. Oggi dirò qualcosa sul problema delle tendenze ideologiche.
    Dobbiamo prendere in pugno il problema delle tendenze ideologiche, cosa che tratterò per prima. Nelle tendenze ideologiche del partito e della società oggi esistono problemi che meritano particolare attenzione. Uno di questi viene dalle nostre file. Oggi ad esempio ci sono dei quadri che cercano onori e vantaggi e non mirano ad altro che al proprio interesse. Durante le valutazioni per i passaggi di categoria, ci sono stati casi di persone promosse di un grado che non erano soddisfatte, persino una promozione di due gradi non sarebbe bastata e sarebbero ancora rimaste a letto a piagnucolare; forse ci sarebbe voluta una promozione di tre gradi per farle alzare dal letto. Piantando queste grane, hanno trovato una soluzione al problema: macché valutazioni per passaggi di categoria! D’ora in poi non si faranno più, i salari saranno grossomodo uguali, al massimo con qualche lieve differenziazione. In passato, ci fu un primo ministro del governo dei signori della guerra del nord, di nome Tang Shao-yi, che in seguito divenne presidente del distretto di Chungshan, nel Kwangtung. Se nella vecchia società un primo ministro poteva diventare capo di un distretto, perché mai non potrebbero farlo i nostri ministri? A mio avviso, quelli che si agitano per essere promossi di grado e che accettano solo di salire e non di scendere, su questo punto valgono meno di quel vecchio burocrate. Essi non fanno a gara per lo stile di vita semplice, per lavorare di più e godere meno vantaggi, ma per il lusso, il grado e la posizione. Concezioni di questo tipo hanno preso largamente piede nel partito e ciò merita la nostra attenzione.


    La cooperazione in agricoltura ha buone prospettive o no? Che cosa è meglio, le cooperative o la gestione individuale? Anche questo problema è stato riproposto di nuovo. L’anno scorso il problema non è stato sollevato nelle località che hanno avuto un buon raccolto e nemmeno in quelle colpite da gravi calamità naturali; ma è stato sollevato solo dalle cooperative che hanno avuto calamità naturali, ma non gravi, o da quelle che hanno avuto raccolti non abbondanti. In queste cooperative il valore dei punti lavoro1 è risultato inferiore rispetto a quanto era stato promesso in precedenza e i redditi dei membri non sono aumentati ma addirittura sono diminuiti. Di conseguenza sono sorte le questioni: “Le cooperative sono ancora valide? Devono esserci o no?”. Questi commenti hanno trovato un’eco anche tra alcuni quadri del partito. Alcuni quadri hanno detto che le cooperative non presentano alcuna superiorità rispetto alla gestione individuale. Alcuni ministri sono andati in campagna a dare un’occhiata e al ritorno a Pechino hanno diffuso voci allarmistiche, dicendo che i contadini sono privi di entusiasmo e che non lavorano con slancio, come se le cooperative ormai si avviassero verso il crollo e la scomparsa. Alcuni direttori di cooperative non riuscivano più ad alzare la testa perché erano attaccati da ogni parte ed erano criticati dai superiori e sui giornali. Alcuni responsabili dei dipartimenti di propaganda dei comitati di partito non osavano far propaganda sulla superiorità delle cooperative. Liao Lu-yen, ministro dell’agricoltura e viceresponsabile del dipartimento del lavoro rurale del Comitato centrale, dice che anche lui si sentiva demoralizzato, che come lui erano demoralizzati anche i quadri responsabili da lui dipendenti, che le cooperative non funzionavano più e che il programma di sviluppo dell’agricoltura in quaranta punti non era più valido. Che fare con una persona che è demoralizzata? La cosa è di facile soluzione. Se sei scoraggiato ti si infonde un po’ di coraggio e tutto è a posto. Attualmente sulla stampa la propaganda ha cambiato tono: parla molto della superiorità delle cooperative, se ne dice bene e non male. Andate avanti così per alcuni mesi per infondere un po’ di coraggio. Due anni fa c’è stata la lotta contro la deviazione di destra e l’anno scorso la lotta contro l’“avanzata avventata” si è tradotta in una nuova deviazione di destra. La deviazione di cui parlo è una deviazione di destra sulla questione della rivoluzione socialista e principalmente sulla questione della trasformazione socialista nelle campagne. È particolarmente degno di nota il fatto che tra i nostri quadri si sia sollevato un vento di questo tipo, con le caratteristiche di un tifone. Parecchi dei nostri ministri, viceministri, capi di dipartimento, capi di uffici amministrativi e dei quadri di livello provinciale provengono da famiglie di proprietari terrieri, di contadini ricchi o di contadini medi agiati, in alcuni casi il loro venerabile genitore è un proprietario terriero che è ancora privo del diritto di voto. Quando questi quadri tornano a casa, sentono dai loro familiari discorsi malevoli, che poi si riducono alla conclusione che le cooperative non funzionano e non dureranno.


    I contadini medi agiati sono uno strato oscillante, adesso la tendenza alla gestione individuale sta riprendendo piede tra di loro e alcuni di loro vorrebbero ritirarsi dalle cooperative. Il vento che spira tra i nostri quadri riflette proprio le concezioni di queste classi e di questi strati sociali. La cooperazione avrà senz’altro successo, ma non può avere un successo completo in uno o due anni. Questo va spiegato chiaramente ai compagni del partito, del governo, dell’esercito e delle organizzazioni di massa. Le cooperative hanno una storia molto breve, la grande maggioranza ha appena un anno, un anno e mezzo di vita e l’esperienza è ancora scarsa. Se sbagliano ancora anche quelli che hanno fatto la rivoluzione per tutta la loro vita, come si può pretendere che non commetta il minimo errore chi è impegnato in un lavoro da appena un anno o un anno e mezzo? Se al minimo accenno di burrasca si pensa che le cooperative non funzionano, questo di per sé è già un grosso errore. In realtà la maggioranza delle cooperative sono gestite bene o abbastanza bene. Basta prendere una di queste cooperative che funzionano bene per rintuzzare tutti i giudizi strampalati contrari alla cooperazione. Infatti se quella cooperativa è riuscita a funzionare, perché le altre non dovrebbero riuscirvi? Se quella ha dimostrato la superiorità della cooperazione, perché non potrebbero farlo anche le altre? Dovreste dare grande pubblicità a queste esperienze in tutti i posti. In ciascuna provincia dovrebbe pur trovarsi almeno un caso di questo genere!
    Prendete una cooperativa nelle condizioni peggiori, compresa una terra poco fertile, che in passato produceva poco ed era molto povera; non prendete cooperative che erano già all’inizio in condizioni favorevoli. Naturalmente, non sarebbe male averne un po’ di questi casi modello, ma se riuscite a far funzionare bene anche solo una cooperativa, questa basta per avere vinto. Anche nelle scuole e nelle università sono sorti dei problemi e in diversi posti gli studenti hanno provocato incidenti. In una scuola di Shihchiachuang, per una parte dei diplomati non erano temporaneamente disponibili posti di lavoro, per cui i corsi sono stati prolungati di un anno, provocando il malcontento degli studenti. Un pugno di controrivoluzionari ha approfittato della situazione per sobillare la gente, ha organizzato una manifestazione e ha minacciato di occupare la stazione radio della
    città e di proclamare l’avvento di una situazione tipo Ungheria. Hanno affisso molti manifesti il più spinto dei quali portava tre parole d’ordine: “Abbasso il fascismo!”, “Vogliamo la guerra, non la pace!” e “Il socialismo non presenta alcuna superiorità!”. Stando alle loro affermazioni, il partito comunista sarebbe un partito fascista e noialtri dovremmo essere tutti rovesciati. Le loro parole d’ordine erano così reazionarie che non hanno trovato seguito né tra gli operai, né tra i contadini, né tra le masse degli altri ambienti. All’università Tsinghua di Pechino uno studente ha dichiarato pubblicamente: “Un giorno o l’altro il sottoscritto farà fuori qualche migliaio o alcune decine di migliaia di persone!” Con la politica “che cento fiori fioriscano e cento scuole di pensiero gareggino”2 è venuta fuori anche questa “scuola”. Il compagno Teng Hsiao-ping è andato in quella università a fare un discorso e ha detto: “Se tu vuoi far fuori migliaia e decine di migliaia di persone, noi dovremo applicare la dittatura del proletariato”.
    Da un’inchiesta fatta nella municipalità di Pechino risulta che la grande maggioranza degli studenti dei nostri istituti superiori sono figli di proprietari terrieri, di contadini ricchi, di borghesi e di contadini medi agiati; gli studenti provenienti da famiglie di operai o di contadini poveri e medi dello strato inferiore sono meno del 20 per cento. Nel resto del paese le percentuali probabilmente sono più o meno le stesse. Questa situazione deve cambiare, ma la cosa richiede tempo. Tra una parte dei nostri studenti universitari Gomulka riscuote molto successo e anche Tito e Kardelj3. Invece la maggioranza dei proprietari terrieri e dei contadini ricchi nelle campagne, dei capitalisti e dei membri dei partiti democratici nelle città, si sono comportati meglio quando sono scoppiate le tempeste in Polonia e in Ungheria; questi elementi non hanno né cercato di provocare disordini né si sono fatti avanti a dire che avrebbero ucciso migliaia o decine di migliaia di persone. Ma questo loro comportamento va analizzato. Essi non hanno infatti alcun credito, gli operai, i contadini poveri e i contadini medi dello strato inferiore non danno loro retta, sotto i loro piedi c’è il vuoto. Ma se succedesse qualcosa come ad esempio lo scoppio di una bomba atomica a Pechino e a Shanghai, questa gente manterrebbe lo stesso atteggiamento? Non potete essere sicuri che non cambierebbero. In quel caso si avrebbero nuovi schieramenti tra i proprietari terrieri, i contadini ricchi, la borghesia e i membri dei partiti democratici. È gente navigata, molti di loro per adesso si tengono in disparte. I loro figli, questi studenti bambocci, non hanno esperienza e sono loro che si sono fatti avanti con affermazioni tipo “far fuori migliaia o decine di migliaia di persone” e “il socialismo non presenta alcuna superiorità”.

    Anche tra alcuni professori universitari circolano giudizi strampalati di ogni sorta, del tipo “bisogna farla finita col partito comunista”, “il partito comunista non può dirigere noi”, “il socialismo non va bene”, e altre cose del genere. Queste idee prima le tenevano per sé; con la politica di lasciare che cento scuole di pensiero gareggino li abbiamo lasciati parlare e così quei giudizi sono venuti fuori. Avete visto il film La vita di Wu Hsun? Nel film si vede un pennello, lungo diversi metri, che simboleggia “l’uomo di cultura”: usato come scopa doveva essere terribile! Quei professori adesso si accingono a scendere in campo, forse con l’intenzione
    di spazzarci via. Non stanno di fatto tentando una restaurazione? Nel corso dell’anno passato sono scoppiate diverse tempeste in campo internazionale. Al ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica
    è stato lanciato un grande attacco contro Stalin. Successivamente l’imperialismo ha scatenato due grosse ondate anticomuniste e nel movimento comunista internazionale ci sono stati due grandi e tempestosi dibattiti. In mezzo a tutte queste tempeste alcuni partiti comunisti dell’Europa e dell’America hanno subito ripercussioni e danni abbastanza rilevanti, mentre nei partiti comunisti dell’Estremo Oriente le ripercussioni e i danni sono stati inferiori. Al ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica alcune persone che in passato erano
    state oltremodo zelanti nel sostenere Stalin, si sono messe ad attaccarlo con altrettanto zelo. A mio parere questa gente non bada al marxismo-leninismo, non analizza i problemi ed è anche priva di morale rivoluzionaria. Il marxismoleninismo comprende anche la morale rivoluzionaria del proletariato. Se in passato avete tanto appoggiato Stalin, ora dovete pur fornire qualche motivo che giustifichi questa svolta! Invece non date alcuna ragione di questo improvviso voltafaccia, come se in passato non aveste mai appoggiato Stalin, mentre in realtà
    lo appoggiavate in pieno. La questione di Stalin riguarda tutto il movimento comunista internazionale e coinvolge i partiti comunisti di tutti i paesi. La stragrande maggioranza dei quadri del nostro partito sono rimasti scontenti del ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica e ritengono che nella critica a Stalin abbia passato il segno. Questo stato d’animo e questa reazione sono normali. Ma c’è anche una minoranza che ha cominciato a vacillare. Quando sta per sopraggiungere un tifone, prima che cominci a piovere le formiche escono dai loro nidi, hanno un “fiuto” molto sensibile e si intendono di metereologia. Il tifone suscitato dal ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica quasi non aveva ancora incominciato a spirare che anche in Cina un certo numero di formiche sono uscite dal nido. Si tratta degli elementi oscillanti in seno al partito, che assumono questo atteggiamento oscillante alla minima occasione. Come hanno saputo che Stalin veniva attaccato senza pietà, si sono sentiti benissimo e sono passati all’altra parte gridando “Evviva!” e
    proclamando che Kruscev aveva perfettamente ragione in tutto e che loro già in passato avevano sostenuto le stesse cose. In seguito, quando l’imperialismo inferse alcuni colpi e alcuni altri arrivarono dall’interno del movimento comunista internazionale, persino Kruscev fu costretto a mutare un po’ il tono e questi elementi sono di nuovo passati da questa parte. Di fronte a una corrente irrefrenabile, essi non avevano altra scelta che far marcia indietro: come un ciuffo d’erba sul muro che si piega di qua o di là secondo il vento che tira. Ma il loro vero desiderio era di passare dall’altra parte, non di tornare dalla nostra. È una buona cosa che alcune persone, tanto all’interno che all’esterno del partito, abbiano esaltato gli avvenimenti polacchi e ungheresi! Non aprivano bocca che per parlare di Poznan o dell’Ungheria. Così sono usciti allo scoperto, le formiche sono uscite dal loro nido, tutti gli animali più immondi sono usciti allo scoperto. Questa gente si muoveva al comando della bacchetta di Gomulka: se questi parlava di grande democrazia, anche loro parlavano di grande democrazia. Adesso la situazione è cambiata e sono ammutoliti. Ma il loro vero desiderio è di farsi sentire ancora, non di starsene zitti.

