PRIMO DISCORSO ALLA CONFERENZA DEI SEGRETARI DEI COMITATI DI PARTITO DELLE PROVINCE, DELLE MUNICIPALITÀ E DELLE REGIONI AUTONOME

Mao Zedong. 18 gennaio 1957

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    PRIMO DISCORSO ALLA CONFERENZA DEI SEGRETARI
    DEI COMITATI DI PARTITO DELLE PROVINCE, DELLE
    MUNICIPALITÀ E DELLE REGIONI AUTONOME
    (18 gennaio 1957)




    In questa conferenza verranno discussi essenzialmente tre problemi: il problema delle tendenze ideologiche, quello dell’agricoltura e quello economico. Oggi dirò qualcosa sul problema delle tendenze ideologiche.
    Dobbiamo prendere in pugno il problema delle tendenze ideologiche, cosa che tratterò per prima. Nelle tendenze ideologiche del partito e della società oggi esistono problemi che meritano particolare attenzione. Uno di questi viene dalle nostre file. Oggi ad esempio ci sono dei quadri che cercano onori e vantaggi e non mirano ad altro che al proprio interesse. Durante le valutazioni per i passaggi di categoria, ci sono stati casi di persone promosse di un grado che non erano soddisfatte, persino una promozione di due gradi non sarebbe bastata e sarebbero ancora rimaste a letto a piagnucolare; forse ci sarebbe voluta una promozione di tre gradi per farle alzare dal letto. Piantando queste grane, hanno trovato una soluzione al problema: macché valutazioni per passaggi di categoria! D’ora in poi non si faranno più, i salari saranno grossomodo uguali, al massimo con qualche lieve differenziazione. In passato, ci fu un primo ministro del governo dei signori della guerra del nord, di nome Tang Shao-yi, che in seguito divenne presidente del distretto di Chungshan, nel Kwangtung. Se nella vecchia società un primo ministro poteva diventare capo di un distretto, perché mai non potrebbero farlo i nostri ministri? A mio avviso, quelli che si agitano per essere promossi di grado e che accettano solo di salire e non di scendere, su questo punto valgono meno di quel vecchio burocrate. Essi non fanno a gara per lo stile di vita semplice, per lavorare di più e godere meno vantaggi, ma per il lusso, il grado e la posizione. Concezioni di questo tipo hanno preso largamente piede nel partito e ciò merita la nostra attenzione.


    La cooperazione in agricoltura ha buone prospettive o no? Che cosa è meglio, le cooperative o la gestione individuale? Anche questo problema è stato riproposto di nuovo. L’anno scorso il problema non è stato sollevato nelle località che hanno avuto un buon raccolto e nemmeno in quelle colpite da gravi calamità naturali; ma è stato sollevato solo dalle cooperative che hanno avuto calamità naturali, ma non gravi, o da quelle che hanno avuto raccolti non abbondanti. In queste cooperative il valore dei punti lavoro1 è risultato inferiore rispetto a quanto era stato promesso in precedenza e i redditi dei membri non sono aumentati ma addirittura sono diminuiti. Di conseguenza sono sorte le questioni: “Le cooperative sono ancora valide? Devono esserci o no?”