L’approfondimento della lotta ideologica contro il liberalismo

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  1. Flegïàs
     
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    Tratto da Storia del Partito del Lavoro d’Albania, 1982, pp. 510-520.


    L’approfondimento della lotta ideologica contro le manifestazioni estranee e gli atteggiamenti liberali nei loro confronti



    Dopo il VI Congresso si ebbe un’ascesa della lotta di classe. Ciò era dovuto all’inasprimento degli scontri fra il popolo albanese con a capo il suo Partito, da una parte, e i nemici esterni e interni, dall’altra, fra la via socialista e la via capitalista, e specialmente fra l’ideologia proletaria e le ideologie reazionarie vecchie e nuove.
    Gli imperialisti americani, i socialimperialisti sovietici, i revisionisti jugoslavi e tutti i servitori della borghesia e del revisionismo internazionale, delusi dal fallimento dei loro sforzi compiuti negli anni ’60 per far allontanare il PLA dalla sua via rivoluzionaria e avviare l’Albania socialista sulla strada del capitalismo, intensificarono le loro pressioni su di essi. Essi
    estesero e intensificarono la sovversione ideologica al fine di istigare e appoggiare la controrivoluzione pacifica in Albania. La pressione ideologica dei nemici assunse il carattere di una vera aggressione ideologica. Nel contempo essi rafforzarono il loro blocco economico, l’attività di spionaggio e di sabotaggio, i ricatti, i preparativi per un’aggressione militare, che doveva fare seguito all’aggressione ideologica.
    Tale intensa attività dei nemici esterni trovò l’appoggio dei nemici interni, i quali erano riusciti ad infiltrarsi nelle file del Partito, nel potere popolare, nell’Esercito e negli organi dirigenti dell’economia popolare.

    Il Partito sbarra il passo al liberalismo - I nemici miravano ad abbattere il Partito e a minare il socialismo
    in Albania, l’unico bastione socialista rimasto in Europa e che serviva da esempio d’ispirazione a tutte le forze rivoluzionarie e ai popoli amanti della libertà nel mondo. L’imperialismo, il revisionismo e la borghesia internazionale nutrivano la speranza di conseguire i loro fini.
    La via da essi seguita era ormai nota: stimolare e diffondere il liberalismo ovunque, nel Partito, nello Stato, nell’economia, il modo di vita dissoluto borghese, la musica, la letteratura e le arti figurative moderniste, mirando specialmente alla degenerazione dell’intellighenzia e della gioventù. A tal fine i nemici fecero ricorso ad ogni mezzo, sfruttando particolarmente l’apertura della Cina «socialista» verso gli Stati Uniti d’America. Essi cercarono di sfruttare per i propri fini anche la lotta che il PLA stava conducendo contro il burocratismo e il conservatorismo per l’approfondimento della democrazia socialista, sviando questa lotta in una direzione errata; essi cercarono di trarre profitto anche dall’euforia che i grandi progressi conseguiti nello sviluppo economico, sociale, culturale, ecc., avevano suscitato in molti lavoratori e quadri.
    La deleteria attività «pacifica» veniva condotta seguendo vie legali e illegali, a seconda dei casi e delle possibilità.
    Conseguentemente apparvero alcuni fenomeni estranei allo spirito del socialismo, di carattere liberale, borghese, soprattutto nel campo dell’ideologia e della cultura, nella letteratura e nelle arti, e in particolare nel modo di comportarsi e di vestire di alcuni giovani, nel lavoro organizzativo e ideopolitico condotto presso i giovani e l’intellighenzia. Questi fenomeni si riconnettevano anche con l’attività ostile del gruppo nemico di Fadil Paçrami e Todi Lubonja, ex membri del Comitato Centrale.
    Ma il Partito non permise l’ingrossamento di tali fenomeni, esso sbarrò il passo al liberalismo scansando così il grande pericolo che minacciava la dittatura del proletariato e il socialismo in Albania. Temprato nelle lotte rivoluzionarie contro i feroci nemici esterni e interni, contro i traditori che agivano nelle sue file, né il Partito e neppure il popolo furono colti di sorpresa. Tuttavia c’erano organizzazioni del Partito, comunisti, quadri e lavoratori che avevano allentato o perduto la loro vigilanza.