    Come arriva il tifone, gli elementi oscillanti che non sono capaci di resistergli cominciano a oscillare: questa è una legge oggettiva. Consiglio a tutti voi di fare attenzione a questo problema. Vi sono alcuni che, dopo alcune oscillazioni, acquisiscono una certa esperienza e smettono di oscillare. Ma c’è un genere di persone che continuano sempre a oscillare: sono come piantine di riso che, avendo uno stelo sottile, ondeggiano al primo soffio di vento. Il sorgo e il mais si comportano meglio perché hanno gli steli più grossi. Solo i grandi alberi si ergono immobili come rocce. Di tifoni ce n’è ogni anno; anche i tifoni ideologici e politici si scatenano ogni anno, sia all’interno sia in campo internazionale. È un fenomeno naturale della società. Un partito è un tipo di società, una società di tipo politico. La prima categoria delle società politiche è formata dai partiti e dai gruppi politici. Un partito è un’organizzazione di classe. Il Partito comunista cinese è un partito politico proletario, formato essenzialmente da persone di origine operaia o provenienti dai contadini poveri semiproletari. Ma vi sono diversi membri del partito che provengono da famiglie di proprietari terrieri, di contadini ricchi e di capitalisti, o che provengono dai contadini medi agiati e dalla piccola borghesia
    urbana. Tra loro sono in numero considerevole quelli che, sebbene si siano in qualche modo temprati in molti anni di dura lotta, di marxismo ne hanno acquisito poco e dal punto di vista ideologico e spirituale sono come piantine di riso, oscillano al primo soffio di vento.
    Alcuni membri del partito che in passato hanno superato ogni sorta di prove, trovano ora difficoltà a superare le prove del socialismo. Hsueh Hsun è un esempio Primo discorso alla conferenza dei segretari dei comitati di partito delle province tipico in questo senso. Un tempo era vicesegretaria del Comitato di partito della provincia dello Hopei e vicepresidente della stessa provincia. Quando ha incominciato a vacillare? Quando abbiamo iniziato a praticare il monopolio statale dell’acquisto e della vendita dei cereali. Si trattava di una misura importante per realizzare il socialismo ma lei si è mostrata decisamente contraria e si è opposta in ogni modo. Un altro esempio è Meng Yung-chien, vicepresidente della Federazione cinese delle cooperative di approvvigionamento e vendita. Anche lui ha scritto un esposto nel quale si opponeva decisamente al monopolio statale dell’acquisto e della vendita dei cereali. Anche la realizzazione della cooperazione agricola ha suscitato l’opposizione di alcuni esponenti del partito. Per farla breve, nel nostro partito ci sono quadri di livello superiore che hanno oscillato e non riescono a superare la prova del socialismo. Fatti del genere hanno cessato di verificarsi? No. Fra dieci anni, queste persone assumeranno una posizione più salda e avranno veramente fiducia nel socialismo? Non è detto. Forse anche fra dieci anni, se sorgeranno dei problemi, diranno: “Io l’avevo previsto già da tempo”. Verrà distribuito ai compagni presenti un documento che mostra le tendenze
    ideologiche manifestatesi tra alcuni quadri militari. Una parte delle loro opinioni sono fondate, ad esempio quando dicono che i salari di certi quadri sono troppo elevati e che la cosa non è ben vista dai contadini. Ma l’orientamento generale di queste opinioni non è del tutto giusto e la linea fondamentale che esprimono è sbagliata. La politica del partito è criticata perché sarebbe “di sinistra” nelle campagne e di destra nelle città. Per quanto la superficie della Cina si estenda su nove milioni e seicentomila chilometri quadrati, essa è composta unicamente da due settori: le campagne e le città. A sentir loro noi sbaglieremmo in entrambi. Quando definiscono “di sinistra” la nostra politica nelle campagne, essi intendono dire che i redditi dei contadini sono bassi, inferiori a quelli degli operai. Questo è un fenomeno che va analizzato e non bisogna prendere in considerazione solo il reddito. I redditi degli operai in generale sono più alti di quelli dei contadini, ma il valore prodotto dagli operai è superiore e inoltre le spese necessarie alla loro sussistenza sono più elevate. Il miglioramento delle condizioni di vita dei contadini dipende essenzialmente dall’impegno dei contadini stessi per sviluppare la produzione. Il governo, da parte sua, fa molto per aiutare i contadini, costruendo opere idrauliche, concedendo crediti all’agricoltura, ecc. La nostra imposta agraria, compresa quella sulle attività ausiliarie, costituisce circa l’8 per cento del valore globale della produzione contadina e diverse attività ausiliarie non sono soggette a imposte. Lo Stato acquista i cereali a prezzi correnti. Anche nello scambio tra prodotti industriali e prodotti agricoli, il guadagno che lo Stato ottiene dai contadini è molto basso. Da noi non c’è, come in Unione Sovietica, il sistema delle consegne obbligatorie. Nello scambio tra prodotti industriali e prodotti agricoli noi tendiamo a ridurre la forbice dei prezzi e non ad allargarla come i sovietici. La nostra politica è molto diversa da quella praticata in Unione Sovietica. Non si può dire quindi che la nostra politica nelle campagne è “di sinistra”. Alcuni dei quadri superiori del nostro esercito avanzano critiche a favore dei contadini perché sono influenzati dalle osservazioni dei contadini medi agiati, dei contadini ricchi e dei proprietari terrieri che probabilmente hanno udito o durante le loro visite ai familiari o dai familiari venuti a far loro visita. Nella prima metà del 1955, all’interno del partito c’è stato un discreto numero di persone che hanno avanzato lamentele simili, facendo eco a Liang Shu-ming e a gente come lui, come se soltanto loro rappresentassero i contadini e ne conoscessero le sofferenze. Ai loro occhi il nostro Comitato centrale non rappresenta i contadini, così come non li rappresentano né i comitati provinciali di partito né la grande maggioranza dei membri del partito. Da un’inchiesta fatta nel Kiangsu è risultato che, in alcune zone, un 30 per cento dei quadri di distretto, circondario e cantone avevano espresso lamentele in nome dei contadini. Essa mostra anche che la grande maggioranza di questi quadri erano di famiglie piuttosto agiate che avevano delle eccedenze di cereali da vendere. La “sofferenza” di cui parlavano era costituita dall’eccedenza di cereali. Quando dicevano “aiutare i contadini” e “preoccuparsi delle condizioni dei contadini” intendevano in realtà dire rifiutare di vendere allo Stato le eccedenze di cereali. Chi rappresentano in fin dei conti questa gente che
    si lamenta in nome dei contadini? Non le larghe masse contadine, ma una
    minoranza di contadini agiati. Quanto poi all’affermazione che la nostra politica nelle città è di destra, a prima vista la cosa sembra vera: infatti ci siamo occupati dei capitalisti e abbiamo cominciato a pagare loro un tasso di interesse fisso per sette anni4. Dopo sette anni come ci regoleremo? Lo decideremo in base alle condizioni in cui ci troveremo allora. La cosa migliore è lasciare aperto il discorso, vale a dire continuare a dar loro ancora un po’ di interessi fissi. Sborsando un po’ di denaro ci compriamo questa classe a buon prezzo. È una politica che il Comitato centrale ha adottato dopo un’accurata riflessione. I capitalisti, ai quali bisogna aggiungere le personalità democratiche e gli intellettuali che hanno legami con loro, in generale hanno un livello culturale e tecnico abbastanza elevato. Comprandoci questa classe l’abbiamo privata del suo capitale politico e abbiamo chiuso loro la bocca. Il metodo seguito per neutralizzarli consiste nell’offrire loro in cambio del denaro, nel dar loro un impiego e qualcosa da fare. In questa maniera il capitale politico non è in mano loro, ma in mano nostra. Il loro capitale politico dobbiamo espropriarlo fino in fondo e continuare a farlo
    finché gliene sarà rimasta anche una sola briciola. Ecco perché non si può neanche dire che la nostra politica nelle città è di destra.

    La nostra politica nelle campagne è giusta e così quella nelle città. Per questo da noi non possono scoppiare grossi disordini su scala nazionale simili ai fatti di Ungheria. Al massimo si avranno piccoli disordini provocati in questa o quella zona da una minoranza di persone che reclamano la cosiddetta grande democrazia5. Anche la grande democrazia non ha niente di terribile. Su questo punto io la penso diversamente da alcuni di voi che, a quanto pare, ne hanno molta paura. Io dico che, se arriva la grande democrazia, primo, non bisogna averne paura e, secondo, bisogna fare un’analisi, vedere cosa dicono e cosa fanno. Mettendo in pratica la sedicente grande democrazia, i cattivi elementi sicuramente compiranno Primo discorso alla conferenza dei segretari dei comitati di partito delle province azioni sbagliate e diranno cose sbagliate, smascherandosi e isolandosi. “Far fuori qualche migliaio o qualche decina di migliaia di persone” è forse un metodo per risolvere le contraddizioni in seno al popolo? Può ottenere un qualche appoggio da parte della maggioranza? Parole d’ordine del tipo “Abbasso il fascismo!” e “Il socialismo non presenta alcuna superiorità”, non costituiscono un’aperta violazione della nostra Costituzione? Il partito comunista e il potere statale da esso diretto sono rivoluzionari, il socialismo è superiore: queste cose si trovano scritte nella Costituzione e sono riconosciute dal popolo di tutto il paese. + “Vogliamo la guerra, non la pace!”: benissimo, voi fate appello alla guerra! Ma siete solo quattro gatti, pochi uomini privi di ufficiali sperimentati! Questi bambocci sono diventati matti! In quella scuola di Shihchiachuang si è fatta una discussione sulle tre parole d’ordine che ho citato e su settanta delegati solo una decina o poco più le hanno approvate, mentre più di cinquanta si sono detti contrari. In seguito le parole d’ordine sono state di nuovo discusse tra quattromila studenti: nessuno le ha approvate, per cui quella decina di persone sono rimaste isolate. Gli elementi ultrareazionari che avevano formulato quelle parole d’ordine e insistevano nel difenderle erano ancora meno di dieci. Se non avessero messo in pratica la grande democrazia e non avessero affisso quei manifesti dappertutto, non avremmo saputo quali erano le loro intenzioni. Con la grande democrazia hanno mostrato la coda e si sono fatti prendere. I fatti di Ungheria hanno avuto questo di positivo, che hanno attirato fuori dai loro nidi queste formiche cinesi. In Ungheria, la grande democrazia una volta messa in moto ha provocato il crollo del partito, del governo e dell’esercito. In Cina questo non può accadere. Se al primo urto di quattro studentelli partito, governo ed esercito si disintegrassero, vorrebbe dire che noialtri siamo tutti da buttar via. Dunque non bisogna aver paura della grande democrazia. Se scoppiano disordini, sarà più facile incidere i bubboni e questo è un fatto positivo. In passato non abbiamo avuto paura dell’imperialismo e non ne abbiamo neanche adesso. Non abbiamo mai avuto paura di Chiang Kai-shek. Adesso dovremmo avere paura della grande democrazia? Secondo me non dobbiamo averne paura. Se qualcuno si serve della sedicente grande democrazia per combattere il regime socialista e rovesciare la direzione del partito comunista, noi eserciteremo la dittatura del proletariato nei suoi confronti.


    Quanto agli intellettuali, oggi c’è la tendenza a mettere eccessivamente l’accento sulla loro sistemazione trascurando la rieducazione: ci si occupa molto di trovar loro un lavoro e poco di rieducarli. Con l’avvento della politica di lasciare fiorire cento fiori e gareggiare cento scuole di pensiero, si è creata una certa esitazione a trasformare gli intellettuali. Se abbiamo avuto il coraggio di trasformare i capitalisti, perché non dovremmo avere quello di trasformare gli intellettuali e le personalità democratiche? Riguardo alla politica “che cento fiori fioriscano”, a mio avviso è ancora necessario dare via libera alla manifestazione di opinioni. Secondo alcuni compagni dovremmo lasciar sbocciare solo i fiori profumati, ma non lasciar crescere le erbe velenose. Questo modo di vedere dimostra quanto poco abbiano capito l’indirizzo dei cento fiori e delle cento scuole. È ovvio che, parlando in generale, non bisogna dar via libera ai discorsi controrivoluzionari. Ma quando non si presentano per quello che sono, bensì assumendo un aspetto rivoluzionario, la sola cosa da fare è dare loro via libera. Così sarà più facile riconoscere la loro vera natura e combatterli. Nei campi crescono due tipi di piante: i cereali e le erbacce. Queste ultime vanno estirpate ogni anno e anche più volte all’anno. Dire che bisogna lasciar sbocciare solo i fiori profumati e non far crescere le erbe velenose è come pretendere che nei campi crescano solo i cereali e neanche un filo d’erba. Potete anche dirlo, ma chiunque sia stato nei campi sa bene che, se non vengono estirpate, le erbacce continuano a crescere come vogliono. Esse hanno un lato positivo: messe sotto la terra fanno da concime. Dite che sono inutili? Ma una cosa inutile può essere trasformata in cosa
    utile. I contadini ogni anno devono lottare con le erbacce che crescono nei campi: allo stesso modo gli scrittori, gli artisti, i critici, gli insegnanti del nostro partito devono lottare ogni anno con le erbacce che crescono nel campo ideologico. Quando si dice di qualcuno che si è temprato, si intende che ha avuto esperienze di lotta. L’erba cresce e noi la estirpiamo. Questo polo della contraddizione si produce ininterrottamente. Di erbacce ce ne saranno anche tra diecimila anni; dobbiamo dunque prepararci a lottare diecimila anni.