. Questi commenti hanno trovato un’eco anche tra alcuni quadri del partito. Alcuni quadri hanno detto che le cooperative non presentano alcuna superiorità rispetto alla gestione individuale. Alcuni ministri sono andati in campagna a dare un’occhiata e al ritorno a Pechino hanno diffuso voci allarmistiche, dicendo che i contadini sono privi di entusiasmo e che non lavorano con slancio, come se le cooperative ormai si avviassero verso il crollo e la scomparsa. Alcuni direttori di cooperative non riuscivano più ad alzare la testa perché erano attaccati da ogni parte ed erano criticati dai superiori e sui giornali. Alcuni responsabili dei dipartimenti di propaganda dei comitati di partito non osavano far propaganda sulla superiorità delle cooperative. Liao Lu-yen, ministro dell’agricoltura e viceresponsabile del dipartimento del lavoro rurale del Comitato centrale, dice che anche lui si sentiva demoralizzato, che come lui erano demoralizzati anche i quadri responsabili da lui dipendenti, che le cooperative non funzionavano più e che il programma di sviluppo dell’agricoltura in quaranta punti non era più valido. Che fare con una persona che è demoralizzata? La cosa è di facile soluzione. Se sei scoraggiato ti si infonde un po’ di coraggio e tutto è a posto. Attualmente sulla stampa la propaganda ha cambiato tono: parla molto della superiorità delle cooperative, se ne dice bene e non male. Andate avanti così per alcuni mesi per infondere un po’ di coraggio. Due anni fa c’è stata la lotta contro la deviazione di destra e l’anno scorso la lotta contro l’“avanzata avventata” si è tradotta in una nuova deviazione di destra. La deviazione di cui parlo è una deviazione di destra sulla questione della rivoluzione socialista e principalmente sulla questione della trasformazione socialista nelle campagne. È particolarmente degno di nota il fatto che tra i nostri quadri si sia sollevato un vento di questo tipo, con le caratteristiche di un tifone. Parecchi dei nostri ministri, viceministri, capi di dipartimento, capi di uffici amministrativi e dei quadri di livello provinciale provengono da famiglie di proprietari terrieri, di contadini ricchi o di contadini medi agiati, in alcuni casi il loro venerabile genitore è un proprietario terriero che è ancora privo del diritto di voto. Quando questi quadri tornano a casa, sentono dai loro familiari discorsi malevoli, che poi si riducono alla conclusione che le cooperative non funzionano e non dureranno.


    I contadini medi agiati sono uno strato oscillante, adesso la tendenza alla gestione individuale sta riprendendo piede tra di loro e alcuni di loro vorrebbero ritirarsi dalle cooperative. Il vento che spira tra i nostri quadri riflette proprio le concezioni di queste classi e di questi strati sociali. La cooperazione avrà senz’altro successo, ma non può avere un successo completo in uno o due anni. Questo va spiegato chiaramente ai compagni del partito, del governo, dell’esercito e delle organizzazioni di massa. Le cooperative hanno una storia molto breve, la grande maggioranza ha appena un anno, un anno e mezzo di vita e l’esperienza è ancora scarsa. Se sbagliano ancora anche quelli che hanno fatto la rivoluzione per tutta la loro vita, come si può pretendere che non commetta il minimo errore chi è impegnato in un lavoro da appena un anno o un anno e mezzo? Se al minimo accenno di burrasca si pensa che le cooperative non funzionano, questo di per sé è già un grosso errore. In realtà la maggioranza delle cooperative sono gestite bene o abbastanza bene. Basta prendere una di queste cooperative che funzionano bene per rintuzzare tutti i giudizi strampalati contrari alla cooperazione. Infatti se quella cooperativa è riuscita a funzionare, perché le altre non dovrebbero riuscirvi? Se quella ha dimostrato la superiorità della cooperazione, perché non potrebbero farlo anche le altre? Dovreste dare grande pubblicità a queste esperienze in tutti i posti. In ciascuna provincia dovrebbe pur trovarsi almeno un caso di questo genere!