    L’appello alla lotta contro le manifestazioni estranee e gli atteggiamenti liberali nei loro confronti fu lanciato dal compagno Enver Hoxha nel suo discorso pronunciato, nel gennaio 1973, al Presidium dell’Assemblea Popolare. Dopo aver criticato duramente queste manifestazioni e questi atteggiamenti, il compagno Enver Hoxha indicava: «Lottando attivamente contro
    le varie manifestazioni del conservatorismo, non dobbiamo cadere nel liberalismo e perdere la nostra vigilanza contro gli attuali influssi perversi dell’ideologia e della cultura borghesi. Non dobbiamo minimizzare tali influssi o restare passivi nei loro confronti, ma combatterli risolutamente e con la dovuta passione rivoluzionaria» [1].
    Tutto il Partito insorse in questa lotta, specie dopo il discorso pronunciato il 15 marzo 1973 dal compagno Enver Hoxha alla riunione generale dei comunisti dell’apparato del CC sul tema «Come bisogna intendere e combattere l’accerchiamento imperialista e revisionista».
    La direzione del Partito chiedeva che fosse bandita ogni tendenza a sottovalutare l’accerchiamento, spiegando chiaramente a tutti la natura di questo accerchiamento ed i pericoli che esso comportava, nonché la necessità di agire con alta coscienza e mobilitazione rivoluzionaria per romperlo in ogni situazione e circostanza.
    Essa criticava tutti quei lavoratori che dicevano alla leggera: «Siamo forti, non ci possono fare nulla». L’uomo è coraggioso, spiegava il compagno Enver Hoxha, solo quando sa bene quello che deve difendere, quando è consapevole del fatto che deve difendere quello che egli stesso ha creato col proprio sangue, col proprio sudore e con la propria fatica. La negligenza, i cedimenti, gli atteggiamenti liberali, l’allentamento della vigilanza, l’euforia portano acqua soltanto al mulino del nemico.
    Il Partito era contrario all’idea sbagliata di alcuni che dicevano: «Perché mai dobbiamo sollevare queste questioni, non
    è il caso di far rumore a questo proposito». Il compagno Enver Hoxha riteneva indispensabile combattere quest’idea non
    rivoluzionaria. Egli chiedeva in particolare che fossero annientati tutti gli sforzi di F. Paçrami e dei politicanti ruffiani, suoi seguaci, tesi a far passare il conservatorismo come principale nemico. «Questa, egli diceva, è la tesi del nemico». Poi rivolgendosi a loro chiedeva: «Siete per la tesi del Partito o per quella del nemico di classe?» [2]. Il Partito si atteneva costantemente all’unico metodo giusto, quello della lotta su entrambi i fronti, tanto contro il liberalismo e il conservatorismo quanto contro l’opportunismo e il settarismo. Solo perché aveva combattuto in tal modo i nemici, il Partito non è stato e non sarà mai colto alla sprovvista.
    Era evidente che il liberalismo era istigato dai nemici di classe. Perciò il compagno Enver Hoxha riteneva necessario che il Partito mobilitasse tutta l’opinione pubblica del paese per creare un fronte d’acciaio da contrapporre al fronte nemico, costituito dai nemici esterni e interni; egli raccomandava ai lavoratori di comprendere correttamente e profondamente i pericoli che rappresentava questo fronte ostile e la necessità di condurre una lotta implacabile ed efficace contro di esso in tutti i campi, ideologico, politico, economico, senza cedimenti e senza sottovalutarne i pericoli.
    Nello stesso tempo era necessario farsi una corretta idea della lotta ideologica contro le sopravvivenze estranee al socialismo esistenti nella coscienza degli uomini, affinché tale lotta non venisse ridotta a lezioni o colloqui, ma fosse apprezzata come una lotta multiforme e complessa, che richiedeva la massima attenzione da parte del Partito, del potere e delle masse.
