Il comunismo e l’Asia

Ho Chi Minh

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    Il comunismo e l’Asia


    Nel 1921, Hồ Chí Minh, allora noto con lo pseudonimo di Nguyễn Ái Quốc, pubblicò un interessante articolo sulla testata francese La Revue Communiste, nella quale analizzava le possibilità di successo del Comunismo nei Paesi asiatici.



    Il regime comunista è applicabile in Asia in generale e in Indocina in particolare? Ecco la questione che ci interessa oggi.

    A questa domanda, possiamo rispondere affermativamente. Per comprendere, bisogna esaminare storicamente e geograficamente la situazione attuale del continente asiatico. Questo vasto continente che possiede una superficie 80 volte più grande della Francia (45.000.000 chilometri quadrati) e una popolazione che si avvicina alle 800 milioni di anime e una composizione politica abbastanza complessa.

    Di tutte le nazioni asiatiche, il Giappone è la sola ad essere affetta il più gravemente da questa malattia contagiosa che è l’imperialismo capitalista. Dalla guerra russo-giapponese, il male si manifesta sempre più inquietante primo per l’annessione della Corea, secondo per la collaborazione alla guerra del “Diritto”.

    Per impedirgli di scivolare verso l’abisso di un’occidentalizzazione irrimediabile, vale a dire per distruggere il capitalismo prima che possa prendere profondamente radici nelle isole nipponiche, un Partito Socialista si è appena formato. Come tutti i governi borghesi, quello del Mikado fa tutto quello che può per combattere il movimento. Come tutte le forze operaie, quella del Partito giapponese – malgrado la repressione del governo – progredisce abbastanza rapidamente. Alcuni Congressi sono stati vietati nelle città del Giappone; degli scioperi e delle manifestazioni popolari hanno avuto luogo.

    La Cina, che è stata ed è ancora il vitello d’oro del capitale europeo e americano, si è appena svegliata. L’avvento al potere del rivoluzionario Sun Yat-sen nel sud ci promette una Cina riorganizzata e proletaria. Forse non è troppo esagerato sperare che, in un prossimo futuro, queste due sorelle – la Cina nuova e la Russia operaia – cammineranno fraternamente mano nella mano per il bene della democrazia e dell’umanità.

    Arriviamo ora all’Asia sofferente.

    La povera Corea è nelle mani del capitalismo giapponese. L’India – quest’India così popolata e così ricca – è asservita agli sfruttatori inglesi. Per fortuna la volontà dell’affrancamento elettrizza tutti questi oppressi, e un’intensa agitazione rivoluzionaria scuote tutte le anime indù e coreane. Tutti si preparano lentamente ma saggiamente alla lotta suprema e liberatrice.

    E l’Indocina? L’Indocina, sfruttata dal capitalismo francese, serve ad arricchire qualche squalo! Fanno assassinare gli indocinesi nella macelleria imperialista per difendere… non sanno cosa. Li avvelenano con l’alcool e l’oppio. Li tengono nell’ignoranza (ci sono 10 scuole contro 1.000 spacci ufficiali di droga), si inventano dei complotti per fargli assaggiare i benefici della civilizzazione borghese sul patibolo, nella prigione o in esilio! 75.000 chilometri quadrati di terra, 20 milioni di abitanti consegnati allo sfruttamento crudele di una manciata di briganti coloniali, tale è l’Indocina attuale.

    Vediamo ora le ragioni storiche, che permettono al comunismo di acclimatarsi facilmente in Asia, più facilmente che in Europa.

    L’asiatico – benchè considerato dagli Occidentali un arretrato – comprende meglio la necessità di una riforma totale della Società presente. Ed ecco perché:


    quasi 5.000 anni fa, l’imperatore Hoàng Đế (2697 a.C.) aveva già applicato il sistema Tĩnh điện: divise la terra coltivabile tracciando due linee verticali e orizzontali. In questo modo ne fece nove parti uguali. I coltivatori ricevettero ciascuno uno degli otto appezzamenti, quello del mezzo fu coltivato in comune da tutti, e il suo prodotto destinato ai lavori di pubblica utilità. Le tracce servirono da canali di irrigazione;

    la dinastia Hia (2205 a.C.), inaugurò il lavoro obbligatorio.

    Il grande Confucio (551 a.C.), raccomandò l’internazionalismo e predicò l’uguaglianza di fortuna. Disse: “La pace mondiale può venire solo da una Repubblica universale. Non bisogna temere di avere poco, e ugualmente di non avere niente. L’uguaglianza elimina la povertà, ecc… […]”.

    Per quello che riguarda la proprietà privata, la legge annamita [Annam era il nome del Vietnam centrale secondo la suddivisione coloniale francese, ndr] vieta la vendita o l’acquisto globale delle terre. In più, un quarto del terreno coltivabile è obbligatoriamente riservato come bene comune. Ogni tre anni, questo terreno viene redistribuito. Ogni abitante del comune ne riceve una parte. Questo non impedisce a qualcuno di arricchirsi, a causa degli altri tre quarti che possono essere venduti e acquistati, ma può salvare molti altri dal cadere nel pauperismo.

    Quello che ci manca, crediamo nostro dovere di segnalare per quei compagni che hanno a cuore di propagare il comunismo e che desiderano sinceramente aiutare tutti i lavoratori a scuotere il giogo dello sfruttatore e ad entrare nel focolare comune del proletariato internazionale, affinché possano aiutarci efficacemente, quello che ci manca per diventare comunisti, sono le condizioni più elementari dell’azione:
    la libertà di stampa;
    la libertà di viaggio;
    la libertà d’insegnamento e di educazione;
    la libertà di riunione (tutto questo ci è selvaggiamente vietato dai nostri civilizzatori colonialisti).

    Il giorno in cui le centinaia di milioni di asiatici martirizzati e oppressi si sveglieranno per sbarazzarsi dell’abietto sfruttamento di qualche insaziabile colonialista, formeranno una forza colossale e potranno, eliminando una delle condizioni d’esistenza del capitalismo, l’imperialismo, aiutare i loro fratelli d’Occidente nel compito dell’emancipazione totale.

    Fonte: https://giuliochinappi.wordpress.com/2020/...aOxDn_Dxtnw7e4E
     
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    Il giorno in cui le centinaia di milioni di asiatici martirizzati e oppressi si sveglieranno per sbarazzarsi dell’abietto sfruttamento di qualche insaziabile colonialista, formeranno una forza colossale e potranno, eliminando una delle condizioni d’esistenza del capitalismo, l’imperialismo, aiutare i loro fratelli d’Occidente nel compito dell’emancipazione totale.

    Curioso come qui Ho Chi Minh ribalti una proposizione che è sempre stata accettata universalmente nel movimento comunista, quella cioè secondo cui le rivoluzioni nei paesi imperialisti aiuteranno meglio quelle nei paesi oppressi. Personalmente penso però che la posizione più esatta sia quella elaborata dal kimilsungismo, per la quale ogni popolo ha in sé la forza di scrollarsi di dosso il giogo dell'oppressione e costruirsi una vita libera e felice, se agisce con l'attitudine di padrone del proprio destino e si riunisce attorno al leader e al partito rivoluzionari; che siano più o meno sviluppati ha un'importanza trascurabile in quest'ottica.
     
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