    Prendete una cooperativa nelle condizioni peggiori, compresa una terra poco fertile, che in passato produceva poco ed era molto povera; non prendete cooperative che erano già all’inizio in condizioni favorevoli. Naturalmente, non sarebbe male averne un po’ di questi casi modello, ma se riuscite a far funzionare bene anche solo una cooperativa, questa basta per avere vinto. Anche nelle scuole e nelle università sono sorti dei problemi e in diversi posti gli studenti hanno provocato incidenti. In una scuola di Shihchiachuang, per una parte dei diplomati non erano temporaneamente disponibili posti di lavoro, per cui i corsi sono stati prolungati di un anno, provocando il malcontento degli studenti. Un pugno di controrivoluzionari ha approfittato della situazione per sobillare la gente, ha organizzato una manifestazione e ha minacciato di occupare la stazione radio della
    città e di proclamare l’avvento di una situazione tipo Ungheria. Hanno affisso molti manifesti il più spinto dei quali portava tre parole d’ordine: “Abbasso il fascismo!”, “Vogliamo la guerra, non la pace!” e “Il socialismo non presenta alcuna superiorità!”. Stando alle loro affermazioni, il partito comunista sarebbe un partito fascista e noialtri dovremmo essere tutti rovesciati. Le loro parole d’ordine erano così reazionarie che non hanno trovato seguito né tra gli operai, né tra i contadini, né tra le masse degli altri ambienti. All’università Tsinghua di Pechino uno studente ha dichiarato pubblicamente: “Un giorno o l’altro il sottoscritto farà fuori qualche migliaio o alcune decine di migliaia di persone!” Con la politica “che cento fiori fioriscano e cento scuole di pensiero gareggino”2 è venuta fuori anche questa “scuola”. Il compagno Teng Hsiao-ping è andato in quella università a fare un discorso e ha detto: “Se tu vuoi far fuori migliaia e decine di migliaia di persone, noi dovremo applicare la dittatura del proletariato”.
    Da un’inchiesta fatta nella municipalità di Pechino risulta che la grande maggioranza degli studenti dei nostri istituti superiori sono figli di proprietari terrieri, di contadini ricchi, di borghesi e di contadini medi agiati; gli studenti provenienti da famiglie di operai o di contadini poveri e medi dello strato inferiore sono meno del 20 per cento. Nel resto del paese le percentuali probabilmente sono più o meno le stesse. Questa situazione deve cambiare, ma la cosa richiede tempo. Tra una parte dei nostri studenti universitari Gomulka riscuote molto successo e anche Tito e Kardelj3. Invece la maggioranza dei proprietari terrieri e dei contadini ricchi nelle campagne, dei capitalisti e dei membri dei partiti democratici nelle città, si sono comportati meglio quando sono scoppiate le tempeste in Polonia e in Ungheria; questi elementi non hanno né cercato di provocare disordini né si sono fatti avanti a dire che avrebbero ucciso migliaia o decine di migliaia di persone. Ma questo loro comportamento va analizzato. Essi non hanno infatti alcun credito, gli operai, i contadini poveri e i contadini medi dello strato inferiore non danno loro retta, sotto i loro piedi c’è il vuoto. Ma se succedesse qualcosa come ad esempio lo scoppio di una bomba atomica a Pechino e a Shanghai, questa gente manterrebbe lo stesso atteggiamento? Non potete essere sicuri che non cambierebbero. In quel caso si avrebbero nuovi schieramenti tra i proprietari terrieri, i contadini ricchi, la borghesia e i membri dei partiti democratici. È gente navigata, molti di loro per adesso si tengono in disparte. I loro figli, questi studenti bambocci, non hanno esperienza e sono loro che si sono fatti avanti con affermazioni tipo “far fuori migliaia o decine di migliaia di persone” e “il socialismo non presenta alcuna superiorità”.