    I comunisti, la classe operaia, la gioventù e tutti i lavoratori fecero loro le tesi e i compiti posti dal compagno Enver Hoxha nel suo discorso del 15 marzo 1973. Analizzando il lavoro alla luce di queste tesi e di questi compiti tutte le organizzazioni del Partito, tutti i collettivi di lavoratori cominciarono a scoprire e a criticare gli errori, le carenze, le manifestazioni estranee, gli atteggiamenti liberali, rilevati in alcuni comunisti, lavoratori e quadri. Ovunque si creò un’atmosfera di dibattiti e di confronti animati, uno spirito di mobilitazione per correggere gli errori, per una migliore comprensione del rapporto fra i diritti e i doveri, per il rafforzamento della disciplina e l’elevamento della vigilanza, per la completa realizzazione dei compiti e per l’applicazione delle direttive del Partito e delle leggi dello Stato.

    Lo smantellamento del gruppo nemico di Fadil Paçrami e di Todi Lubonja - Grazie a questi dibattiti e confronti, grazie alle critiche dei comunisti e dei lavoratori, fu possibile scoprire le radici e le ramificazioni dell’attività ostile di
    F. Paçrami, di T. Lubonja e dei loro seguaci.
    Le conclusioni del dibattito nel Partito e fra le masse popolari circa la lotta contro gli influssi estranei al socialismo, contro le manifestazioni liberali e l’attività ostile del gruppo di F. Paçrami e di T. Lubonja furono analizzate dal IV Plenum del CC del PLA, che svolse i suoi lavori dal 26 al 28 giugno 1973.
    Il Plenum giunse alla conclusione che il dibattito sulla lotta contro le manifestazioni liberali era una grande scuola, che mostrava quanto fosse necessario discutere in uno spirito critico i problemi acuti nel Partito, quanto educativo e fruttuoso fosse il libero confronto con la classe operaia e le altre masse lavoratrici in relazione a questi problemi. Il Partito trasse grandi insegnamenti da questo dibattito.
    Non bisognava dimenticare neppure per un istante che l’Albania socialista si trovava al centro delle pressioni multilaterali del mondo capitalista e revisionista, ed era oggetto di un’aggressione ideologica frontale. Si trattava di un’aggressione costante, perciò la lotta contro di essa doveva essere svolta continuamente, ogni giorno, ogni mese e ogni anno.
    L’essenza dell’aggressione ideologica borghese e revisionista sta nell’incentivare il liberalismo in tutti i campi. Il liberalismo, «indipendentemente dalla sua forma e dal luogo dove si manifesta, è sostanzialmente un’espressione dell’opportunismo ideologico e politico, una rinuncia alla coerente lotta di classe..., un’accettazione della coesistenza pacifica con l’ideologia nemica» [3]. La pressione ostile dei nemici esterni in stretta connessione con la pressione ostile e regressiva dei nemici interni si intrecciava in un fronte unico perseguendo lo scopo comune di creare il terreno propizio, l’alimento necessario all’opportunismo di destra, al revisionismo. Tutti i nemici del Partito e del popolo erano elementi di destra, indipendentemente dalle maschere di sinistra di cui si servivano per ingannare le masse.
    Questa era una cosa che non andava mai dimenticata, come non bisognava dimenticare il pericolo di sinistra e desistere dalla lotta contro le manifestazioni dell’opportunismo di sinistra. Come sempre la lotta doveva essere condotta su entrambi i fronti, altrimenti la linea del Partito sarebbe stata tentennante, instabile e errata.
    La causa fondamentale del dilagare degli influssi estranei nella letteratura e nell’arte, rilevava il Plenum, era dovuta «all’applicazione non coerente e all’allontanamento dal giusto orientamento del Partito di condurre la lotta ideologica su entrambi i fronti, sia contro il conservatorismo che contro il liberalismo» [4]. Gli elementi ostili approfittarono di questa circostanza e cercarono di liquidare il metodo del realismo socialista con il pretesto della lotta contro il conservatorismo.