    Per riassumere, l’anno passato è stato un anno denso di avvenimenti: in campo internazionale ci sono state le tempeste suscitate da Kruscev e da Gomulka; all’interno c’è stata una fase molto impetuosa di trasformazione socialista. Anche l’anno in corso sarà denso di avvenimenti, continueranno a venire allo scoperto ogni sorta di idee e spero che i compagni terranno gli occhi ben aperti.



    NOTE
    1. I punti lavoro erano un sistema di calcolo del reddito individuale basato sul lavoro fatto
    dall’individuo e dalla squadra di lavoro in cui era inserito.
    2. “Che cento fiori fioriscano e cento scuole di pensiero gareggino” era una linea lanciata
    nel maggio del 1956 e relativa al rapporto tra intellettuali e Partito comunista cinese.
    3. Wladislaw Gomulka (1905-1982), segretario del Partito comunista polacco dal 1943 al
    1948 e nuovamente dal 1956 al 1970.
    Josip Broz (Tito) (1892-1980), segretario del Partito comunista jugoslavo dal 1937 al
    1970, guidò la resistenza jugoslava al nazifascismo durante la Seconda guerra mondiale.
    Nel 1948 portò la Repubblica federale jugoslava fuori dal campo socialista.
    Eduard Kardelj (1910-1979), dirigente della resistenza jugoslava al nazifascismo, fu
    vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica federale jugoslava dal 1946
    al 1963.
    4. *Il pagamento di interessi a tasso fisso fu una misura decisa dallo Stato nel corso della
    trasformazione socialista dell’industria e del commercio capitalisti per acquisire i mezzi
    di produzione che erano nelle mani della borghesia nazionale. Dopo che nel 1956 le
    imprese capitaliste furono trasformate in imprese miste tra Stato e privati, lo Stato si
    impegnò a pagare per un dato periodo un interesse annuo a tasso fisso sul valore in
    danaro attribuito ai beni dei capitalisti. Questo interesse era in sostanza ancora una
    forma di sfruttamento.
    5. Con l’espressione “grande democrazia” si intende la mobilitazione delle masse in
    grandi assemblee, dibattiti, scioperi, dimostrazioni, lotte. Con l’espressione “piccola
    democrazia” si intende un rapporto autorità-masse basato sulla consultazione, sul tener
    conto delle opinioni, ecc.
  10. .

    COME ‘ASFALTARE’ CHI DIFENDE ISRAELE CON 10 AUTOREVOLI RISPOSTE.
    di PAOLO BARNARD


    www.paolobarnard.info
    Aprile 2015

    Guida imbattibile per distruggere uno per uno gli argomenti usati dai personaggi mediatici asserviti alla menzogna quando difendono il Terrorismo d’Israele e il genocidio dei Palestinesi.
    Scritta a portata di tutti, e con fonti storiche autorevolissime unicamente Occidentali ed ebraiche. Potete memorizzare le risposte, o sbatterle in faccia ai servi d’Israele leggendole.
    PB

    ATTENZIONE: Anti-Sionismo NON significa Antisemitismo. Sionisti = Elite ebrea criminale genocida dominante in Palestina dall'800 a oggi. Semiti sono i normali ebrei e palestinesi, d'Israele, della Palestina o del mondo. Solo gli ignoranti, o i falsari amici dei Sionisti, spacciano un anti-sionista per antisemita.

    1)Difensore d’Israele (di seguito DdI): Prima cosa, i palestinesi hanno sempre odiato gli ebrei che emigravano in Palestina per sfuggire alle persecuzioni europee. Li hanno da subito attaccati.

    Risposta (di seguito R.): Menzogna storica totale. Per tutto il XIX secolo e oltre i palestinesi accolsero l’emigrazione ebraica europea con favore, amicizia ed entusiasmo. Al punto che le
    massime autorità religiose ebraiche d’Europa lo testimoniarono.

    Fonti: Ne cito tre fra le tante: il 16 Luglio del 1947 l’eminente Rabbino Yosef Tzvi Dushinsky testimoniò presso lo Speciale Comitato delle Nazioni Unite sulla Palestina, e le sue parole furono inequivocabili: “Non vi fu mai un momento nell’immigrazione degli ebrei ortodossi europei in Palestina (si riferisce ad epoche precedenti al fenomeno sionista, nda) nel quale gli arabi abbiano opposto resistenza alcuna. Al contrario, quegli ebrei erano i benvenuti per via dei benefici economici e del progresso che ricadevano sugli abitanti locali, che mai temettero di essere sottomessi. Era risaputo che quegli ebrei giungevano solo per motivi religiosi e non ebbero difficoltà a stabilire rapporti di fiducia e di vera amicizia con le comunità locali”. (1)
    Dello stesso tono le parole pronunciate molti anni dopo da un altro Rabbino di grande fama, Baruch Kaplan, noto per essere stato a capo della Beis Yaakov Girls School di Brooklin, ma che passò la giovinezza nella Yeshiva (scuola religiosa) di Hebron in Palestina negli anni ’20: “Gli arabi furono sempre assai amichevoli, e noi ebrei condividemmo la vita con loro a Hebron secondo relazioni di buona amicizia”, dichiarò il Rabbino, che aggiunse anche: “Sono a conoscenza di una lettera del Gran Rabbino del Gerrer Hassidim di allora, il polacco Avraham Mordechai Alter, che riguardava un suo viaggio nella Terra Santa risalente ai tempi in cui si parlava di emigrare laggiù. Lo scopo del suo viaggio fu di capire che tipo di persone erano i palestinesi, così da poter poi dire alla sua gente se andarci o no. Nella lettera egli scrisse che gli arabi erano un popolo amichevole e assai apprezzabile”. (2)

    E poi. Dichiarazione della Commissione Shaw del governo inglese, a proposito delle violenze fra arabi e sionisti nel 1929: “...prima della Grande Guerra (1915-18) gli arabi e gli ebrei vivevano fianco a fianco, se non in amicizia, almeno con tolleranza... negli 80 anni precedenti (epoche precedenti al fenomeno sionista, nda) non ci sono memorie di scontri violenti (fra i due popoli)”.
    (3)

    CONTINUA LEGGENDO IL PDF:
  11. .

    On the Russian Special Military Operation


    Fonte: https://showinfrared.substack.com/p/on-the..._medium=reader2

    https%3A%2F%2Fbucketeer-e05bbc84-baa3-437e-9518-adb32be77984.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F375d6d59-739c-4277-a8a0-20cb0f4d003c_460x307



    For months, you have heard, on the part of the baizuo (Chinese term referring to politically correct Western leftists) ‘Marxist-Leninists’ that ‘patriotic socialism’ is a form of chauvinism comparable to the social chauvinism of the Social Democrats who voted for war credits.

    Each of these online hucksters took turns LARPing Lenin’s indignant and fiery polemicizing against Kautsky and other western social democrats - only directed at ‘patriotic socialists’ such as myself, Caleb Maupin, Jackson Hinkle, Peter Coffin, and others. They accused us of neglecting - among other things - the national question, the chief significance of imperialism for revolutionary strategy as outlined by Lenin, the difference between the ‘nationalism’ of oppressed nations and the ‘nationalism’ of oppressor nations, etc.

    These are all fine phrases and claims. But there is only one way to distinguish an authentic diamond from a fraudulent piece of plastic - and that is pressure. Diamonds are made under pressure, its imitators are destroyed by it. Pressure is what Russian President Vladimir Putin’s announcement of special military operations in Ukraine - and the subsequent fiery storm of panic that erupted on both mainstream and social media - graced our so-called ‘true Marxist-Leninist’ opponents the burden of proving themselves worthy of withstanding.

    The pure contingency of a real world-historical event unfolding before our eyes - that has not yet been consolidated by a discourse, ideology, or narrative - exposes ones true position behind all the phrase-mongering and virtue-signaling. Scratch a ‘Marxist-Leninist’ and you find a liberal. And boy, did Putin’s announcement have claws! Suddenly the posturing of these baizuo ‘MLs’ collapses. We go from a supposedly refined analysis of the relationship between imperialism and the class struggle, to the most rank ultra-left (which is, most inevitably, itself a right-deviation) opportunistic phrase-mongering about the ‘universality of class struggle’ amidst ‘inter-imperialist war.’

    Recent events were a test that separates the frauds from the real-deal. So how did the popular ‘Marxist-Leninist’ influencers fare? Let’s check on Hakim:

    I didn't think I'd need to say this but, war is bad. Very bad.
    Two Capitalist nations are struggling with one another, and those who lose the most are the working class of both. Ukrainians by immediate effects, Russians by sanctions. The oligarchs of both nations? Unaffected.


    ‘Two capitalist nations are struggling with one another.’ Let us put aside the utter fucking stupidity of this description. The left has long went from recognizing capitalism as a mode of production, to a type of moral defect (namely, the phenomena of profiteering). Russia, whose nationalized oil industry is the lynchpin of its entire economy, is called ‘capitalist’ since it has not yet ‘abolished the commodity form’ or instituted ‘nation-wide’ CHAZ.

    That is not to imply Russia is socialist in the sense strictly relevant to a proletarian dictatorship. But simply ‘capitalism’ is not a useful description. ‘Capitalist markets’ in the strict sense are mostly obsolete in the 21st century. This analysis does not betray any understanding of how Russia’s economy works, in what way it is caught in the web of definite global financial institutions, and all geopolitical, et. al implications. Traditional spontaneous, wild and chaotic capitalist production does not prevail in any part of the world.

    Capitalism, or ‘capital,’ in the strictly modern sense of being used as a pathological description of the ‘true essence behind things’ is basically made-up hippie bullshit. ‘Why is all this bad shit happening? It’s capitalism, man, capitalism!’ But capitalism is superfluous. Capital is an epicycle of geopolitical metaphysics. If it is worshipped as a god by Western elites, it is probably worshipped directly, as Moloch or something else. Capital itself is not the essence, the ritual is. Capital determines nothing, since it has been reduced to a global geopolitical-institutional arrangement. An arrangement the forces of world anti-imperialism are blowing to smithereens as we speak.

    Hakim tells us:

    You should already know about revolutionary defeatism. You should already know that this is a war neither working classes have an interest or part in.


    He is alluding to the notion that this is, in fact, an inter-imperialist war, and that the ‘duty of the working class of both countries’ is to oppose 'their respective governments. And only with a little bit of pressure, the ‘Leninist’ part of ‘Marxist-Leninism’ undergoes total surgical mutilation, with flawless operational success. That ultra-left stupidity which neglects the national question, and neglects the significance of anti-imperialism disappears, and we arrive at the view that class struggle has no form, that there is no dialectic of forms, that the form and content of class struggle are one and the same.

    Behold the alchemical transformation of proletarian class struggle:
    One Earth. One class struggle. Nevermind all geopolitical, national, civilizational, et. al contradictions, nevermind contradictions that pertain to forms - there is only one contradiction, namely the class struggle, whose form and content always and directly coincide.

    Let’s just call a spade a fucking spade: Hakim is engaging in a type of bold-faced opportunism. He is trying to say that there is some kind of equivalence between the position of Russia and the United States (and thus by extension NATO, and the Ukrainian government) in the 21st century. His position is a slap in the face of Russian Communists, whose position is not only decidedly behind the Russian government - it is the position of the Russian government, which the Communists already play an extremely significant role in! It only deviates from the government’s position insofar as it is even more radical.

    Russian Communists have long called upon the Russian government to recognize the Donetsk and Lugansk People’s Republics. They themselves had drafted the resolution for the Russian government to recognize them. But instead of sober, respectful analysis of the situation, Hakim has decided to get whipped into a frenzy by the astro-turfed and psychologically-engineered atmosphere of panic and shock across social media. It reminds me (Haz) personally of how all the ‘principled leftists’ responded to the night of Donald Trump’s 2016 election. I never forget that night, and never will.

    It was one of those moments that exposed how full of shit these people are. Sure, months or years later they coped themselves into some kind of ‘sober position.’ But on that night, their naked and ugly liberal selves were exposed in full view. It was an embarrassing orgy of ideological betrayal the ‘radical left’ all mutually agreed to pretend never happened since they were all victim to it. Not me. It never crossed my mind to join in that liberal hysteria. I remember what a fool these ‘radical leftists’ made of themselves on that night with pristine detail.

    I guess Hakim’s opportunism, after being exposed for what it is pathologically, deserves to be dissected theoretically too. When ultra-leftists decide to stake out some relevance amidst any news-worthy event, what they basically do is critique the ideological construction of the subjects involved. They explain that the problem is how the media describes ‘Russians’ and ‘Ukrainians,’ when the true subject is ‘the working class.’

    Who is the working class? What is this working class? What form does it take, what is its actual, substantive reality? Alas, it has none. It is a purely ideological subject - it refers to a social formation defined entirely by its commitment to affirming certain ideological precepts. They aren’t talking about any actual, material class of people within Russia or Ukraine. They are talking about ‘all those who decide to define themselves by my Utopic caricature of humanity, rather than the real thing.’ The real problem with Putin is that he doesn’t agree with my ideology.

    The real problem with all subjects involved is that they are not exhibiting commitment to my ideological precepts. Defining the essence of a subject in terms of their willful conformity to something is called moralism. Western leftists (and Hakim is a western leftist, even if he does live in Iraq - which itself is questionable), ultra-leftists, these are all moralists.

    No serious Marxist-Leninist could ever refer to a ‘working class’ as a geopolitical subject. This is a Trotskyist form of psychopathy that was thoroughly rejected by both Lenin and Stalin. Through decades of experience, it has been proven that the proletariat is an essence of the people as a whole; and that Communists are an orientation within a broader popular front, over which they seek to gain hegemony (rather than premise the terms of). The people, of course, are not global, but specific to a country. The universalism of class struggle is the universality of a shared essence, a shared content, but by no means does this shared essence imply a shared form. Even premodern civilizations could recognize a shared humanity across different forms. That doesn’t make these differences unimportant, or even inessential to the essence itself.