    Anche tra alcuni professori universitari circolano giudizi strampalati di ogni sorta, del tipo “bisogna farla finita col partito comunista”, “il partito comunista non può dirigere noi”, “il socialismo non va bene”, e altre cose del genere. Queste idee prima le tenevano per sé; con la politica di lasciare che cento scuole di pensiero gareggino li abbiamo lasciati parlare e così quei giudizi sono venuti fuori. Avete visto il film La vita di Wu Hsun? Nel film si vede un pennello, lungo diversi metri, che simboleggia “l’uomo di cultura”: usato come scopa doveva essere terribile! Quei professori adesso si accingono a scendere in campo, forse con l’intenzione
    di spazzarci via. Non stanno di fatto tentando una restaurazione? Nel corso dell’anno passato sono scoppiate diverse tempeste in campo internazionale. Al ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica
    è stato lanciato un grande attacco contro Stalin. Successivamente l’imperialismo ha scatenato due grosse ondate anticomuniste e nel movimento comunista internazionale ci sono stati due grandi e tempestosi dibattiti. In mezzo a tutte queste tempeste alcuni partiti comunisti dell’Europa e dell’America hanno subito ripercussioni e danni abbastanza rilevanti, mentre nei partiti comunisti dell’Estremo Oriente le ripercussioni e i danni sono stati inferiori. Al ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica alcune persone che in passato erano
    state oltremodo zelanti nel sostenere Stalin, si sono messe ad attaccarlo con altrettanto zelo. A mio parere questa gente non bada al marxismo-leninismo, non analizza i problemi ed è anche priva di morale rivoluzionaria. Il marxismoleninismo comprende anche la morale rivoluzionaria del proletariato. Se in passato avete tanto appoggiato Stalin, ora dovete pur fornire qualche motivo che giustifichi questa svolta! Invece non date alcuna ragione di questo improvviso voltafaccia, come se in passato non aveste mai appoggiato Stalin, mentre in realtà
    lo appoggiavate in pieno. La questione di Stalin riguarda tutto il movimento comunista internazionale e coinvolge i partiti comunisti di tutti i paesi. La stragrande maggioranza dei quadri del nostro partito sono rimasti scontenti del ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica e ritengono che nella critica a Stalin abbia passato il segno. Questo stato d’animo e questa reazione sono normali. Ma c’è anche una minoranza che ha cominciato a vacillare. Quando sta per sopraggiungere un tifone, prima che cominci a piovere le formiche escono dai loro nidi, hanno un “fiuto” molto sensibile e si intendono di metereologia. Il tifone suscitato dal ventesimo Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica quasi non aveva ancora incominciato a spirare che anche in Cina un certo numero di formiche sono uscite dal nido. Si tratta degli elementi oscillanti in seno al partito, che assumono questo atteggiamento oscillante alla minima occasione. Come hanno saputo che Stalin veniva attaccato senza pietà, si sono sentiti benissimo e sono passati all’altra parte gridando “Evviva!” e
    proclamando che Kruscev aveva perfettamente ragione in tutto e che loro già in passato avevano sostenuto le stesse cose. In seguito, quando l’imperialismo inferse alcuni colpi e alcuni altri arrivarono dall’interno del movimento comunista internazionale, persino Kruscev fu costretto a mutare un po’ il tono e questi elementi sono di nuovo passati da questa parte. Di fronte a una corrente irrefrenabile, essi non avevano altra scelta che far marcia indietro: come un ciuffo d’erba sul muro che si piega di qua o di là secondo il vento che tira. Ma il loro vero desiderio era di passare dall’altra parte, non di tornare dalla nostra. È una buona cosa che alcune persone, tanto all’interno che all’esterno del partito, abbiano esaltato gli avvenimenti polacchi e ungheresi! Non aprivano bocca che per parlare di Poznan o dell’Ungheria. Così sono usciti allo scoperto, le formiche sono uscite dal loro nido, tutti gli animali più immondi sono usciti allo scoperto. Questa gente si muoveva al comando della bacchetta di Gomulka: se questi parlava di grande democrazia, anche loro parlavano di grande democrazia. Adesso la situazione è cambiata e sono ammutoliti. Ma il loro vero desiderio è di farsi sentire ancora, non di starsene zitti.