    I comitati e le organizzazioni di base del Partito non prestavano la dovuta attenzione ai problemi della letteratura e delle arti. Anche i settori ideologici dell’Apparato del Comitato Centrale non avevano contribuito sufficientemente a sbarrare il passo agli influssi estranei nella letteratura e nelle arti. Il Comitato del Partito per il distretto di Tirana fu particolarmente criticato per non essersi adoperato sufficientemente e per non aver prestato la dovuta attenzione a questo settore. A Tirana si trovava la maggior parte degli scrittori e degli artisti, qui avevano la loro sede le principali istituzioni artistiche del paese, dove lo spirito del liberalismo si era diffuso più che in qualsiasi altra città. Una grande responsabilità per le deviazioni della linea del Partito nella letteratura e nelle arti spettava all’Unione degli Scrittori e degli Artisti, alcuni dirigenti della quale non soltanto avevano permesso il dilagare delle concezioni e delle teorizzazioni estranee al socialismo, ma le avevano anche alimentate con i loro atteggiamenti liberali. Grandemente responsabile per queste deviazioni era anche il
    Ministero dell’istruzione e della Cultura il quale, sottovalutando il pericolo del liberalismo, aveva ceduto davanti alle pressioni liberali. Più tardi risultò che i dirigenti stessi di questo dicastero si erano immersi nel pantano del liberalismo.
    La più grave responsabilità spettava però a F. Paçrami e T. Lubonja e al loro gruppo antipartito. Il primo, nella sua veste di segretario del Comitato del Partito per il distretto di Tirana e il secondo, nella sua veste di direttore della Radiotelevisione, con scopi ben determinati e ostili distorcevano e sabotavano la linea del Partito sulla letteratura, le arti e la
    cultura.
    Il Plenum del CC poneva alle organizzazioni e agli organi del Partito il compito di bandire qualsiasi negligenza riguardo alla letteratura e alle arti, di infondere in ogni loro cellula lo spirito di partito proletario, di dirigerli da vicino tenendo sempre presente il fatto che la letteratura e le arti esercitano sulle masse «una grande influenza», che «si riflette potentemente non soltanto nello stato spirituale dei lavoratori, ma anche sul lavoro e nella produzione» [5]. Il Partito era convinto che gli scrittori e gli artisti, con i loro sforzi rivoluzionari avrebbero estirpato le erbacce e portato coraggiosamente avanti, sulla sua linea marxista-leninista, la grande causa della letteratura e delle arti, della cultura socialista, serrando sempre più le file intorno al Partito, con il quale erano legati come la carne con l’unghia, per creare nuove e preziose opere d’arte.
    Nel corso stesso della lotta contro le manifestazioni estranee al socialismo e contro gli atteggiamenti liberali nei loro confronti, il Plenum fissò importanti compiti tesi ad inculcare concezioni rivoluzionarie sul modo di vivere, sul modo di comportarsi nella vita sociale e sui gusti ideo-estetici.
    Il modo di vivere, il comportamento e i gusti ideo-estetici sono parte integrante dell’ideologia e della cultura, della sovrastruttura della società. Il loro carattere socialista, come quello di tutta la sovrastruttura, si crea e si rafforza sotto la diretta influenza della base economica socialista e attraverso la lotta di classe tanto contro le concezioni e i costumi vetusti e retrogradi, quanto contro gli influssi esterni dell’ideologia, della cultura e del modo di vivere borghesi, contro il conservatorismo e il liberalismo.
    Negli ultimi anni, le concezioni conservatrici erano state duramente colpite. Comunque si rilevava una certa sottovalutazione della lotta contro gli influssi borghesi-revisionisti e contro le manifestazioni liberali nel modo di vivere. Il gruppo nemico di F. Paçrami e di T. Lubonja sfruttarono questa negligenza per incentivare attraverso scritti letterari, opere teatrali, programmi musicali e così via, i vizi borghesi, la violazione delle norme della morale socialista. Si notava anche una certa indifferenza da parte di molti lavoratori nei confronti delle manifestazioni estranee a questa morale.