    And further, the proletarian subject is not neatly defined within the ranks of the people (defined against establishments, monopoly capital, imperialism, etc.), - it is rather an aspect, an essence of the people given intelligibility by Communists. That is not to say it is created by Communists from scratch, it is an aspect of the whole people Communists alone can acquire definite scientific consciousness of.

    Such is the dialectic view, held by Lenin and all Communists who followed in his footsteps. It is especially true for Mao, for whom the proletariat were not even geographically or sociologically distinguished from the broad people in any intelligible way at all, but rather existed strictly as a tendency within the peasant mass, a tendency wrought out during the cultural revolution.

    Where does this leave Russian Communists in relation to Russian geopolitics?

    Russia is presently governed by a type of popular front, which is united against American unipolar imperialism. ‘Imperialism’ here, does not simply refer to a ‘bigger bully.’ It refers to a definite system, of a definite web of definite financial institutions, NGO-complexes, trade-relations, currency-regimes, etc. whose socius (or society) is the global establishment, commonly referred to in populist vernacular as ‘the globalists’ or ‘the globalist elite.’ A combination of the rotten vestiges of the British Empire and the postwar American bretton-woods system have produced this ‘elite’ which stands, as a class, as the final culmination of imperialist monopoly capital.

    To speak of a ‘Russian imperialism’ is pure philistinism. There is no real ‘system’ represented by the popular front of Russian sovereignty. The nationalization of Russia’s gas industry has already provided the foundation for an alternative path of economic development. But the truth is, an independent, sovereign Russian ‘system’ has not been established. Russia has, for a long time, remained trapped in a global institutional financial system whose centers are based in London and New York. That is only starting to change with the rise of China, and the emergence of a new, counter-hegemonic global economic system.

    The more Russia fights for its sovereignty, the more it fights for its independence from global American imperialist monopoly capital, the more it is confronted with the question of adopting a new, Russian economic system. Here begin Russia’s competing politico-ideological orientations: From liberals to Communists to technologists, all possess competing visions of Russia’s new beginning. The Communists remain the most powerful counter-hegemonic and anti-imperialist movement within Russia, and they have benefitted from every blow to American imperialism, and every blow to Russia’s reliance on the US-led global financial system.

    Putin’s recent speech, criticizing the policy of Bolsheviks and Soviet Communists, was made in the context of a very fast growing domestic Communist party (which has made great gains among the youth especially, setting to rest the long-held view that it was a party of nostalgic boomers). This has probably intimidated the Russian status quo as a whole. But Putin himself represents no particular interest. He represents no intelligible class, or even state of affairs per se. He is a Russian centrist, who represents the bare minimum of Russian sovereignty under the conditions notwithstanding. But circumstances of a radical break with the West, give way to a powerful vacuum, one that Communists are sure to possess a great role in filling with their alternative and illiberal views about economic development.

    Russian Communists, thus, are critical of Putin because they perceive him as not being anti-Western enough, and as too conciliatory to the globalist elite. In their view he should have done what he is now doing in Ukraine much sooner, actually.

    Hakim makes the mistake of assuming we live in some neatly-defined system where every power has finished business with its own destiny. Thus there is ‘American’ and ‘Russian’ imperialism, thus there is ‘American’ and ‘Russian’ capitalism. But there is no indigenous Russian capitalist system - the extent to which Russia is tied to capitalism, is the extent to which it is tied to globalist monopoly capital and more specifically global financial institutions. Russia, qua Russian sovereignty, that is to the extent that represents an alternate polarity, implies an uncertain future. Putin’s nationalization of the energy industry was the first step in establishing this new polarity.

    So-called ‘Marxist-Leninists’ have not independently rediscovered the essence of the insights of Marx, Lenin, et. al - they are pseudo-intellectual LARPers who fantasize about re-creating the exact scenario in which Lenin arose to world-historical significance. The situation is analogous to the first world war, they tell us, because ‘big powers’ are involved. Such is the brilliance of baizuo ‘Marxism’! Nevermind that the first world war was fought by a common ruling class, tied to common international financial institutions, nevermind that no global system had consolidated itself, nevermind that no equivalence to definite polarities had arisen - when ‘big powers’ fight each other, this is supposedly analogous to the first world war!

    Western ‘Marxist-Leninists’ allege that Russia, upon the fall of the Soviet Union, has returned to its pre-Communist past. Such is their ignorance of basic history. Soviet Communism has made irreversible contributions to the contemporary of Russian civilization, not only culturally, but as it concerns the material, infrastructural and economic foundation of life. The Russian national identity as such remains a continuation of the one rediscovered after the Great Patriotic War, which embraces the multi-ethnic civilization before Peter the Great’s westernizing reforms. Until that point, so-called ‘Russian nationalism’ was nothing more than a fantastic perspective of a long Germanized ruling elite, and was insufficiently distinct from pan-Slavism.

    Even the tamest contemporary Russian conservatism, thus, takes the Soviet contribution to Russian civilization and national identity as its premise. Russian ethno-nationalism, meanwhile, is a pro-Western and liberal phenomena, which is firmly aligned against the current popular front government. In no way can it be said that Russia has returned to its ‘Tsarist past.’ During the days of the Romanov dynasty, Russia continually found itself indebted to foreign banks, and French banks in particular during the 20th century. It was not a sovereign state in the modern sense, it was a comprador state of the international bourgeoisie whose economic interests were enforced through the repressive state apparatus of the gangsterized Russian autocracy.

    The circumstances Russia now finds itself in are entirely unique. Russia is no longer socialist in the Soviet sense, but neither has it returned to the pre-socialist past. It is not simply a ‘capitalist’ state, anymore than China is.

    But is war not a very bad, terrible thing?

    Hakim, like the rest of the baizuo ‘Marxist-Leninist’ frauds, has simply fallen for the astro-turfed propaganda on social and mainstream media. As if this writing, full-scale deployment of Russian troops has not occurred. Civilian infrastructure is barely, if even at all, targeted by Russian attacks. We are nowhere even close to anything like a total war, unless NATO decides to intervene. Is this, ladies and gentlemen, what sobered Marxist analysis looks like in the age of social media? Whip yourself up into a frenzy about the end of the world, and a ‘great war,’ without understanding anything?

    We can’t be surprised, because the entire basis of Baizuo ‘Marxism-Leninism’ lies in this type of sensationalist tailism. Their commitment to wokeness, identity politics, and political correctness stems from the same psychologically-engineered astro-turfing operations, and institutionalized social engineering. The ‘whiff’ of progress, whose detractors are denounced as ‘reactionaries,’ amounts to little more than mass-media legitimation. If CNN is promoting a social agenda, it must be ‘progressive.’ If the mass media is saying something, it must be ‘progressive,’ and one need only add a ‘Marxist’ sounding spin to be ‘revolutionary.’

    If all of reddit has reached a consensus, and have updooted posts to the top of the website, this means the direction of the tide of history has been revealed. This is how these retarded bird-brained ‘Marxist-Leninists’ think. They cannot go against the narrative. They cannot go against the discourse or the consensus. They risk being ostracized, or looking like insane conspiracy theories if they do. When has someone like Hakim ever took a stand against the mainstream consensus of twitter, reddit, or elsewhere? Never!

    Let’s see what the next famous ‘Marxist-Leninist’ breadtuber, whom we have already exposed as a fraud, Luna Oi had to say about the events:

    NO WAR BUT CLASS WAR.

    And with that, we have taken a one-way trip from Hanoi, Vietnam to a Portland, Oregon anarchist squat. I’m sure her American anarchism husband had no part in booking that flight, that would be a very sexist and misogynistic assumption. So, Luna Oi, voicing her entirely independent and indigenous Vietnamese opinion, claims they ‘do not support any war’ and only support ‘class war.’

    Luna, was it a class war, or a national war of liberation that the Viet-Minh waged against France and later America? The irony is hilarious. Here we have an influencer whose entire career has been selling their Vietnamese identity as a source of legitimation of their otherwise indistinguishably American leftist opinions, and yet they express no self-awareness about what has actually given Vietnam significance for Marxism-Leninism in the first place. The Vietnamese war against both South Vietnam and the American occupiers was far more than a ‘class war’ (if it even was at all), it was a popular war of democratic and national-liberation.

    Which is precisely the type of war Russia is waging in Ukraine, not only within the context of liberating the peoples of the Donbass, but the Russian polarity itself on a global ,geopolitical scale. Some may scoff at this view, after all, Russia is much more powerful than Ukraine, and itself is the ‘aggressor.’ This isn’t even true, since Ukraine was the first to cast a stone against the newly recognized Donbass Republics. But even if it was:

    When North Vietnam initially invaded the South, the South was more poorly equipped, and logistically weaker than the North. Did this mean North Vietnam waged a war of aggression against the South, because it was more powerful? No, because imperialism is not defined by differences in power, but geopolitical relationships to a definite international system of monopoly capital.

    It’s sad that I, an American, have to explain the basics of Vietnamese history to illustrate how absurd the Trotskyite and anarchistic claims of Luna Oi, who is allegedly indigenous to Vietnam (but with recent findings on Hakim, who knows these days…) but here we are.

    It’s hard to even believe I have to write this. This is just basic fucking shit. They want to invoke the Zimmerwald Left and Lenin, yet Lenin is known for having railed against those ‘socialists’ who refused to recognize any positional difference between different nations, between oppressor and oppressed, and remarked that:

    This division is not significant from the angle of bourgeois pacifism or the philistine Utopia of peaceful competition among independent nations under capitalism, but it is most significant from the angle of the revolutionary struggle against imperialism.

    Aren’t these the dogmatic ‘Marxist-Leninists’ whose only reading list extends to dogmatically reciting the classics? How is Hakim and Luna Oi’s opportunism not equivalent to the social-democratic posturing about ‘pacifism?’ Did Lenin not decry the ‘pacifists’ for refusing to understand that the revolutionary war is, indeed, not just confined to the class war, but also to national wars of liberation? This is all very basic, primary knowledge of Marxism-Leninism 101.

    But suddenly, we all join hands, and say ‘no war but class war!’ Absolutely disgusting, rank opportunism.

    For our part, we won’t forget this. We will always bring up how the baizuo ‘Marxist-Leninists’ decided to drop all ideological pretenses and become outright bourgeois pacifists the minute they were put under the slightest pressure, by being exposed to an authentic world-historical event in all its shocking, immediate contingency. Don’t forget how these frauds reacted.
    Their credibility as Marxist-Leninists is now indisputably gone.
  12. .

    I “fact-checker” della Cia e l’infiltrazione nei media dei paesi di tutto il mondo


    di Daniele Luttazzi, Il Fatto Quitidiano, 05/04/2023

    Riassunto delle puntate precedenti: ex-agenti Cia, Fbi e Nsa sono stati assunti da Facebook, Twitter, Google, TikTok e Reddit per pilotare il fact-checking e selezionare i feed di notizie mostrati agli utenti. Inoltre, le agenzie di fact-checking di Facebook (anche quella italiana, Open) sono tutte “certificate” dall’Ifcn, ovvero dal Poynter Institute, entrambi finanziati dal Ned, ovvero dalla Cia: quando un loro fact-checker bolla un contenuto come falso, le piattaforme Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp) ne riducono la visibilità; ma i fact-checkers Cia non segnalano la propria attività, né le fake news del governo Usa (il Pentagono impiega migliaia di persone per influenzare l’opinione pubblica online usando falsi profili. Ne scrisse il Guardian: bit.ly/40JM6FC). I social danno alla propaganda Usa un impatto enorme (a Facebook, per esempio, attinge notizie il 30% della popolazione mondiale), e la manipolazione dei fact-checkers Cia minaccia la sicurezza e la sovranità nazionale degli altri Paesi, specie quelli che non si conformano all’agenda di Washington. I piccoli media indipendenti come MintPress, che debunkano i fact-checkers Cia, vengono boicottati dalle piattaforme. Quanto alla stampa, MacLeod aggiunge: “45 anni fa, un’inchiesta di Carl Bernstein svelò che la Cia aveva centinaia di agenti sotto copertura nelle redazioni dei maggiori quotidiani nazionali, incluso il New York Times. La cosa fece scalpore, ma i tempi sono cambiati: non c’è stata nessuna reazione quando l’agenzia di stampa Reuters, nel 2015, assunse Dawn Scalici, che era alla Cia da 33 anni, per ‘migliorare l’abilità della Reuters di andare incontro alle esigenze del governo Usa’”. Come funziona il sistema degli influencer occulti pro-Washington? Basta vedere in che modo gli Usa hanno infiltrato i media in Sudafrica (bit.ly/431rMkf). All’epoca dell’apartheid, gli Usa finanziavano i media sudafricani per contrastare “la forte propaganda marxista”. Quei fondi venivano dal Ned. Gli Usa appoggiavano il regime dell’apartheid, nonostante le sue atrocità, ritenendolo un baluardo contro l’influenza del socialismo sovietico nel continente: temevano, per esempio, le lotte per l’indipendenza in Angola e in Namibia. Oggi il sostegno ai media africani continua in funzione anti-Cina: del network fanno parte il quotidiano Mail & Guardian, che si definisce “il principale giornale indipendente del continente”; il suo settimanale pan-africano su WhatsApp, The Continent; e il “Centro per il Giornalismo Investigativo amaBhungane”, fondato da Sam Sole and Stefaans Brümmer, giornalisti di Mail & Guardian. Il Ned, creato da Reagan come facciata per la Cia, finanziava i mujaheddin in Afhganistan, i gruppi filo-Contras in Nicaragua, Solidarnosc in Polonia e i gruppi anti-marxisti a Grenada; oggi il suo impegno è globale, e sostenuto anche da fondazioni private. Nel 2021 Joe Biden ha lanciato il Fondo Internazionale per i Media di Interesse Pubblico (IFPIM), che finanzia media in Paesi economicamente vulnerabili. Nell’IFPIM sono partner il Ned e la fondazione Luminate di Pierre Omidyar, fondatore di eBay e finanziatore della webzine The Intercept. A capo dei programmi dell’IFPIM c’è Khadija Patel, già capo-redattrice di Mail & Guardian. Un altro sostegno Usa ai media “indipendenti” viene dal Centro di Assistenza per i Media Internazionali (CIMA), dove sono partner il Ned e George Soros, che è anche il proprietario del Mail & Guardian. A loro volta, nel 2017 Soros e Omidyar hanno fondato il Programma di Innovazione dei Media Sudafricani (SAMIP); fra l’altro, finanziano amaBhungane, che si dichiara “strenuamente indipendente”. AmaBhungane ha creato IJ Hub, un network di giornalisti investigativi che ha membri in Lesotho, Namibia, Malawi, Eswatini, Botswana, Zambia e Sudafrica. Suo partner nell’impresa: il Media Institute of Southern Africa (MISA), un’organizzazione finanziata dal Ned.
  13. .