    Come arriva il tifone, gli elementi oscillanti che non sono capaci di resistergli cominciano a oscillare: questa è una legge oggettiva. Consiglio a tutti voi di fare attenzione a questo problema. Vi sono alcuni che, dopo alcune oscillazioni, acquisiscono una certa esperienza e smettono di oscillare. Ma c’è un genere di persone che continuano sempre a oscillare: sono come piantine di riso che, avendo uno stelo sottile, ondeggiano al primo soffio di vento. Il sorgo e il mais si comportano meglio perché hanno gli steli più grossi. Solo i grandi alberi si ergono immobili come rocce. Di tifoni ce n’è ogni anno; anche i tifoni ideologici e politici si scatenano ogni anno, sia all’interno sia in campo internazionale. È un fenomeno naturale della società. Un partito è un tipo di società, una società di tipo politico. La prima categoria delle società politiche è formata dai partiti e dai gruppi politici. Un partito è un’organizzazione di classe. Il Partito comunista cinese è un partito politico proletario, formato essenzialmente da persone di origine operaia o provenienti dai contadini poveri semiproletari. Ma vi sono diversi membri del partito che provengono da famiglie di proprietari terrieri, di contadini ricchi e di capitalisti, o che provengono dai contadini medi agiati e dalla piccola borghesia
    urbana. Tra loro sono in numero considerevole quelli che, sebbene si siano in qualche modo temprati in molti anni di dura lotta, di marxismo ne hanno acquisito poco e dal punto di vista ideologico e spirituale sono come piantine di riso, oscillano al primo soffio di vento.
    Alcuni membri del partito che in passato hanno superato ogni sorta di prove, trovano ora difficoltà a superare le prove del socialismo. Hsueh Hsun è un esempio Primo discorso alla conferenza dei segretari dei comitati di partito delle province tipico in questo senso. Un tempo era vicesegretaria del Comitato di partito della provincia dello Hopei e vicepresidente della stessa provincia. Quando ha incominciato a vacillare? Quando abbiamo iniziato a praticare il monopolio statale dell’acquisto e della vendita dei cereali. Si trattava di una misura importante per realizzare il socialismo ma lei si è mostrata decisamente contraria e si è opposta in ogni modo. Un altro esempio è Meng Yung-chien, vicepresidente della Federazione cinese delle cooperative di approvvigionamento e vendita. Anche lui ha scritto un esposto nel quale si opponeva decisamente al monopolio statale dell’acquisto e della vendita dei cereali. Anche la realizzazione della cooperazione agricola ha suscitato l’opposizione di alcuni esponenti del partito. Per farla breve, nel nostro partito ci sono quadri di livello superiore che hanno oscillato e non riescono a superare la prova del socialismo. Fatti del genere hanno cessato di verificarsi? No. Fra dieci anni, queste persone assumeranno una posizione più salda e avranno veramente fiducia nel socialismo? Non è detto. Forse anche fra dieci anni, se sorgeranno dei problemi, diranno: “Io l’avevo previsto già da tempo”. Verrà distribuito ai compagni presenti un documento che mostra le tendenze
    ideologiche manifestatesi tra alcuni quadri militari. Una parte delle loro opinioni sono fondate, ad esempio quando dicono che i salari di certi quadri sono troppo elevati e che la cosa non è ben vista dai contadini. Ma l’orientamento generale di queste opinioni non è del tutto giusto e la linea fondamentale che esprimono è sbagliata. La politica del partito è criticata perché sarebbe “di sinistra” nelle campagne e di destra nelle città. Per quanto la superficie della Cina si estenda su nove milioni e seicentomila chilometri quadrati, essa è composta unicamente da due settori: le campagne e le città. A sentir loro noi sbaglieremmo in entrambi. Quando definiscono “di sinistra” la nostra politica nelle campagne, essi intendono dire che i redditi dei contadini sono bassi, inferiori a quelli degli operai. Questo è un fenomeno che va analizzato e non bisogna prendere in considerazione solo il reddito. I