    Il Plenum stimava indispensabile proseguire frontalmente la lotta contro questi fenomeni. Bisognava far insorgere le masse nella lotta per eliminare ogni manifestazione di indifferentismo e per creare ovunque un clima soffocante contro le violazioni delle norme della morale socialista. Occorreva formare un fronte unico che avrebbe influito positivamente sull’educazione rivoluzionaria della gioventù con le concezioni socialiste sul modo di vivere, sui gusti ideoestetici e sul modo di comportarsi, un fronte dove si sarebbero fusi gli sforzi comuni della scuola, del luogo di lavoro, di tutti i mezzi della propaganda e della cultura, delle organizzazioni sociali, della famiglia e dell’opinione sociale.
    Un ruolo particolare spettava in questo campo all’Unione della Gioventù del Lavoro d’Albania. Il Plenum del CC del Partito chiedeva a quest'organizzazione di porre rimedio agli errori verificatisi nella sua attività idecpolitica, culturale e organizzativa, in seguito agli atteggiamenti liberali di Agim Mero, ex primo segretario del CC dell’UGLA, e di adottare radicali provvedimenti per il risanamento della situazione, pur rimanendo a capo dell’impeto rivoluzionario della gioventù. Come ovunque, anche in seno alla gioventù la lotta doveva essere condotta su due fianchi, tanto contro il patriarcalismo e il conservatorismo quanto contro il liberalismo.
    Il Plenum stimava indispensabile che la lotta contro le manifestazioni estranee e gli atteggiamenti liberali venisse estesa anche in altri campi della vita, specialmente nell’economia.
    La discussione nel Partito e nei collettivi di lavoratori aveva scoperto delle manchevolezze anche in questo importantissimo campo. Si notavano insufficienze ed errori nella direzione e nella gestione dell’economia popolare, manifestazioni di volontarismo e di soggettivismo, di sottovalutazione delle leggi economiche, di gretto interesse personale, dicasteriale,
    locale, di gruppo, di violazioni della disciplina sul lavoro. Di fronte a queste debolezze e manifestazioni estranee si adottavano atteggiamenti liberali. Non si applicava il metodo del rendere conto del proprio operato e quello di un rigoroso controllo da parte dello Stato. Il Plenum criticò i dicasteri economici e particolarmente la Commissione del Piano di Stato e il Ministero delle Finanze per queste manifestazioni e per questi atteggiamenti, raccomandando loro di analizzare in uno spirito critico il loro lavoro di direzione e di gestione.
    Il Plenum criticò anche le Unioni Professionali per il loro spirito di autocompiacimento e di formalismo, chiedendo a quest’organizzazione di migliorare il suo lavoro di educazione e di persuasione fra gli operai e gli altri lavoratori, di combattere con tenacia gli atteggiamenti estranei verso il lavoro e la proprietà socialista nel senso di una sana disciplina proletaria, della salvaguardia della proprietà comune, di una qualità e un rendimento elevati nella produzione, ecc. Esse non dovevano recedere d’un passo dinanzi alle pressioni piccolo-borghesi, ma proseguire i loro sforzi per sollevare le masse lavoratrici nell’implacabile lotta contro queste pressioni.
    Nel quadro della lotta contro le manifestazioni estranee e gli atteggiamenti liberali nei loro confronti, il Plenum prese in esame anche l’attività del Partito. Ne risultò che tali manifestazioni e atteggiamenti erano apparsi anche nella vita e nell’attività del Partito. Atteggiamenti liberali si notavano in quelle organizzazioni del Partito che, non essendo pienamente consapevoli della responsabilità che spettava loro per la situazione e la direzione degli affari nei luoghi dove erano stati
    creati e svolgevano la loro attività, permettevano il dilagare di manifestazioni estranee; non esigevano la scrupolosa applicazione dei princìpi e delle norme dello Statuto da parte di tutti i comunisti e quadri, indipendentemente dalla carica che avevano o dalla loro funzione dirigente; non si adoperavano affinché ogni comunista desse l’esempio del combattente d’avanguardia.
    Il Plenum poneva il compito di rafforzare ulteriormente il ruolo guida del Partito, il che sarebbe stato conseguito applicando correttamente e in modo esauriente le sue decisioni e le sue direttive, le leggi dello Stato, i compiti nei diversi campi della vita, sulla base del profondo convincimento ideologico e politico delle masse, di una direzione e organizzazione perfetta del lavoro, di un migliore funzionamento delle potenti leve del Partito, quali sono gli organi del potere e le organizzazioni sociali.