    A proposito della concezione carchiana del multipolarismo


    di Jean-Claude Martini, 12 aprile 2023



    Dall'estate dello scorso anno sino ai giorni nostri, la carovana del (n)PCI e in particolar modo il Partito dei CARC si sono soffermati a più riprese sulla questione del multipolarismo, sulla quale un ampio dibattito si sta dispiegando in seno al movimento comunista italiano: una lotta tra due linee, si potrebbe dire, tra chi ne sostiene la necessità (chi con finalità strategiche, chi con finalità tattiche) e chi lo osteggia e lo combatte in nome della “rivoluzione socialista”. Il (n)PCI, con l'Avviso ai Naviganti 123 del 2 agosto 2022, e il P.CARC, con gli articoli A proposito di Unità Popolare e delle posizioni sul conflitto in Ucraina (11 luglio 2022), Il grande abbaglio del multipolarismo (1 novembre 2022), Multipolarismo: usiamo il marxismo compagni! (28 dicembre 2022), Guerra in Ucraina e ruolo di comunisti e masse popolari in Italia (25 febbraio 2023 – prima risoluzione del VI Congresso), Rovesciare il governo della guerra (5 marzo 2023), Mondo multipolare o nuova ondata mondiale della rivoluzione proletaria (4 aprile 2023) e Ucraina. Piano di pace vs piano di guerra (4 aprile 2023), si sono schierati decisamente con la seconda fazione. Specifichiamo sin da subito che, tra queste due linee, la prima da noi citata rappresenta la sinistra e la seconda, la destra. Dal momento che, dialetticamente, l'uno si divide in due, anche nella linea sinistra convivono una posizione relativamente più avanzata e una relativamente più arretrata: la prima che sottolinea il legame dialettico tra multipolarismo e socialismo e la seconda che effettivamente crede nella possibilità di una transizione pacifica dall'unipolarismo al multipolarismo; nella linea di destra, la posizione relativamente più avanzata è quella di chi privilegia la rivoluzione proletaria al multipolarismo inteso come strategia, mentre quella più arretrata è quella di chi, antidialetticamente, traccia un segno di eguaglianza tra multipolarismo e reazione coi più vari pretesti (“imperialismo russo”, “socialimperialismo cinese”, “opposti imperialismi” ecc.).
    Fatta questa doverosa premessa, va evidenziato come l'aspetto principale della contraddizione consista nel carattere avanzato di chi riconosce, coerentemente con l'esigenza dei tempi, la necessità del multipolarismo quale fase di transizione internazionale al socialismo, nel rispetto delle specificità delle varie condizioni e dei vari contesti nazionali, e l'essenza arretrata di chi contrappone i due fenomeni, multipolarismo e rivoluzione socialista. La concezione di fondo del (n)PCI e del P.CARC, che permea tutti gli articoli che abbiamo sopra menzionato, contrappone forzosamente la parola d'ordine e la tattica della costruzione di un mondo multipolare alla strategia della rivoluzione proletaria e dell'edificazione del socialismo e del comunismo, quasi come se la prima potesse “rubare la scena” alla seconda. Tentando di mascherare con concetti “marxisti” questa loro posizione, essi si scagliano contro chi accusano di sostenere l'idea di una transizione pacifica dall'unipolarismo a trazione americana al multipolarismo. Ma, a un esame più attento della loro critica, si scopre che gli unici rimandi che indicano sono un comunicato congiunto del PCI e del PC Svizzero datato 4 dicembre 2016 (Pace e multipolarismo: per una nuova cooperazione internazionalista), la sintesi del convegno di Foligno del PC, svoltosi il 20 novembre 2022 (Sovranità nazionale e mondo multipolare) e un articolo di Radhika Desai pubblicato su La Città Futura il 26 maggio 2018 (Economia geopolitica: la disciplina del multipolarismo), oltre a una menzione di sfuggita riferita al PC, al PC Portoghese e alla rivista Cumpanis nella prima risoluzione del VI Congresso del P.CARC. Analizzando queste fonti, non si può non evidenziare come prima cosa la sostanziale scorrettezza intellettuale del criticare oggi, nel contesto attuale, le posizioni espresse dal tal partito o dalla tale rivista nel 2016 o nel 2018, in una situazione già allora completamente diversa da quella in cui operiamo adesso. La crisi sanitaria globale e l'Operazione militare speciale russa in Ucraina hanno radicalmente cambiato l'assetto politico, economico, finanziario, militare e geostrategico mondiale: è una realtà oggettiva di cui non si può non tenere conto. Se allora potevano avere, tra chi non ha assimilato la concezione comunista del mondo, un qualche diritto di cittadinanza le opinioni per cui tale transizione potesse avvenire in qualche modo pacificamente, col 24 febbraio 2022 tali illusioni si sono completamente e miseramente sgretolate. Dico “tra chi non ha assimilato la concezione comunista del mondo” perché per ogni marxista degno di questo nome era chiaro, come sempre lo è stato, che la rivoluzione o impedisce la guerra o le mette fine, e che non può esservi alcuna transizione pacifica dal regime capitalista-imperialista al socialismo: è quanto venne affermato dai marxisti-leninisti nella lotta mondiale contro il revisionismo già dagli anni '60, oltre che un principio difeso e riaffermato da Lenin contro gli opportunisti della II Internazionale. Come secondo aspetto, fatti salvi il PCI e il PC Svizzero, in nessuno dei documenti citati dal P.CARC si è affermata la possibilità della realizzazione di una transizione dall'unipolarismo al multipolarismo così concepita. La carovana del (n)PCI, dunque, mette in bocca parole mai dette ad altri organismi per far passare sotto una tinta “rivoluzionaria” e “marxista-leninista-maoista” una concezione che di rivoluzionario e marxista non ha assolutamente nulla, ma che cela anzi l'opportunismo di sinistra nelle vesti che ha assunto nell'epoca attuale.
    Una militante del P.CARC ha scritto, alla fine dell'anno scorso: «Come Partito dei CARC l’abbiamo scritto: alla crisi generale del capitalismo e al declino del mondo unipolare guidato dagli USA, riteniamo che contrapporre il rimedio del mondo multipolare e immaginare quindi un sistema mondiale basato sull’equilibrio di diverse potenze che accettano di collaborare pacificamente tra loro nel sistema capitalista, sia una speranza irrealizzabile. Se questo fosse possibile non avrebbe senso affermare che oramai da 40 anni siamo immersi nella seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale, che questa crisi è entrata nella sua fase acuta e terminale nel 2008, crisi irreversibile e intrinseca al sistema capitalista, crisi economica che trascina con sé la crisi politica (e dei regimi politici della borghesia imperialista), una crisi sociale e culturale il cui unico sbocco è l’instaurazione del socialismo innanzitutto in alcuni degli attuali paesi socialisti. È per questo che: o la rivoluzione socialista previene la guerra imperialista, o la guerra imperialista genera la rivoluzione socialista. Per noi questo principio è ancora valido e trova conferma nella realtà» [1] Perché questo assunto è errato? Precisamente perché esso contrappone la tendenza al multipolarismo allacostruzione della rivoluzione socialista, come se il primo fosse un fenomeno a sé stante, slegato dal movimento storico-sociale del mondo contemporaneo, e non invece una parte integrante e fondamentale dell'avanzata dell'umanità verso il comunismo. La compagna del P.CARC slega, contrappone e divide con una muraglia cinese due concetti, due fattori concreti, che invece sono strettamente legati tra loro. Se mettiamo a paragone le sue riflessioni con quelle pubblicate di recente dal compagno Pablo Bonuccelli, direttore di Resistenza, che descrive il multipolarismo allo stesso modo, notiamo evidentemente che la carovana del (n)PCI non ha capito che cos'è il multipolarismo, come nasce, come si sviluppa e come si manifesta. Bonuccelli, inoltre, dopo aver affermato (contraddicendosi) che il multipolarismo «è la condizione in cui la tendenza alla guerra – “naturale” sbocco della crisi generale del capitalismo – si sviluppa oggi ed è condizione che oggettivamente la favorisce» (come può quindi predicare il pacifismo borghese?), afferma: «Il multipolarismo è espressione di un’ideologia idealista perché non possono e non potranno mai esistere più “potenze mondiali” con cui gli imperialisti Usa non entreranno in guerra per difendere il loro ruolo egemone. Infine, il multipolarismo è espressione di un’ideologia conservatrice perché il precario equilibrio su cui si è retto il mondo negli ultimi trent’anni – posto che di pacifico non c’era niente – è destinato a saltare, è impossibile da mantenere ed è un’illusione pensare di poterlo mantenere» [2] Nonostante ciò, contraddicendosi nuovamente, egli si è lanciato in un'affermazione “ultrasinistra” per cui, se da un lato il multipolarismo “è un'ideologia idealista”, dall'altro si evince che: «Il mondo multipolare esiste già. Cioè esistono già paesi e gruppi di paesi che intaccano l’egemonia degli imperialisti Usa e della loro Comunità Internazionale» [3]
    Facciamo chiarezza. I comunisti che analizzano la transizione al mondo multipolare non hanno mai affermato che possano esistere “potenze mondiali con cui gli imperialisti USA non entreranno mai in lotta”: anche nel loro articolo a proposito dell'incontro tra Putin e Xi Jinping, il P.CARC scopre l'acqua calda perché nessuno, né in Russia, né in Cina, né qua da noi, è convinto che tale transizione possa avvenire pacificamente e nell'ambito di una coesistenza con l'imperialismo americano; prova ne sono le esercitazioni militari condotte dai russi, in autonomia e insieme ai cinesi e agli iraniani, nel Medio Oriente e in America Latina, oltre che entro i propri confini e senza citare le navi russe periodicamente inviate nel Mediterraneo. Altra prova sono gli addestramenti militari cinesi nello stretto di Taiwan, che vanno quotidianamente intensificandosi in dimensioni, obiettivi e portata, piuttosto che la rinnovata assertività militare dell'Iran o il continuo sviluppo del deterrente bellico convenzionale e nucleare della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Il multipolarismo è una tattica di cui le forze fautrici dell'indipendenza e del socialismo si servono al fine di facilitare la propria lotta e la propria vittoria.
    Dicevamo prima che la contrapposizione carchiana “multipolarismo vs. rivoluzione socialista” introduce l'opportunismo di sinistra poiché caratteristica fondamentale di questa deviazione è quella di mascherare la propria estraneità ai principi rivoluzionari dietro frasari apparentemente ultrarivoluzionari ma in realtà privi di qualsivoglia contenuto, è, in altre parole, una politica sprovvista dei mezzi atti alla sua realizzazione. Come si può, infatti, parlare di “rivoluzione socialista” e “guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata” se neanche ci poniamo il problema di costruire un'organizzazione militare adeguata ai compiti e allo scopo, in grado di dichiarare e condurre con successo la resistenza rivoluzionaria all'imperialismo, alla borghesia e a tutte le forze che controllano l'Italia? Per aggiungere la beffa al danno, la carovana del (n)PCI continua a spingere sulla tattica del “governo di blocco popolare”, che già abbiamo illustrato e confutato a fine 2021 negli Appunti sulla situazione del movimento comunista italiano. Ripetendo come un mantra la parola “organizzazione”, essi non specificano in cosa, concretamente, questa consista, e lasciano tutto alla spontaneità e al “buonsenso” delle organizzazioni operaie e popolari che dovrebbero convincere De Magistris e Landini a ribellarsi apertamente alla Meloni nella prospettiva di combattere la guerra civile e vincerla in nome del socialismo. Ma, paradossalmente, anche se per assurdo questa ipotesi fosse realizzabile, potrebbe prender forma soltanto nel contesto di un mondo multipolare, in cui le mille leve e le mille contraddizioni che si paleserebbero ci consentirebbero, quantomeno, di scrollarci di dosso il giogo europeo e atlantico per trovarci faccia a faccia con la nostra borghesia e nessun altro a sorreggerla, ergo con un nemico mille volte più debole di quanto non lo sia adesso.
    La tesi marxista-leninista per cui la rivoluzione socialista o impedisce o mette fine alla guerra va letta alla luce della nostra situazione reale: ha il movimento comunista le forze per poter impedire la terza guerra mondiale con la rivoluzione socialista? No, non le ha. E non le ha perché non si dà i mezzi per costruirsele, non segue la scienza rivoluzionaria ma riprende tesi e concezioni della piccola-borghesia “di sinistra” cercando di combinarle con singole preposizioni del marxismo estrapolate dal loro contesto e svuotate del loro significato rivoluzionario. Ha il movimento comunista, se la guerra scoppiasse domani, le forze per metterle fine? No, non le ha, perché nessuna forza che si richiama al comunismo si è preparata neanche psicologicamente all'eventualità, sempre più vicina, di una guerra. Può farsele, queste forze, certamente. Ma è un'ipotesi e comunque, come la storia successiva alla Seconda guerra mondiale dimostra, non è automatico che al conflitto imperialista segua l'instaurazione del socialismo: ciò dipende dai comunisti di ogni singolo paese. Ciò che invece è più sicuro è che, dalle rovine di una terza guerra mondiale, nascerà un mondo di indipendenza e sovranità in cui gli Stati Uniti non saranno più il padrone incontrastato, come dopo il 1945 essi stessi scipparono tale “scettro” all'impero britannico. Già adesso vediamo queste tendenze in nuce: la dedollarizzazione, un processo fondamentale per capire la natura del multipolarismo e che la carovana del (n)PCI non a caso trascura, sta procedendo a passo spedito anche grazie alla crisi bancaria di marzo; i BRICS si stanno consolidando ed espandendo (Argentina, Algeria e Iran hanno già presentato ufficialmente domanda d'adesione); in Medio Oriente il mondo arabo-islamico si staricompattando superando le storiche divisioni tra sunniti e sciiti grazie all'opera diplomatica della Cina e dell'Iran, opera che ha portato Turchia e Arabia Saudita a restaurare le relazioni diplomatiche con Siria e Iran (il che avrà effetti benefici sulla situazione dei conflitti siriano e yemenita), con un ruolo più elevato anche degli Emirati Arabi Uniti e senza trascurare l'azione analoga di Giordania e Bahrein verso la Repubblica Islamica Iraniana. A livello militare, gli Stati Uniti sono tutt'altro che il “pivot strategico insostituibile” che la propaganda dei loro strateghi militari cerca di dipingere, come dimostrano i molteplici accordi militari conclusi da vari paesi indipendenti e antimperialisti, tra cui il Venezuela, con Russia, Cina e Iran. Da non trascurare anche lo sviluppo degli armamenti della Corea socialista, che certamente diventeranno un punto di riferimento per i paesi sovrani della regione che aspirano a frustrare le manovre di ingerenza e destabilizzazione dell'imperialismo americano. Non bisogna pertanto sottovalutare il fatto che il capitalismo, se non lo si fa cadere, non cade; si rigenera e si adatta alle mutate circostanze lasciando intatta la propria struttura. Ciò considerato, tuttavia, è sbagliato dire, come fa Bonuccelli, che «il mondo multipolare esiste già». Il mondo attuale è ancora unipolare, pur se retto da un unipolarismo in disgregazione per i fattori che abbiamo appena elencato. Prova ne sono, tra le tante, le votazioni all'ONU sulle risoluzioni antirusse relative alla guerra in Ucraina: esse, lungi dall'essere mere formalità, fanno anzi fede dei rapporti di forza che attualmente persistono a livello internazionale. Molti sono stati i casi di paesi, come l'Ungheria e la Serbia, che hanno dovuto votare contro la Russia perché costretti e ricattati dagli americani. Non parliamo, poi, dei paesi satelliti di Washington che votano per puro servilismo e dietro ordinazione del loro padrone d'oltreoceano. Questo è il primo motivo per cui è sbagliato dire che esista già un mondo multipolare.
    Il secondo è che, se dovessimo limitarci a considerare la semplice esistenza di paesi esterni al Washington Consensus, che resistono e difendono la loro indipendenza contro gli imperialisti americani, dovremmo concludere che il mondo è rimasto multipolare anche dopo il 1991, giacché il socialismo è rimasto al potere in tutti e cinque i paesi che tutt'oggi lo edificano (Cina, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Cuba, Vietnam, Laos) e, pur non avendo la Russia il ruolo che ha oggi, avevamo altri paesi “dalla nostra parte” come Libia e Iraq, che poi abbiamo successivamente perduto. Paradossalmente, dunque, avremmo avuto una situazione migliore trent'anni fa che non oggi. Ma chiunque abbia contezza delle dinamiche del mondo attuale non potrebbe mai sostenere una simile tesi, per la lontananza che la separa dalla realtà fattuale. Sostenere la tesi di Bonuccelli significa in ultima analisi non saper distinguere tra essere in potenza ed essere in atto: è la stessa incomprensione che si riscontra nel (n)PCI ogniqualvolta asserisce che la “guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata” in Italia sarebbe già in corso poiché esiste il partito che la conduce, il che equivale a pensare di concorrere al Giro d'Italia per il solo fatto di aver comprato una bicicletta (ciò che in gergo logico si chiama condizione necessaria ma non sufficiente). Il mondo contemporaneo è in marcia verso il multipolarismo, ma non è ancora multipolare, poiché la politica dei paesi che intaccano l'egemonia dell'imperialismo americano non è per ora la corrente principale che regola l'ordinamento internazionale vigente. L'altra ragione per cui la tesi del P.CARC nasconde in realtà un tipo di opportunismo di sinistra è data dalla loro posizione sulla guerra in Ucraina, che molti (denigratori e sostenitori) hanno a torto etichettato come “filorussa”, ma che invece è la più neutralista tra tutte quelle assunte nel movimento comunista italiano. Vediamo perché.
    Nella prima risoluzione del suo VI Congresso (1-2 aprile 2023), il P.CARC afferma: «La guerra in Ucraina ha fatto emergere alcuni limiti ed errori ideologici che frenano la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese e a livello internazionale.
    Le posizioni più diffuse sono:

    – “né con Putin, né con la Nato”, “contro tutti gli imperialismi”. È una linea promossa dal FGC-FC, da Potere al Popolo e altri. A livello internazionale il principale promotore di questa posizione è il KKE, partito comunista greco,

    – “contro l’imperialismo Usa, per un mondo multipolare”. È una linea promossa dal Partito Comunista e l’area raccolta intorno all’appello per l’unità dei comunisti e la rivista Cumpanis. A livello internazionale il principale promotore di questa posizione è il PCP, partito comunista portoghese,

    – “sostegno alla resistenza ucraina contro l’imperialismo russo”, promossa dal PMLI insieme a partiti e organizzazioni che fanno ideologicamente riferimento al trotskismo, al bordighismo e ad alcuni settori anarchici.

    – “sostegno alla Federazione russa contro il governo nazista ucraino” diffusa nella parte più identitaria della base rossa del nostro paese.

    Si tratta di posizioni parziali o sbagliate»
    [4]
    Al netto della divisione tra “posizioni parziali” (?) e “posizioni sbagliate”, come se una visione parziale potesse essere giusta, ciò che colpisce è il magheggio teorico del P.CARC che riesce a collocarsi su posizioni più neutraliste dei neutralisti, schierandosi al contempo “contro gli USA”, “contro la Russia”, “contro l'Ucraina” e...“contro il neutralismo”: né-né-né! Quella del P.CARC è l'esempio plastico di una non-posizione, quale esso assume ogniqualvolta bisogna trattare nel merito un tema su cui la narrazione di regime ha posto il velo del tabù. Rifiutarsi di approfondire le questioni e rifugiarsi nelle solite frasi fatte stereotipate sulla “necessità di promuovere l'organizzazione delle masse popolari contro la guerra” e sulla “priorità dell'instaurazione del socialismo nel nostro paese” a lungo andare svuota di significato anche questi ultimi concetti, che sono punti fermi strategici fondamentali senza i quali, al contrario, niente di tutto ciò che trattiamo qui avrebbe senso alcuno. Dobbiamo renderci conto della situazione in cui ci troviamo attualmente, che è totalmente diversa dai vari contesti descritti nelle opere di Marx, Lenin e Mao. Il P.CARC non fa questo e, per bocca del direttore del suo organo di stampa, afferma: «Per un partito comunista, il “tifo” non è mai un approccio serio. I comunisti hanno l’obbligo di essere conseguenti con quello che dicono e le cose che dicono devono essere coerenti con l’obiettivo e la linea di fare la rivoluzione socialista nel proprio paese. Tifare per la Federazione Russa è semplice, ma anche sbagliato, soprattutto se non si è conseguenti con quella posizione. Essere conseguenti vuol dire prendere l’iniziativa pratica per sostenere la Federazione Russa. Per essere chiari: vuol dire pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore della Federazione Russa».
    Conosciamo bene la tattica carchiana di etichettare sprezzantemente come “tifo” ogni posizione chiara e netta assunta su una determinata questione spinosa, che oggi è la guerra in Ucraina come ieri erano la frattura tra PC e FGC, le azioni destabilizzanti dei curdi in Siria piuttosto che le vittorie delle forze socialiste in America Latina, il ruolo antimperialista della Cina o del governo di Assad o la questione dei diritti civili. Si tratta di una concezione mutuata proprio dal FGC, che fa del neutralismo dogmatico e settario il proprio “marchio di fabbrica” del purismo ideologico fine a sé stesso, e denota unicamente la presunzione di chi ignora completamente ciò di cui si parla ma finge di sapere tutto. Quella di Bonuccelli, quindi, più che un’elaborazione teorica appare una provocazione mirante a creare scientemente dello “scandalo” con “mormorii in sala”: in pratica, dà a intendere che chi sostiene la Russia e la sua Operazione militare speciale in Ucraina sarebbe o dovrebbe diventare un “agente dei russi”; forse se ne sarà reso conto, forse no, ma in ciò è finito oggettivamente per reggere il sacco alla propaganda imperialista delle spie del Copasir e dei pennivendoli dei rotocalchi borghesi più degeneri come La Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa, L'Occidentale, Il Riformista e chi più ne ha più ne metta. Una provocazione, dicevamo, anche piuttosto infantile.
    Noi però vogliamo prenderlo in parola, e domandiamo: pensavano e agivano forse sotto il comando dello Stato Maggiore dell'URSS i comunisti che dirigevano la lotta di resistenza contro il nazifascismo? Certamente no, poiché Stalin fu il principale fautore dello scioglimento del Comintern nel 1943, proprio per togliere dal mazzo di carte della propaganda fascista l'etichetta di “spia dei sovietici” ai partiti comunisti. Pensano e agiscono forse sotto il comando dello Stato Maggiore della Russia quei paesi in Asia, Africa e America Latina che hanno sostenuto l'Operazione speciale? Assolutamente no: il Mali ha un governo amico e solidale con la Federazione Russa, ma questo non gli ha arrecato conseguenze negative allorché votò contro la risoluzione proposta dalla Russia in sede ONU relativa alla glorificazione del nazismo; la politica indipendente della Corea socialista è stata riconosciuta e apprezzata come tale dallo stesso governo russo; in Siria è il Presidente Assad che decide se, come e quanto le forze armate russe possono restare nel territorio del paese; l'Eritrea ha alternato voti contrari alle risoluzioni antirusse e astensioni, e così via. Il tipo di relazioni diplomatiche che i paesi indipendenti e in via di sviluppo intrattengono con la Russia e la Cina sono di un tipo diametralmente opposto a quelli di sudditanza dell'Occidente verso gli Stati Uniti; non si può pensare con gli stessi schemi e le stesse categorie che si adottano quando si parla dei rapporti degli altri paesi capitalisti e imperialisti vassalli di Washington. Bonuccelli e il P.CARC, invece, la pensano all'opposto, ma non hanno il coraggio di dirlo e così non spiegano apertis verbis ciò che intendono dire con “pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore della Federazione Russa” (posto che di iniziative a suo sostegno ve ne sono state eccome). Il risultato finale è che questo tipo di ragionamento lo si potrebbe portare alle estreme conseguenze fino a ritenere che, per stare coerentemente dalla parte del popolo palestinese, bisogna pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore di Hamas; per solidarizzare davvero con Cuba bisogna pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore del Partito Comunista Cubano; per essere realmente internazionalisti rispetto alla guerriglia maoista in India bisogna pensare e agire sotto lo Stato Maggiore dei naxaliti, e via dicendo. In poche parole, dovremmo insomma abbandonare del tutto l'internazionalismo proletario: ecco un'altra manifestazione delle oscillazioni verso il gretto nazionalismo tipiche del P.CARC, di cui abbiamo parlato negli Appunti. Perché, allora, il P.CARC non allarga questo ragionamento a tutte queste lotte testé citate? Si tratta di un problema di concezione comune alla quasi totalità del movimento comunista italiano. Quelle che abbiamo citato sono lotte che, pur mettendo in mostra una resistenza eroica e qualche sporadico avanzamento, si trovano tuttavia sulla difensiva, in una posizione che obbliga queste forze a “parare i colpi” dell'imperialismo e a combattere per sopravvivere e non cadere. Si è sempre notata, tra i “comunisti” di casa nostra, la tendenza a “venerare i martiri” piuttosto che a militare per conquistare sempre nuove vittorie, tenendo viva la fiamma di quelle precedenti. Basti guardare a quale culto viene tributato a figure come Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg e Che Guevara, piuttosto che alla bandiera dell'URSS, e al florilegio di anatemi che da molti “compagni” piovono su quelle di Stalin, di Mao, dei dirigenti cinesi e coreani, in tutto e per tutto sovrapponibili, quando non ancor più acri, della stessa propaganda imperialista. Impossibile non notare in questa visione del mondo l'influsso del cattolicesimo più deteriore, rafforzata in Italia dall'influenza del Vaticano (che tuttavia non ci rende, come sostiene la carovana del (n)PCI, una “repubblica pontificia”) [5].
    In sintesi, la ragione di ciò è che la Russia non solo si è risollevata dalle macerie e si è data i mezzi per resistere e contrattaccare, ma sta anche vincendo la sua guerra che non è contro l'Ucraina e ancor meno contro il popolo ucraino, bensì contro il cosiddetto “Occidente collettivo”. Non ci proponiamo, qui, di fare una disamina particolareggiata della situazione sul fronte, che peraltro cambia di giorno in giorno se non di ora in ora, ma la tendenza stabile fin dall'inizio, pur con alti e bassi, è che l'iniziativa sta nelle mani della Russia, la quale avanza lentamente ma inesorabilmente in base alla sua storica strategia di combattere guerre di logoramento, che inevitabilmente trascinano nelle sabbie mobili anche gli alleati del nemico, oltre ad affondare il nemico stesso (lo si è già visto nella Grande Guerra Patriottica). Si può dire senza tema di smentita che la Cina stessa sta avanzando a passo più svelto nella sua strategia di vittoria sul capitalismo con le sue stesse armi grazie al sacrificio di sangue della Russia, del suo popolo e dei suoi soldati. È la Russia che ha sparigliato le carte in tavola dei vari organismi imperialisti, costringendoli a ridurre al minimo il tam-tam della narrazione pandemica; è la Russia che sta disarmando non solo il regime neonazista ucraino, ma tutta la NATO che gli invia armi, mezzi e mercenari che puntualmente vengono distrutti dall'artiglieria russa; è la Russia che ha prontamente elaborato una strategia di aggiramento e neutralizzazione delle sanzioni rafforzando le proprie relazioni diplomatiche, politiche e commerciali con i paesi indipendenti dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, a cominciare dalla stessa Cina; alla Russia va il merito di aver smascherato, ancora una volta e ancor più brutalmente, l'ipocrisia della propaganda borghese, generando e facendo emergere, fermentare ed espandere l'opposizione di fette sempre maggiori di cittadinanza nei paesi imperialisti di fronte alla socializzazione delle spese e delle perdite “democraticamente” decisa dalle classi dominanti; sempre la Russia ha fatto uscire allo scoperto, parallelamente a ciò, un'isteria razzista e xenofoba finora sotterranea i cui primi promotori sono stati proprio gli “oppositori di tutti i razzismi e i fascismi”, che oggi, per ironia della sorte, sostengono un fascismo palese e spudorato col beneplacito delle “potenze democratiche” (oggi come ieri). Si tratta, dunque, di “tifo”? No, si tratta di analisi concreta della situazione concreta e della conclusione logica che inevitabilmente non può che derivarne e che va tratta esplicitamente. Questo per quanto riguarda le riflessioni di Bonuccelli.