redditi degli operai in generale sono più alti di quelli dei contadini, ma il valore prodotto dagli operai è superiore e inoltre le spese necessarie alla loro sussistenza sono più elevate. Il miglioramento delle condizioni di vita dei contadini dipende essenzialmente dall’impegno dei contadini stessi per sviluppare la produzione. Il governo, da parte sua, fa molto per aiutare i contadini, costruendo opere idrauliche, concedendo crediti all’agricoltura, ecc. La nostra imposta agraria, compresa quella sulle attività ausiliarie, costituisce circa l’8 per cento del valore globale della produzione contadina e diverse attività ausiliarie non sono soggette a imposte. Lo Stato acquista i cereali a prezzi correnti. Anche nello scambio tra prodotti industriali e prodotti agricoli, il guadagno che lo Stato ottiene dai contadini è molto basso. Da noi non c’è, come in Unione Sovietica, il sistema delle consegne obbligatorie. Nello scambio tra prodotti industriali e prodotti agricoli noi tendiamo a ridurre la forbice dei prezzi e non ad allargarla come i sovietici. La nostra politica è molto diversa da quella praticata in Unione Sovietica. Non si può dire quindi che la nostra politica nelle campagne è “di sinistra”. Alcuni dei quadri superiori del nostro esercito avanzano critiche a favore dei contadini perché sono influenzati dalle osservazioni dei contadini medi agiati, dei contadini ricchi e dei proprietari terrieri che probabilmente hanno udito o durante le loro visite ai familiari o dai familiari venuti a far loro visita. Nella prima metà del 1955, all’interno del partito c’è stato un discreto numero di persone che hanno avanzato lamentele simili, facendo eco a Liang Shu-ming e a gente come lui, come se soltanto loro rappresentassero i contadini e ne conoscessero le sofferenze. Ai loro occhi il nostro Comitato centrale non rappresenta i contadini, così come non li rappresentano né i comitati provinciali di partito né la grande maggioranza dei membri del partito. Da un’inchiesta fatta nel Kiangsu è risultato che, in alcune zone, un 30 per cento dei quadri di distretto, circondario e cantone avevano espresso lamentele in nome dei contadini. Essa mostra anche che la grande maggioranza di questi quadri erano di famiglie piuttosto agiate che avevano delle eccedenze di cereali da vendere. La “sofferenza” di cui parlavano era costituita dall’eccedenza di cereali. Quando dicevano “aiutare i contadini” e “preoccuparsi delle condizioni dei contadini” intendevano in realtà dire rifiutare di vendere allo Stato le eccedenze di cereali. Chi rappresentano in fin dei conti questa gente che
    si lamenta in nome dei contadini? Non le larghe masse contadine, ma una
    minoranza di contadini agiati. Quanto poi all’affermazione che la nostra politica nelle città è di destra, a prima vista la cosa sembra vera: infatti ci siamo occupati dei capitalisti e abbiamo cominciato a pagare loro un tasso di interesse fisso per sette anni4. Dopo sette anni come ci regoleremo? Lo decideremo in base alle condizioni in cui ci troveremo allora. La cosa migliore è lasciare aperto il discorso, vale a dire continuare a dar loro ancora un po’ di interessi fissi. Sborsando un po’ di denaro ci compriamo questa classe a buon prezzo. È una politica che il Comitato centrale ha adottato dopo un’accurata riflessione. I capitalisti, ai quali bisogna aggiungere le personalità democratiche e gli intellettuali che hanno legami con loro, in generale hanno un livello culturale e tecnico abbastanza elevato. Comprandoci questa classe l’abbiamo privata del suo capitale politico e abbiamo chiuso loro la bocca. Il metodo seguito per neutralizzarli consiste nell’offrire loro in cambio del denaro, nel dar loro un impiego e qualcosa da fare. In questa maniera il capitale politico non è in mano loro, ma in mano nostra. Il loro capitale politico dobbiamo espropriarlo fino in fondo e continuare a farlo
    finché gliene sarà rimasta anche una sola briciola. Ecco perché non si può neanche dire che la nostra politica nelle città è di destra.