    Analizzando le conclusioni a cui si era pervenuti in seguito alla discussione dei problemi della lotta contro il liberalismo nel Partito e fra le masse e traendo da quest’analisi insegnamenti e compiti da realizzare, il Plenum del CC smantellò definitivamente anche il gruppo ostile di F. Paçrami e di T. Lubonja. Questo gruppo aveva cominciato la sua attività negli anni 60, proprio quando fu avviata la lotta frontale contro il revisionismo sovietico. Essi speravano che l’accerchiamento e il blocco imperialista e revisionista avrebbero senz’altro provocato in Albania una profonda «crisi». Nelle condizioni di tale «crisi», questi nemici pensavano di realizzare il loro piano volto a diffondere il revisionismo e a restaurare il capitalismo. Ma la «crisi» tanto desiderata non si verificò. I nemici intensificarono la loro attività all’inizio degli anni 70, quando le correnti revisioniste e lo spirito pacifista assunsero un’ampia estensione su scala internazionale, quando la direzione cinese cominciò ad attuare apertamente la politica di conciliazione con l’imperialismo americano. Essi miravano, in primo luogo, a disorientare la gioventù e l’intellighenzia, a sollevarli contro il Partito e il socialismo, così come avevano fatto i revisionisti nei paesi ex socialisti. Ma in Albania i nemici fallirono nei loro disegni e furono annientati.
    Tenendo presente i loro atteggiamenti antipartito e antisocialisti sul piano teorico e pratico, i danni che avevano arrecato al Partito, allo Stato e alla costruzione socialista, il Plenum del Comitato Centrale del Partito espulse F. Paçrami e T. Lubonja dal Comitato Centrale e dal Partito e li esonerò da tutte le funzioni statali.
    Le conclusioni e le decisioni del 4° Plenum del CC rafforzarono ancora di più l’unità del Partito, portarono la sua vigilanza e il suo spirito militante ad un livello più elevato, perfezionarono ulteriormente l’attività degli organi e delle organizzazioni del Partito. Esse contribuirono ad intensificare la lotta di classe contro gli influssi dell’ideologia borghese e revisionista, contro tutte le manifestazioni estranee al socialismo, contro le distorsioni e le violazioni delle direttive del Partito, delle leggi dello Stato e delle norme della società socialista.
    Ma, come risultò più tardi, non tutti gli elementi ostili operanti all’interno del Partito erano stati scoperti e annientati. Il gruppo dei traditori smantellato dal 4° Plenum costituiva solo un’articolazione del tradimento. In quei momenti difficili gli altri nemici furono colti dallo spavento. Pur non interrompendo la loro attività antipartito e antisocialista, essi fecero una piccola ritirata, aspettando che passasse l’«ondata» e sperando soprattutto che si scatenasse in fine quella «crisi» tanto desiderata, per poter intraprendere attacchi aperti. Nel frattempo, essi tentarono di distorcere e di ridurre il profondo ed ampio significato delle decisioni del Plenum, cercando di far credere che queste decisioni riguardavano solo la letteratura e le arti ed alcune manifestazioni estranee nel modo di vestire, nel modo di portare i capelli da parte dei giovani.
    Frattanto l’ondata della lotta rivoluzionaria non era in declino. Anzi era in costante ascesa, stava investendo ogni campo d’attività ed avrebbe ripulito anche le altre stalle del tradimento.


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    Note


    1. Enver Hoxha. Dalla discussione alla riunione del Presidium dell’Assemblea Popolare, 9 gennaio 1973. ACP.
    2. Enver Hoxha. Discorso pronunciato il 15 marzo 1973. Rapporti e discorsi 1972-1973, p. 264
    3. Enver Hoxha. Rapporto presentato al 4° Plenum del CC del PLA. Rapporti e discorsi 1972-1973, p. 306.
    4. Ibidem, p. 312.
    5. Ibidem, p. 326.
     
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