    Per quanto attiene, invece, alla tesi congressuale sopra citata, il P.CARC ha effettuato una distinzione superficiale e inesatta, mettendo nel calderone posizioni giuste, posizioni sbagliate e posizioni in tutto e per tutto controrivoluzionarie. Esso ha scorporato la parola d'ordine «Contro l'imperialismo USA, per un mondo multipolare» da quella di «Sostegno alla Federazione Russa contro il governo nazista ucraino», come se dalla prima non derivasse la seconda e come se la seconda non fosse necessariamente completata e ampliata dalla prima. È sbagliato anche dire che i principali promotori della prima siano i compagni del PCP e in Italia il PC e la rivista Cumpanis, mentre la seconda sarebbe sostenuta soltanto da una generica “base rossa nel nostro paese”. Il P.CARC include inoltre queste due posizioni in una piccola lista di teorie che “frenano la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese e a livello internazionale”. Ma, se le analizziamo più in profondità, scopriamo che è difficile attribuire una paternità della posizione promultipolarismo a un qualsivoglia partito specifico, poiché essa, in ambito internazionale, è sostenuta da tutto il movimento comunista e antimperialista, così come il Partito del Lavoro di Corea e il governo della Corea socialista, che sostengono la Russia sin dal primo giorno dell'Operazione speciale e sono peraltro in prima linea nella lotta per un mondo multipolare contro l'imperialismo americano, non possono certo essere cancellati con un tratto di penna o accomunati banalmente a un'informe “base rossa nel nostro paese” di compagni che pubblicano foto di Stalin su Facebook. Chi ragiona come il P.CARC, ragiona sempre all'inverso di come dovrebbe: si è coperto dietro le bandiere dei paesi socialisti quando si trattava di agire secondo criteri indipendenti e sulla base del proprio contesto specifico (durante il periodo del Covid), mentre ora che è principale l'elaborazione e l'aderenza a una linea comune quale quella da essi attuata, se ne distaccano per voler fare di testa loro e finire, com'è ovvio, fuori strada. Non solo Cina e Russia, ma anche gli antimperialisti venezuelani e i compagni cubani, tanto venerati dai sedicenti “comunisti” nostrani, sostengono a spada tratta la lotta per il multipolarismo e vi partecipano in prima linea da tempi non sospetti.
    Il P.CARC sostiene di essere «contro la tesi del multipolarismo spacciata come prospettiva che garantisce “la pace nel mondo”», ma si tratta dello sfondamento di una porta aperta in quanto, per i comunisti, il multipolarismo non è affatto una “prospettiva che garantisce la pace nel mondo”. Il compagno Kim Jong Un, nel suo discorso pronunciato alla VII sessione della XIV legislatura dell'Assemblea Popolare Suprema l'8 settembre scorso, ha affermato: «L’attuale situazione internazionale pone in evidenza l’antagonismo tra giustizia e ingiustizia e tra progresso e reazione, in particolare la struttura delle forze intorno alla penisola coreana, e mostra la transizione dal mondo unipolare, professato dagli USA, al mondo multipolare» [6]. Alla VI sessione plenaria dell'VIII Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, tenutasi tra il 26 e il 31 dicembre, egli ha sottolineato che la struttura delle relazioni internazionali è diventata quella della “nuova Guerra fredda” e che la corrente del multipolarismo sta accelerando. Il compagno Ri Jong Su, analista di affari internazionali, ha scritto, nel suo articolo del 7 aprile intitolato L'AUKUS disgrega il sistema di non proliferazione nucleare internazionale e incentiva la corsa al riarmo: «Cina, Russia, Sudafrica, Brasile e altre nuove grandi potenze in via di sviluppo sono emerse rapidamente e il multipolarismo è diventato una tendenza mondiale che non si può ignorare. Questo ha imposto agli Stati Uniti la ricerca di nuovi mezzi per il mantenimento della propria posizione egemonica nell’aumento delle spese militari e nello scatenamento di una nuova Guerra fredda». [7] Come si può facilmente vedere, quindi, i compagni coreani sono tutt'altro che persuasi dall'idea di una “transizione pacifica” dall'unipolarismo al multipolarismo, e si stanno attivamente preparando alla guerra, come dimostrano non solo i recenti test missilistici e nucleari della Corea socialista, ma anche le decisioni della VI sessione allargata dell'VIII Commissione Militare Centrale del Partito del Lavoro di Corea, svoltasi il 10 aprile.
    Bisogna distinguere tra le dichiarazioni diplomatiche e le azioni pratiche e concrete: il P.CARC sottolinea le parole dei presidenti e dei funzionari russi e cinesi sul multipolarismo quale strada da seguire per “un futuro di pace e cooperazione”, per poi parlare delle manovre militari e dei preparativi di guerra che conducono. Delle due l'una: o si tratta di parole che hanno un seguito, o si tratta della propaganda di due potenze imperialiste impegnate nella corsa al riarmo per spartirsi sfere d'influenza con gli americani. La corsa al riarmo russa e cinese, come quella nordcoreana, è un'entrata in possesso di mezzi capaci di difendere il proprio paese, il proprio popolo e la propria indipendenza dai tentativi imperialisti sempre più intensi e spudorati di scatenare una terza guerra mondiale. Non si possono mettere a paragone i due fenomeni, per quanto simili possano superficialmente sembrare. Né la Cina, né la Russia, né alcun altro che non rientri nel campo imperialista a guida americana, vuole la guerra. Essa viene ricercata unicamente dagli imperialisti statunitensi, seguiti a ruota dai loro vassalli imperialisti straccioni europei (i sionisti israeliani sono in condizioni meno adatte, viste le difficoltà senza precedenti che stanno attraversando nell'ultimo periodo). Il multipolarismo è in questo senso una tattica concreta per la difesa della pace e la conquista dell'indipendenza, esattamente come lo fu la lotta per la pace e la democrazia contro il fascismo negli anni '30 e '40 e come lo fu quella per la sovranità nazionale contro la NATO negli anni '50. Non può esservi alcun socialismo senza indipendenza. Non possiamo pensare di costruire un sistema socialista e costruirlo in pace con 140 basi militari USA-NATO sul nostro territorio, a meno di non dotarci di un apparato militare talmente forte e sofisticato da dover, nelle nostre condizioni, per forza dover ricorrere comunque a una o più potenze tra quelle che aspirano al multipolarismo.
    Sbaglia, pertanto, il (n)PCI, quando afferma che il multipolarismo «È la riedizione aggiornata delle “grandi pensate” di Kautsky (piano del capitale, convivenza pacifica di gruppi imperialisti) delle quali a suo tempo Lenin ha già scritto quanto serviva oppure un riecheggiare la linea della “coesistenza pacifica tra paesi a sistema sociale differente” promossa da Stalin omettendo però gli altri aspetti che accompagnavano tale linea: essa era diretta alla mobilitazione delle masse popolari dei paesi imperialisti contro l’aggressione praticata dalle potenze imperialiste contro l’URSS base rossa mondiale della rivoluzione proletaria e centro dell’Internazionale Comunista» [8] Sbaglia perché il multipolarismo non implica affatto né un “piano del capitale”, né una “convivenza pacifica di gruppi imperialisti”, e lo stesso parallelo con l'URSS di Stalin si rivolge in realtà contro chi lo ha formulato: è vero che la Russia di oggi non è l'URSS del 1943, non è la “base rossa della rivoluzione proletaria mondiale”; ma è un paese, come riconosciuto dalla loro stessa carovana, che funge da punto di riferimento politico e militare per i paesi che difendono la loro indipendenza, la loro sovranità e anche il socialismo (Cina, Cuba, Corea socialista). Oggi, pertanto, la parola d'ordine del multipolarismo è e dev'essere diretta alla mobilitazione delle masse popolari dei paesi imperialisti contro l'aggressione praticata dalle potenze imperialiste tramite il regime fantoccio ucraino contro la Russia, paese indipendente, sovrano e antimperialista che promuove l'abbattimento dell'unipolarismo e dell'egemonia americani sul mondo, favorendo così, in seconda istanza e analogamente alla Cina sul fronte economico e finanziario, anche la nostra lotta per il socialismo e ogni futura rivoluzione popolare e proletaria.
    Il P.CARC, che sproloquia a proposito di fantomatiche “idee di mondi multipolari pacificati in cui USA, UE, Russia e Cina convivono pacificamente” e che rifiuta il concetto stesso di mondo multipolare non solo “come prospettiva che garantisce la pace del mondo”, ma anche, e “peggio ancora” (!), “come linea di prospettiva e rivoluzionaria”, si colloca ancora una volta nella stessa barricata dei revisionisti e degli opportunisti di destra e di sinistra. Gridare a perdifiato: «Socialismo! Socialismo! Socialismo!», sia pure nella variante social-riformista del “governo di blocco popolare”, non è e non può in alcun modo essere una linea di prospettiva e tantomeno rivoluzionaria. Il socialismo può affermarsi soltanto come risultante dei vari fattori specifici del contesto nazionale, dato dalla storia, dalla cultura, dagli usi e costumi, dalla situazione rivoluzionaria concreta e dallo sviluppo politico, economico e sociale: questo è uno dei primi e fondamentali insegnamenti del marxismo. Il P.CARC fa appello a “usare il marxismo”, ma è il primo ad accantonarlo. Per instaurare il socialismo bisogna darsi i mezzi concreti a tal fine e sfruttare ogni leva e ogni appiglio che le contraddizioni del sistema capitalista a livello nazionale e internazionale ci offrono, altrimenti ci ridurremo a dei vuoti chiacchieroni buoni soltanto a lanciare slogan “ultrasinistri” e “ultrarivoluzionari” che però non hanno alcun seguito e alcuna concretezza pratica. Questo è ciò che segnò la rovina dei partiti marxisti-leninisti nel secolo scorso e quelli di oggi sembrano non aver ancora, nonostante tutto, imparato la lezione.

    Note

    [1] www.carc.it/2022/12/28/multipolari...xismo-compagni/
    [2] www.carc.it/2023/04/04/mondo-multi...one-proletaria/
    [3] Ibidem.
    [4] www.carc.it/2023/02/25/guerra-in-u...l-vi-congresso/
    [5] Vi sarebbero qui da analizzare le dinamiche relative alla sottomissione agli USA dello Stato
    Pontificio, rafforzata con Bergoglio e le sue concezioni relativiste, oltre che la mutazione
    sovrastrutturale della borghesia post-sessantottina con cui esse si intrecciano, ma tutto ciò ci
    porterebbe via tempo e spazio oltre che farci deragliare dal tema dello scritto [nota di JCM].
    [6] https://italiacoreapopolare.wordpress.com/...mento-politico/
    [7] https://italiacoreapopolare.wordpress.com/...orsa-al-riarmo/
    [8] www.nuovopci.it/dfa/2022/123/avvnav123.html

    Edited by Sojuz Koba 1961 - 31/3/2024, 19:12
  14. .

    Il caso Sri Lanka: togliere soldi ai poveri per darli ai creditori


    Fonte: Il Fatto Quotidiano

    L’AUSTERITÀ SPIEGATA BENE - Il Paese era in rivolta, ora per avere fondi dall’Fmi sta già applicando la solita ricetta: affamare i cittadini

    DI CLARA E. MATTEI
    20 MARZO 2023

    In Sri Lanka una bambina di tre anni perde peso e piange per un dolore alla gambe. La diagnosi è chiara: Nisha è malnutrita. L’Unicef stima che a oggi nel Paese 56mila bambini soffrono di acuta malnutrizione. Secondo il World Food Program, un terzo delle famiglie srilankesi non hanno una fonte sicura di cibo e quasi il 70% negli ultimi mesi ha ridotto il numero di pasti quotidiani. “Quando comincia la scuola e facciamo l’assemblea del mattino, i bambini a volte svengono per la fame”, racconta il preside di una scuola di Colombo, la capitale del Paese. Se la scuola è gratuita, i pasti non lo sono. E dire che i bambini che vanno a scuola sono i più fortunati. Se si contano il costo delle divise e del trasporto, infatti, anche la scuola dell’obbligo diventa un lusso che molte famiglie non possono più permettersi. Priyanthika, è seduta sul letto che condivide con tutta la famiglia, si asciuga le lacrime dal volto: “Tutti i miei bambini andavano a scuola. Ora non ho più i soldi per mandarceli.” Dice che avrebbe bisogno di 400 rupie al giorno a bambino (poco più di un dollaro) e non li ha, quindi per ora ci vanno a turno. La piccola De Anjalee è nel letto con lei e singhiozza arrabbiata: oggi non tocca a lei.