    La nostra politica nelle campagne è giusta e così quella nelle città. Per questo da noi non possono scoppiare grossi disordini su scala nazionale simili ai fatti di Ungheria. Al massimo si avranno piccoli disordini provocati in questa o quella zona da una minoranza di persone che reclamano la cosiddetta grande democrazia5. Anche la grande democrazia non ha niente di terribile. Su questo punto io la penso diversamente da alcuni di voi che, a quanto pare, ne hanno molta paura. Io dico che, se arriva la grande democrazia, primo, non bisogna averne paura e, secondo, bisogna fare un’analisi, vedere cosa dicono e cosa fanno. Mettendo in pratica la sedicente grande democrazia, i cattivi elementi sicuramente compiranno Primo discorso alla conferenza dei segretari dei comitati di partito delle province azioni sbagliate e diranno cose sbagliate, smascherandosi e isolandosi. “Far fuori qualche migliaio o qualche decina di migliaia di persone” è forse un metodo per risolvere le contraddizioni in seno al popolo? Può ottenere un qualche appoggio da parte della maggioranza? Parole d’ordine del tipo “Abbasso il fascismo!” e “Il socialismo non presenta alcuna superiorità”, non costituiscono un’aperta violazione della nostra Costituzione? Il partito comunista e il potere statale da esso diretto sono rivoluzionari, il socialismo è superiore: queste cose si trovano scritte nella Costituzione e sono riconosciute dal popolo di tutto il paese. + “Vogliamo la guerra, non la pace!”: benissimo, voi fate appello alla guerra! Ma siete solo quattro gatti, pochi uomini privi di ufficiali sperimentati! Questi bambocci sono diventati matti! In quella scuola di Shihchiachuang si è fatta una discussione sulle tre parole d’ordine che ho citato e su settanta delegati solo una decina o poco più le hanno approvate, mentre più di cinquanta si sono detti contrari. In seguito le parole d’ordine sono state di nuovo discusse tra quattromila studenti: nessuno le ha approvate, per cui quella decina di persone sono rimaste isolate. Gli elementi ultrareazionari che avevano formulato quelle parole d’ordine e insistevano nel difenderle erano ancora meno di dieci. Se non avessero messo in pratica la grande democrazia e non avessero affisso quei manifesti dappertutto, non avremmo saputo quali erano le loro intenzioni. Con la grande democrazia hanno mostrato la coda e si sono fatti prendere. I fatti di Ungheria hanno avuto questo di positivo, che hanno attirato fuori dai loro nidi queste formiche cinesi. In Ungheria, la grande democrazia una volta messa in moto ha provocato il crollo del partito, del governo e dell’esercito. In Cina questo non può accadere. Se al primo urto di quattro studentelli partito, governo ed esercito si disintegrassero, vorrebbe dire che noialtri siamo tutti da buttar via. Dunque non bisogna aver paura della grande democrazia. Se scoppiano disordini, sarà più facile incidere i bubboni e questo è un fatto positivo. In passato non abbiamo avuto paura dell’imperialismo e non ne abbiamo neanche adesso. Non abbiamo mai avuto paura di Chiang Kai-shek. Adesso dovremmo avere paura della grande democrazia? Secondo me non dobbiamo averne paura. Se qualcuno si serve della sedicente grande democrazia per combattere il regime socialista e rovesciare la direzione del partito comunista, noi eserciteremo la dittatura del proletariato nei suoi confronti.