    Di che parliamo.
    Lo Sri Lanka è una piccola nazione insulare di 22 milioni di abitanti a sud dell’India, il perfetto caso di scuola di tutte le contraddizioni dell’attuale sistema economico globale. La crisi che sta attraversando è la più tangibile rivelazione del fatto che i dogmi tecnici delle istituzioni economiche non potrebbero essere più “politici” e più in conflitto coi bisogni primari. È anche la testimonianza lampante che l’austerità – la ricetta che gli esperti presentano come soluzione neutrale – non fa altro che aggravare la crisi economica e, anzi, la utilizza come pretesto per estrarre ulteriori risorse dalla gente comune. Proposta come unica via per incrementare la fiducia degli investitori, pareggiare i bilanci e stabilizzare la moneta, l’austerità assolve a un compito tanto subdolo quanto cruciale per l’economia: imporre sacrifici economici alla maggioranza e mettere a tacere le richieste di cambiamento sociale. La storia recente dello Sri Lanka ne è un esempio emblematico.

    Com’è iniziata.
    Era marzo di un anno fa quando, innescata dal caro energia che affama molti Paesi in via di sviluppo, iniziava una rivolta popolare senza precedenti. Le marce con centinaia di migliaia di srilankesi davanti alla residenza presidenziale diventavano presto occupazioni e assemblee cittadine. Il parco Galle Face Green, nel cuore della capitale Colombo, diveniva una fucina di studenti universitari, artisti, intellettuali che discutevano di modi alternativi per organizzare l’economia. Kalpa Rajapaksha, attivista e docente di economia, racconta: “Mi ricordava Occupy Wall Street. Le rivendicazioni erano forti: maggiore democrazia economica e più alti standard di vita per tutti”. La partecipazione raggiunse il suo picco a luglio: quasi due milioni di persone occuparono a macchia d’olio le istituzioni governative, il presidente si dimise e fuggì all’estero.

    Ma i festeggiamenti durarono poco e la controffensiva dell’austerità non si fece attendere. Il ritorno al potere dell’ex primo ministro Ranil Wickremesinghe, insediato come presidente senza passare per nuove elezioni, significò anche il ritorno del Fondo Monetario Internazionale coi suoi “consigli” a base di “realismo” e “virtù” economica. Il Fmi non è certo un attore nuovo sulla scena srilankese: il Paese ha fatto ricorso a 16 prestiti a partire dal 1965, l’ultimo con scadenza 2020. Questa volta però il pretesto per mettere a tacere l’opinione pubblica è più forte che mai, data la condizione di ricattabilità di un Paese che sta affrontando il più grave collasso finanziario dai tempi della sua indipendenza, nel 1948, dopo aver fatto default sul suo debito estero a maggio 2022 (il 60% è in mano a soggetti privati).

    Torna l’Fmi.
    Il messaggio dei creditori è chiaro: qualsiasi ulteriore prestito sarà condizionato a una forte e austeraristrutturazione (i negoziati sull’apposito memorandum sono ancora in corso). Nel frattempo il governo di Colombo si porta avanti nell’obbedire ai diktat dell’Fmi: tagli alla spesa sociale, eliminazione dei sussidi sui beni primari (benzina, elettricità ecc.) e tassazione regressiva hanno già colpito. Il prezzo dell’elettricità, in costante aumento dall’estate, è salito del 66% a febbraio portando le scuole e gli ospedali sull’orlo del collasso, per non parlare dei piccoli negozianti che sono costretti a chiudere i battenti. Durante l’estate l’Iva sui prodotti primari è quasi raddopiata fino a raggiungere il 15% a settembre, mentre il governo si adopera a tassare nuovi strati della popolazione finora immuni dato il loro basso reddito: l’imposizione fiscale oggi tocca anche i redditi di 100.000 rupie, meno di 300 dollari al mese.

    Ancora: per riuscire a ottenere il credito dal Fmi, la Banca Centrale dello Sri-Lanka sta facendo la sua parte con una forte dose di austerity monetaria. I tassi di interesse a luglio del 2022 avevano raggiunto livelli mai visti negli ultimi vent’anni e il 3 marzo sono saliti ancora di un intero punto percentuale sino a raggiungere il 15%. Una scelta, dettata anche dai rialzi delle banche centrali occidentali, che ha effetti devastanti sulle persone comuni, la maggioranza dei quali dipende da crediti mensili per arrivare a fine mese. Oltre al danno la beffa: gli incrementi dei tassi stanno esacerbando la disoccupazione e il precariato. La nuova ondata di privatizzazioni, altro tassello dell’austerità, non farà che aumentare la dipendenza dal mercato auspicata dai creditori internazionali.

    L’obiettivo.
    Per un Paese che sta affrontando una grave recessione – il Pil si è contratto del 9,2% nel 2022 – questo pacchetto di austerità parrebbe illogico: qualsiasi economista sa che queste misure sono recessive, cioè deprimono la crescita. Se poi si guarda alla storia dello Sri Lanka, si scopre che la trappola del debito di cui il Paese soffre non è certo dovuta a mancanza di austerità, ma al contrario è il risultato di decenni delle stesse ricette economiche di oggi imposte a partire almeno dagli anni Settanta. L’apertura ai mercati internazionali e la rinuncia all’autonomia economica a favore di una maggiore integrazione nel mercato globale è l’esito della famigerata dottrina del “vantaggio comparativo” ovvero l’idea che il Paese debba concentrarsi sull’export di alcune merci (tessile e indumenti, te, gomma, cocco) e sul terziario, importando tutto il resto. Ciò ha incrementato enormemente l’esposizione agli choc esterni: la crisi Covid, ad esempio, ha esasperato il deficit finanziario per la mancanza delle entrate del turismo. La deregulation totale sui movimenti di capitale interni ed esteri ne hanno aumentato la fuoriuscita, sia legale che illegale, e così lo Sri Lanka è finito strozzato non solo dalla morsa degli interessi sul debito, ma anche dalle frodi fiscali: recenti indagini stimano che una somma pari a 40 miliardi di dollari è fuoriuscita dal Paese tra 2009 e 2018. Per capirci, il debito estero su cui a maggio scorso c’è stato il default è pari a 36 miliardi.


    Se è così, perché il Fondo monetario internazionale continua a proporre austerità allo Sri Lanka? La cosa inizia ad avere senso se ai abbandona l’idea ingenua che l’economia capitalista globale funzioni per il bene di tutti: l’amara verità è che la macchina economica non è strutturata per soddisfare i bisogni della gente comune, ma per aumentare le rendite e i profitti di pochi detentori di capitali internazionali. Il fatto che il sistema economico perpetui una guerra di classe unilaterale è più che evidente se si pone attenzione ai modelli economici che guidano gli esperti a capo delle istituzioni finanziarie e monetarie: secondo questi modelli, l’inflazione non è dovuta ai profitti eccessivi (come dimostrato da parecchi studi), ma piuttosto dal consumo eccessivo della gente comune. In altre parole la colpa dello squilibrio monetario va imputato al “cattivo comportamento” dei lavoratori, dunque per curare l’inflazione e rivalutare la rupia è quella di reprimere la domanda interna, in modo da limitare le importazioni e migliorare la bilancia dei pagamenti. Tradotto significa distruggere il potere d’acquisto della maggior parte delle persone.

    In questa luce il caso dello Sri Lanka rivela la dura verità del capitalismo odierno: un sistema economico che estrae risorse dalla maggioranza mortificando proposte alternative come la cancellazione del debito e reprimendo le associazioni che le propongono (in questo caso il trasferimento della produzione agricola e industriale in mano ai cittadini srilankesi stessi). A Colombo la strategia dell’austerità sta già avendo successo: i giornali parlano di “proteste ridotte” e anche l’attivista Kalpa Rajapaksha spiega come la violenza economica stia erodendo la forza dei movimenti che ancora non mollano il braccio di ferro e ora devono persino confrontarsi coi recenti divieti di sciopero del governo. L’obiettivo del ritorno allo status quo ante si persegue a qualsiasi costo, anche al prezzo di una profonda recessione, che gli stessi esperti dell’Fmi prevedono toccherà un terzo del globo. Purtroppo lo Sri Lanka non è un caso eccezionale. Bielorussia, Libano, Ghana, Suriname e Zambia sono solo alcuni dei Paesi che già appartengono alla lista nera di potenziali insolventi. Il rischio di un’ondata di default è forte: ci sono 52 Paesi del Sud globale che soffrono problemi di debito.
  15. .

    PIERRE-JOSEPH PROUDHON



    183px-Pierre-Joseph_Proudhon



    Uomo politico, pensatore ed economista (Besançon 1809 - Parigi 1865). Eletto nel 1848 all'Assemblea nazionale, P. svolse un'intensa attività politica anche in veste di pubblicista. Tenace oppositore di Napoleone III, fu incarcerato (1849-52) e in seguito esiliato. Fu un critico del sistema capitalistico, ma non teorizzò l'abolizione della proprietà privata, bensì la sua diffusione tra tutti i lavoratori, in una società composta da una pluralità di associazioni autonome. Ingegno vivace e multiforme, P. si formò sotto l'influsso di varie correnti ideali, ciascuna delle quali rispondeva a un certo aspetto del suo temperamento. Più direttamente influenzato, nel campo delle teorie sociali e politiche, dal Fourier e dal Saint-Simon, P. derivò anche da Hegel e dagli hegeliani di sinistra, attraverso Marx e Bakunin, una certa impronta, sia pure estrinseca, di metodo dialettico. Tuttavia il suo pensiero dipende soprattutto nel campo sociale dal Rousseau e in quello economico dallo Smith: egli è infatti un riformatore sociale che vuole realizzare, sul piano della vita economica e sulle tracce della nuova scienza liberistica, quell'affrancamento dell'uomo dalla servitù e dalla disuguaglianza, che sul piano sociale e politico è stato attuato in teoria dal Rousseau e in pratica dalla Rivoluzione francese.

    (da Treccani www.treccani.it/enciclopedia/pierre-joseph-proudhon)

    La Proprietà - 1862

    Testo completo: www.m-48.it/home/testi/testi-di-pierre-joseph-proudhon/

    La Proprietà è praticamente l’ultimo libro scritto da Pierre-Joseph Proudhon nel 1862 e, purtroppo, non completato. Un testo spesso ignorato e, quindi, finito nel dimenticatoio. Tuttavia, è importante esser a conoscenza anche di questi pensieri, in quanto gli scritti e i ragionamenti fatti sul concetto di proprietà di Proudhon sono spesso stati ripresi da moltissimi socialisti, tra cui lo stesso Marx.

    INTRODUZIONE A LA PROPRIETÀ
    DI LEONARDO SINIGAGLIA


    “La propriété, c'est le vol!”, Proudhon lo diceva caldamente e senza esitazioni. “La proprietà è un furto!”, ma allo stesso tempo, paradossalmente, “La proprietà è libertà”. E questa apparente antinomia, questa contraddizione non è che la figlia di ciò che Proudhon denuncia come la grande ambiguità di questo termine, utilizzato in maniera impropria e generalistica, quando in realtà appare come una particolare condizione ben specificata. “Ius utendi et abutendi”, la proprietà è di sua natura assoluta ed abusiva, esiste in quanto sfruttamento illimitato di essa da parte del proprietario, garante per questo della sua indipendenza e quindi della sua libertà. L'assoluto della proprietà si oppone all’assoluto dello stato, due poli antitetici ed irrisolvibili la cui interazione crea la società, e il cui studio non può semplificarsi nella sintesi dialettica hegeliana, ma deve tener conto dell’insolvibilità dell’opposizione, segno di una realtà sociale complessa, multiforme, eterogenea, diversificata. Ma se la proprietà è assoluta ed abusiva, come può essere garanzia di libertà per tutti, e non solo per i pochi suoi possidenti? Proudhon risponde a questa domanda teorizzando non già l’abolizione in toto della proprietà, o la riconduzione di questa allo Stato, ipotesi che anzi da lui venne sempre osteggiata, ma nell’estensione di questa a tutti, e nel mutamento in quello che lui definì in testi precedenti a questo in “possesso” –
    termine che sarà poi mutato –, ossia in sfruttamento personale, slegato dall’accumulazione di capitale e quindi dallo sfruttamento dell’uomo. Si, perché non è la proprietà in sé e per sé ad essere negativa, ma lo sono il processo della sua costruzione e il suo utilizzo. Slegando il mercato dal plusvalore, e quindi dalla monetazione, utilizzando come unico mezzo di scambio il lavoro impiegato nella produzione, ogni singolo avrà ottenuto il pieno controllo su se stesso, arrivando ad essere veramente libero e veramente indipendente. Da questa “sovranità individuale” del singolo ne deriva la teoria federalista, capace di unire gli uomini distruggendo il potere repressivo statale “federando” i singoli in associazioni e le associazioni fra loro, sul piano della reciprocità dell’aiuto e dell’eguaglianza. La conduzione della proprietà unicamente al lavoro applicato, e quindi al tempo impiegato dall’uomo, è la base dell’estensione globale di questa, e quindi della libertà politica. Proprio perché secondo Proudhon la proprietà è libertà, la difesa della prima equivale alla difesa della seconda. Non quindi la creazione di un sistema in cui l’individuo sia subordinato e sottomesso alla collettività, ma l’individuo come fine e come principio, come soggetto detentore unico della sovranità su sé stesso: questo è il cardine del pensiero di Proudhon, pensiero libertario ed egualitario, socialista ed individualista. L'origine di questo pensiero è chiara, come la classe sociale di riferimento: non le masse operaie, ma gli artigiani, il proletariato urbano, i contadini
    indipendenti. La teoria di Proudhon è rivolta al e si basa sul cittadinoproprietario, avendo come obiettivo l’estensione di questa condizione a tutta la società. Non più gerarchie sociali, non più poteri gerarchici e verticali, ma l’insieme federato di piccoli produttori, in un respiro che ha dell’antichità classica e della figura del contadino-soldato che per molto tempo fu il nerbo della società romana.
522 replies since 22/11/2017
.