    Quanto agli intellettuali, oggi c’è la tendenza a mettere eccessivamente l’accento sulla loro sistemazione trascurando la rieducazione: ci si occupa molto di trovar loro un lavoro e poco di rieducarli. Con l’avvento della politica di lasciare fiorire cento fiori e gareggiare cento scuole di pensiero, si è creata una certa esitazione a trasformare gli intellettuali. Se abbiamo avuto il coraggio di trasformare i capitalisti, perché non dovremmo avere quello di trasformare gli intellettuali e le personalità democratiche? Riguardo alla politica “che cento fiori fioriscano”, a mio avviso è ancora necessario dare via libera alla manifestazione di opinioni. Secondo alcuni compagni dovremmo lasciar sbocciare solo i fiori profumati, ma non lasciar crescere le erbe velenose. Questo modo di vedere dimostra quanto poco abbiano capito l’indirizzo dei cento fiori e delle cento scuole. È ovvio che, parlando in generale, non bisogna dar via libera ai discorsi controrivoluzionari. Ma quando non si presentano per quello che sono, bensì assumendo un aspetto rivoluzionario, la sola cosa da fare è dare loro via libera. Così sarà più facile riconoscere la loro vera natura e combatterli. Nei campi crescono due tipi di piante: i cereali e le erbacce. Queste ultime vanno estirpate ogni anno e anche più volte all’anno. Dire che bisogna lasciar sbocciare solo i fiori profumati e non far crescere le erbe velenose è come pretendere che nei campi crescano solo i cereali e neanche un filo d’erba. Potete anche dirlo, ma chiunque sia stato nei campi sa bene che, se non vengono estirpate, le erbacce continuano a crescere come vogliono. Esse hanno un lato positivo: messe sotto la terra fanno da concime. Dite che sono inutili? Ma una cosa inutile può essere trasformata in cosa
    utile. I contadini ogni anno devono lottare con le erbacce che crescono nei campi: allo stesso modo gli scrittori, gli artisti, i critici, gli insegnanti del nostro partito devono lottare ogni anno con le erbacce che crescono nel campo ideologico. Quando si dice di qualcuno che si è temprato, si intende che ha avuto esperienze di lotta. L’erba cresce e noi la estirpiamo. Questo polo della contraddizione si produce ininterrottamente. Di erbacce ce ne saranno anche tra diecimila anni; dobbiamo dunque prepararci a lottare diecimila anni.


    Per riassumere, l’anno passato è stato un anno denso di avvenimenti: in campo internazionale ci sono state le tempeste suscitate da Kruscev e da Gomulka; all’interno c’è stata una fase molto impetuosa di trasformazione socialista. Anche l’anno in corso sarà denso di avvenimenti, continueranno a venire allo scoperto ogni sorta di idee e spero che i compagni terranno gli occhi ben aperti.



    NOTE
    1. I punti lavoro erano un sistema di calcolo del reddito individuale basato sul lavoro fatto
    dall’individuo e dalla squadra di lavoro in cui era inserito.
    2. “Che cento fiori fioriscano e cento scuole di pensiero gareggino” era una linea lanciata
    nel maggio del 1956 e relativa al rapporto tra intellettuali e Partito comunista cinese.
    3. Wladislaw Gomulka (1905-1982), segretario del Partito comunista polacco dal 1943 al
    1948 e nuovamente dal 1956 al 1970.
    Josip Broz (Tito) (1892-1980), segretario del Partito comunista jugoslavo dal 1937 al
    1970, guidò la resistenza jugoslava al nazifascismo durante la Seconda guerra mondiale.
    Nel 1948 portò la Repubblica federale jugoslava fuori dal campo socialista.
    Eduard Kardelj (1910-1979), dirigente della resistenza jugoslava al nazifascismo, fu
    vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica federale jugoslava dal 1946
    al 1963.
    4. *Il pagamento di interessi a tasso fisso fu una misura decisa dallo Stato nel corso della
    trasformazione socialista dell’industria e del commercio capitalisti per acquisire i mezzi
    di produzione che erano nelle mani della borghesia nazionale. Dopo che nel 1956 le
    imprese capitaliste furono trasformate in imprese miste tra Stato e privati, lo Stato si
    impegnò a pagare per un dato periodo un interesse annuo a tasso fisso sul valore in
    danaro attribuito ai beni dei capitalisti. Questo interesse era in sostanza ancora una
    forma di sfruttamento.
    5. Con l’espressione “grande democrazia” si intende la mobilitazione delle masse in
    grandi assemblee, dibattiti, scioperi, dimostrazioni, lotte. Con l’espressione “piccola
    democrazia” si intende un rapporto autorità-masse basato sulla consultazione, sul tener
    conto delle opinioni, ecc.
     
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